Alcaraz e Sinner le stelle più attese all’esame Roland Garros

Francesi e spagnoli sicuri che il numero uno vincerà sulla terra. Ma Carlos, come Jannik, sembra più adatto al veloce
Alcaraz e Sinner le stelle più attese all’esame Roland Garros© EPA

Il ritorno di Carlos Alcaraz nel triangolo più famoso del tennis su terra rossa, là al Bois de Boulogne, serrato tra Avenue de la Porte d’Auteuil e il Boulevard dedicato all’antico comune cui la Porta dava accesso, vive delle stesse attese che 18 anni fa - era il 2005 - quella stessa Francia innamorata di tutto ciò che di magico, e di sorprendente o improponibile si possa architettare con una racchetta, aveva riservato a Rafa Nadal. Tra i due, il campione uscente e il favorito subentrante, stabilito che esistano attinenze ma non vere e proprie somiglianze tennistiche come aveva avallato una stampa spagnola mossa dal frettoloso entusiasmo con cui di norma si sparano le balle più grosse («Se non ve ne siete accorti, il mio dritto è più simile a quello di Federer», ha berciato più di una volta il ragazzino), corre però un filo comune. Quello che il pubblico stesso ha finito per tendere tra l’uno e l’altro, avvicinandoli proprio per la loro capacità di accendere la miccia a colpi che lasciano di stucco.

Alcaraz, non è la prima volta al Roland Garros

Al solo osservare Alcaraz, pare s’ingeneri un forte bisogno di imitazione, uguale a quello che muoveva Nadal. Una necessità in quale modo simile alla “sindrome da Cavalcata delle Valchirie” molto ben descritta da Woody Allen… «Ogni volta che ascolto il terzo atto dell’Opera di Richard Wagner avverto la necessità di invadere il giardino del mio vicino di casa». Allo stesso modo, i colpi di Carlos, come quelli di Rafa a suo tempo, finiranno in tutti i circoli di Parigi, a uso e consumo di tutti gli appassionati che vogliano scoprire come trasformarsi da tennisti in artificieri della domenica.  Eppure, non è la prima volta che Alcaraz gioca al Roland Garros. E sebbene la sua conquista sia giunta - alla stessa età, 19 anni, in cui Rafa vinse Parigi - sul cemento degli US Open, i francesi, e certo anche gli spagnoli, sono convinti che saranno questi i campi del futuro impero di Carlos. L’anno scorso lo videro in una versione non ancora compiuta, poco consapevole della sua forza. Rischiò tanto in secondo turno con Ramos Vinolas, che lo costrinse al quinto set, poi dette il meglio con Korda e Khachanov, ma non con Zverev, che aveva sconfitto in finale a Madrid. Uscì nei quarti, lasciando la sensazione chiara che i campi di terra rossa più lenti, non siano adeguati al suo tennis di strappi e rincorse.

Alcaraz, il primo avversario è Cobolli

È da queste osservazioni che Alcaraz è chiamato a riprendere il discorso. E dovrà mostrare altro, se vorrà essere il campione di oggi o dei futuri Roland Garros. «Vengo da un periodo molto intenso. Non ho giocato a Melbourne, dove ero convinto di poter fare bene, ma poi ho ottenuto risultati importanti, a parte Roma, dove però ho ripreso la vetta della classifica. Ho avuto dei giorni di riposo imprevisti, sono stato un po’ in famiglia, ne sentivo il bisogno. Poi ho ripreso gli allenamenti, che tra una partita e l’altra ero stato costretto a trascurare. Sono qui per giocarmela al meglio. Riposato e pronto a gettarmi nella mischia», ha detto nella prima conferenza stampa parigina, dopo essersi augurato di vedere Nadal presto in campo, ed essere al suo fianco su questi stessi campi per i Giochi 2024. «Io e lui in doppio, sarebbe magnifico». Primo avversario Flavio Cobolli. Si conoscono. Il romano ha un anno e un mese in più, e si sono affrontati una volta nelle qualificazioni a Todi 2020. Vittoria di Carlos, 6-2 6-3. Flavio è alla sua prima qualificazione in uno Slam, e sta crescendo. Vale i primi cento, e questo è l’obiettivo del 2023. Alcaraz ha un altro passo, ma con gli italiani non si è mai trovato a proprio agio. Le ha prese da Berrettini e da Sinner, e ha rischiato di brutto anche con Zeppieri l’anno scorso nei quarti di Umag.

Sinner, esordio contro Muller

Flavio ha intenzione di fare bella figura. «L’idea di sfidare il numero uno sul Centrale, mi dà forza. In fondo, si gioca a tennis per avere queste opportunità, no?». È un’Italia di molte risorse (e subito in campo oggi con Musetti-Ymer. Arnaldi-Galan e forse in serata Sonego-Shelton), ma stretta a doppio filo a Sinner, alla sua voglia di far bene, che non manca mai. Anche su di lui e il suo tennis, però, pendono gli stessi dubbi che si coagulano intorno ad Alcaraz, e cioè che si trovi meglio sui rimbalzi regolari e veloci di una superficie in cemento. «Mah, su questi campi mi sono trovato sempre bene», risponde, «stavolta vi giungo rilassato e ben preparato. Non guardo mai il tabellone. Preparo le partite tenendo conto dell’avversario, ma senza andare oltre con lo sguardo. C’è un bel gruppo di italiani quest’anno, addirittura nove. Ci manca Berrettini. Ma ha un gran carattere e sono convinto che presto sarà di nuovo fra noi».  L’inizio con il francese Muller preoccupa fino a un certo punto, poi la sua strada incrocerà quelle di Zverev negli ottavi e di Medvedev nei quarti. «Non esistono strade facili per giungere al successo. Manca Nadal, ma non altri tennisti considerati tra i più forti. Anche io mi considero in questo gruppo, punto al numero uno, alle grandi vittorie. Credo anche di aver dimostrato di essere forte dentro. Ogni torneo può diventare quello della grande impresa, lavoro per questo. Intanto, voglio andare alle Finals di Torino. Sono messo bene in classifica. Sta a me continuare così».

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