TORINO - Capitalizzare ogni gesto. La vita di un tennista da primato è semplice da descrivere. Bastano tre parole, meglio se suggerite da lui stesso. Meno facile è metterla in pratica. «Occorre pretendere il cento per cento da se stessi. Io sono fatto così», spiegava un Sinner poco più che bambino nei primi incontri torinesi. Vi giunse da riserva, la prima volta. Una definizione che suona quasi come un ossimoro. Per esserlo e non giocare devi avere già un posto fisso nei top ten. Lui però alla fine giocò, in una staffetta tutta italiana con Matteo Berrettini. Era il 2021, primo anno delle Finals a Torino, una città che rivolse da subito la propria attenzione al ragazzino dai capelli rossi, incuriosito dalla sua gioventù molto riservata e controllata, se non addirittura un po’ trattenuta. Mostrava già allora un’anima da combattente in un fisico ancora da sviluppare. E questo piacque molto. Il ragazzino sarebbe cresciuto, per diventare un giovane uomo, e con ogni probabilità un tennista molto forte. Torino, alla scadenza fissa del torneo di fine anno, avrebbe avuto un palcoscenico privilegiato, tutto suo, per osservare i progressi compiuti.

Sinner e l'arrivo a Torino
E Sinner un pubblico con cui fare amicizia e superare con il tempo le proprie naturali ritrosie. «Lassù l’aria è sottile». La frase che Jannik Sinner ha portato con sé nella sua discesa verso il mare, dai 1.310 metri di Sesto Pusteria con vista sulle Dolomiti a Bordighera prima e poi Montecarlo, è un compendio della sua filosofia applicata al tennis. La ripete spesso, e la utilizza da riparo contro l’invadenza di chi lo vorrebbe diverso. Scalare la classifica è come affrontare una montagna, e quando sei lassù c’è il rischio di restare senza fiato. Occorre essere corredati di tutto punto. E fare le scelte giuste… Con il suo arrivo a Torino, appena ventenne, JS annunciava al tennis che lui, quelle scelte, almeno le più importanti, le aveva già compiute tutte. I primi della classe non sono “maestri” per caso, e le Finals, che una volta erano il Master non dimenticatelo, sono da sempre il torneo dei maestri. Hanno colpi, capacità fisiche, talento. Hanno stimoli e urgenze per altri insospettabili, e sanno farli valere sul campo. Hanno anche una filosofia, e un metodo. Quale fosse quello di Jannik glielo chiesero proprio a Torino, quando tornò tra gli otto nel 2023, dopo un anno sabbatico (il 2022) che lo vide numero 15 in classifica alla fine di una stagione devoluta all’allestimento del nuovo team che poi lo ha guidato ai piani più alti del tennis.