Valeria Pappalardo: «La scherma mi ha riaperto le porte dello sport»

L'atleta siciliana, tutta grinta e determinazione, ha intrapreso una nuova avventura
Valeria Pappalardo: «La scherma mi ha riaperto le porte dello sport»

Determinazione e tanto cuore. È così che l’atleta siciliana ha sempre affrontato i suoi momenti bui. E con la stessa determinazione che Valeria Pappalardo ha deciso di intraprendere una nuova avventura: la scherma. Fino a non molto tempo fa Valeria era l’unica schermitrice agonistica con SM ma ora, per fortuna, non è più sola e proprio nella sua squadra c’è una nuova atleta. 

Com’è nata la sua passione per lo sport? 

«Sono sempre stata una sportiva. Prima che mi fosse diagnosticata la malattia ho sempre praticato sport tra cui pallavolo e tennis. Fino a 25 anni ho fatto sport. La scherma mi è sempre piaciuta ma per molto tempo ho fatto da spettatrice: abitavo in un paesino della Sicilia non c’erano vicino a me centri sportivi che tenessero dei corsi, come ad Acireale e Catania. La diagnosi della malattia mi ha costretto a fermare per tanti anni l’attività sportiva fino allo scorso anno quando ho deciso di intraprendere, dopo altri 25 anni, la scherma». 

Un incontro, quello con la scherma, che sembra le abbia dato la voglia di iniziare un nuovo percorso. Può dirci di più?

«Mi trovavo nella sezione AISM di Pisa in occasione della tappa toscana di Coppa del Mondo di scherma paralimpica e ho incontrato un rappresentante del comitato paralimpico della regione. Questo incontro mi ha riaperto le porte dello sport, all’improvviso ho sentito di nuovo questo mondo vicino mentre fino a qualche tempo prima credevo fosse inavvicinabile, mi sono innamorata della scherma e ho iniziato a cercare una palestra vicino casa. Ho la fortuna di avere un maestro che, fin dai quando gli ho esposto la mia voglia di praticare scherma, ha dimostrato grande entusiasmo e mi ha permesso di continuare». 

La sua specialità è la spada. C’è un motivo particolare per questa scelta? E ha mai pensato di cimentarsi anche con il fioretto e la sciabola? 

«Ho iniziato subito con la spada ma non c’è un motivo preciso. All’inizio comunque è stata dura perché io sono destra ma a causa della malattia il lato destro del mio corpo è compromesso, quindi ho dovuto fare il doppio del lavoro perché, dopo un primo momento, ho iniziato a tirare con il braccio sinistro. Sono una mancina adattata. Ho deciso di iniziare con la spada e so che ho un gran lavoro da fare però è mia intenzione di provare anche il fioretto e la sciabola».

Quando ha conosciuto AISM?

«Diciamo che da quando mi è stara diagnosticata la malattia sono entrata in contatto con l’AISM. Nello specifico mi sono avvicinata a quella di Pisa perché questa sezione offre un servizio psicologico che per me è stato molto utile. Ogni volta che cambia il mio stato di salute, mi trovo a dover riorganizzare la mia giornata e l’aiuto che io ho ricevuto dalla sezione di Pisa è stato davvero importante per me. Inoltre, un altro fattore importante è il sostegno alla ricerca: io convivo con la malattia da 25 anni e quello che è stato fatto in questo lasso di tempo è eccezionale. 25 anni fa non c’era niente di quello che c’è adesso». 

Torniamo alla scherma, quali sono i suoi progetti? C’è qualche gara imminente?

«A giugno dovrò fare i campionati assoluti italiani e per accedervi bisogna avere due partecipazioni alle gare di qualificazione. Io ho già disputato queste dure gare, oltre a una gara integrata a Roma, ma sarà presente anche a quella del 12 maggio ad Ancona. In più, da quest’anno, la federazione ha dato la possibilità agli atleti di partecipare alle competizioni internazionali purché si abbia partecipato ad almeno un campionato assoluto  nella stagione precedente e visto che a Terni a settembre, dal 17 al 23, ci saranno ci campionati europei vorrei cogliere l’occasione di partecipare».  

Qual è stata l’esperienza, nel suo percorso con la scherma, che più l’ha segnata?

«Senza dubbio la mia prima gara che ho fatto a Erba, l’8 ottobre dello scorso anno, portando a casa una medaglia di bronzo. In realtà ho vinto perché nella mia categoria eravamo solo tre atlete ma la cosa più bella è che, in quell’occasione, mi sono sentita premiata per non essermi mai arresa. Sono arrivata sul posto alle 9 del mattino e ho gareggiato alle 14 passate: sono arrivata all’ultimo assalto stanchissima ma per orgoglio ho voluto andare avanti. Nonostante tutto è stata una bellissima esperienza e un bellissimo battesimo. Ho avuto un impatto fantastico con gli altri atleti: il rapporto che si instaura è qualcosa che non si può descrivere, che va oltre i problemi e le malattie, e questo qualcosa ci unisce inevitabilmente. Inoltre, in occasioni del genere si impara anche a ridimensionare la propria malattia: il contatto con patologie del tutto diverse ti fa riflettere e crea un impatto psicologico davvero forte e importante». 

 

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