Siglinde, l’altra finale Roland Garros: stavolta mamma Sinner non ha mollato

Lei come noi, sinneristi fino alla fine. Ha tenuto duro, in tribuna, sino all’ultimo punto

Potremo raccontare di aver visto la partita del secolo, dove ha vinto Carlos Alcaraz, dove non ha perso Jannik Sinner. Perché cinque ore e mezza di gioco mostruoso hanno issato i due ragazzi sul piedistallo della gloria e l’azzurro nel cuore di tutti, ancora di più. «Ce l’abbiamo noi, Jannik Sinner ce l’abbiamo noi...», il coro si alza forte dell’animo dei tifosi italiani, sempre più fieri di poter applaudire e, massì, anche coccolare e consolare l’idolo sconfitto con i riccioli rossi troppo corti per coprire il suo disappunto. Ha fatto un punto in più (193 contro 192 del gladiatore iberico), il nostro eroe nazionale. Eppure ha mancato i colpi del ko nel momento clou. E non ci dormirà su. Quando si sveglierà, comunque, metterà subito Wimbledon nel mirino. La terra resterà indigesta solo per un po’.

 

Il costante sostegno della mamma

E mamma Siglinde, che in tribuna ha sofferto come milioni di connazionali, avrà modo altrove, in giro per il mondo, di riprendere a sostenere il figlio così bravo ed educato che in tanti le invidiano. Eroica anche lei, lassù dietro gli allenatori. Non ha mollato. Non se n’è andata: ha lasciato per un attimo, ma è tornata. Ci ha creduto sino alla fine. Ogni volta che Jannik rientrava nel match, ci rientrava anche la signora Siglinde. E ci rientravamo tutti noi. Fede nel rosso, anche sul rosso. Pianto, sorriso, imprecazione mani in faccia, di nuovo sorriso, di nuovo imprecazione: una giornata che non dimenticherà, di forti sussulti. Fors’anche inimmaginabili, con quella portata. Ci vediamo alla prossima, mamma di Jannik.

 

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Calcio, prendi esempio!

La Federtennis del presidente Angelo Binaghi pubblica subito un post di gratitudine: «Grazie di tutto, Jannik. Sempre al tuo fianco». Ed è il sentore popolare di una Nazione orfana della... Nazionale. Sinner e i suoi fratelli, altro che il pallone che rotola nella mediocrità di dirigenti, allenatori e giocatori. Anche loro, però, possono imparare da Sinner, uno che vince anche quando perde, mostrando rispetto assoluto per l’avversario. E ricominciando da capo, con una voglia matta di alzare il trofeo nel torneo che verrà. Riposo? Qualche ora, poi lavoro lavoro lavoro. Perché quel signore là, Carlos Alcaraz in fuga da Alcatraz con la maglia a strisce del prigioniero che sprigiona energia, ha appena messo insieme lo Slam della terra: Montecarlo, Roma, Parigi. Da élite della racchetta. E allora bisogna tirarsi su dopo aver subito questa botta, con l’aiuto di tutti, eh. 

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I complimenti di tifosi e colleghi

Sul web si legge roba da commozione autentica. «Ti rialzerai anche dopo una sconfitta pesante, come hai sempre fatto. Sei la fortuna di questo Paese. Grazie ancora per averci fatto vivere delle emozioni indescrivibili. Saremo sempre orgogliosi di te, Jannik». E ancora: «My hero. Forza. Sempre con te», «Sinneristi, senza se e senza ma»La discesa del numero 1 nei meandri dello Chatrier è corredata dal battimani dei giovani raccattapalle, schierati sulle scale per rendere omaggio all’altoatesino: e sul suo volto appare una venatura di allegria, momentanea. E i colleghi, per una volta semplici spettatori, rendono omaggio così: «Il livello di questa partita è stato pazzesco. Che giornata, giusta per fare il tifoso di questo bellissimo sport»: le parole di Alex De Minaur. «Voglio solo congratularmi e ringraziare entrambi i giocatori per una finale incredibile»: firmato Casper Ruud. «Leggendari, ragazzi». Bravo Carlitos. Forza Jannik: ti riprenderai tutto con gli interessi. 

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Potremo raccontare di aver visto la partita del secolo, dove ha vinto Carlos Alcaraz, dove non ha perso Jannik Sinner. Perché cinque ore e mezza di gioco mostruoso hanno issato i due ragazzi sul piedistallo della gloria e l’azzurro nel cuore di tutti, ancora di più. «Ce l’abbiamo noi, Jannik Sinner ce l’abbiamo noi...», il coro si alza forte dell’animo dei tifosi italiani, sempre più fieri di poter applaudire e, massì, anche coccolare e consolare l’idolo sconfitto con i riccioli rossi troppo corti per coprire il suo disappunto. Ha fatto un punto in più (193 contro 192 del gladiatore iberico), il nostro eroe nazionale. Eppure ha mancato i colpi del ko nel momento clou. E non ci dormirà su. Quando si sveglierà, comunque, metterà subito Wimbledon nel mirino. La terra resterà indigesta solo per un po’.

 

Il costante sostegno della mamma

E mamma Siglinde, che in tribuna ha sofferto come milioni di connazionali, avrà modo altrove, in giro per il mondo, di riprendere a sostenere il figlio così bravo ed educato che in tanti le invidiano. Eroica anche lei, lassù dietro gli allenatori. Non ha mollato. Non se n’è andata: ha lasciato per un attimo, ma è tornata. Ci ha creduto sino alla fine. Ogni volta che Jannik rientrava nel match, ci rientrava anche la signora Siglinde. E ci rientravamo tutti noi. Fede nel rosso, anche sul rosso. Pianto, sorriso, imprecazione mani in faccia, di nuovo sorriso, di nuovo imprecazione: una giornata che non dimenticherà, di forti sussulti. Fors’anche inimmaginabili, con quella portata. Ci vediamo alla prossima, mamma di Jannik.

 

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