La Juve senza domani, l'ultima chance di Allegri: la Roma alta tensione

Trofei unica memoria del calcio, triennio Max e il calendario folle: il club bianconero e l'incrocio di strade all'orizzonte

Una partita che ne vale due, anzi tre. In ordine di apparizione: tre punti per blindare la qualificazione alla prossima Champions League formula extra large; una vittoria che consentirebbe di gestire la successiva gara interna contro la Salernitana in modalità “distensione”. Per poter, di conseguenza, preparare con maggiore serenità la sfida di mercoledì 15 maggio, vale a dire la finale di Coppa Italia a Roma contro l’Atalanta che, per inciso, sarà l’avversaria dei giallorossi giusto tre giorni prima all’Olimpico. Incroci folli del calendario, peraltro, perché due delle tre squadre in commedia (giallorossi e nerazzurri) potrebbero essere ancora impegnate in Europa League qualora avessero entrambe superato le due semifi nali in cui sono impegnate rispettivamente contro Bayer Leverkusen e Marsiglia, con riflessi pesanti sulle possibilità di aumentare il carico di club italiani nel prossimo giro di Coppe Europee.

Nel calcio trofei unica memoria

Ma questo, tutto sommato, alla Juventus interessa poco: per i bianconeri tutto si concentra nella gara di domenica sera all’Olimpico contro la squadra allenata da Daniele De Rossi: vincere per archiviare un obiettivo e per potersi concentrare mente e corpo sul secondo. La qualificazione alla finale di Coppa Italia, si sa, garantisce già di per sè l’opportunità di partecipare alla final four di Supercoppa Italiana in Arabia Saudita con una concreta rendita economica in termini di contributi (almeno 1,8 milioni) e di sponsor. Intanto, però, c’è sta benedetta (o maledetta) ossessione di portare a casa un trofeo. Perché è inutile star qui a ribadire come non sia scontato vincere (basta scorrere gli almanacchi) anche se ti chiami Juventus, nonostante perniciose e incongrue abitudini di abbuffate recenti. Ribadito come la normalità “non” sia vincere (si tende a vincere: molto diverso), è comunque assodato il fatto che negli almanacchi (così come nella memoria dei tifosi) resti indelebile il nome di quelli che vincono e rarissimamente (un paio di occasioni nella storia del pallone: tutti vi citeranno l’Olanda di Cruyff ...) coloro che invece falliscono gli obiettivi topici pur giocando bene. A volte perfino benissimo.

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Tre punti e doppio vantaggio

Una vittoria domenica contro la Roma, dunque, permetterebbe ai bianconeri la fruibilità di un doppio vantaggio: archiviare la questione qualificazione Champions e garantirsi la possibilità di preparare la finale di Coppa Italia con davanti a sè una settimana e mezza libera di ansie mentre l’Atalanta si giocherà le semifi nali di Europa League e la quinta piazza in classifica contro la Roma che aff ronterà i nerazzurri giusto tre giorni prima della finale: una vittoria sui giallorossi innescherebbe così un surplus di animosità in più da parte dei giallorossi contro l’Atalanta in chiave classifica. Con un vantaggio, appunto, in prospettiva, verso la finale del mercoledì successivo alla sfida tra Roma e Atalanta. Discorsi interessati e utilissimi per riempire pagine di giornali, trasmissioni in tv e web tv (perché la Juve regala notorietà a pletore di personaggi) ma alla fine tutto si azzera di fronte a una realtà tanto prosaica quanto ineluttabile: il successo contro la Roma.

Le motivazioni di Allegri

Ed è su questo crinale che Massimiliano Allegri deve dosare bene motivazioni e scelte per evitare di scaricare troppo l’attualità della gara di domenica a scapito della sfida del 15 maggio, la finale all’Olimpico. Insomma, servirà una grande spinta motivazionale per coloro che dovranno scendere in campo contro i giallorossi affinché nessuno di loro coltivi il retropensiero di una possibilità di redenzione nella gare contro la Salernitana o, più in là, contro il Monza. Sì, perché quella di domenica contro la Roma è la più classica delle “Sliding doors” che consente di uscire da un periodo di tensione latente per entrare nella comfort zone dentro alla quale preparare l’appuntamento definitivo della stagione: la finale di Coppa Italia. Allegri lo sa benissimo, tanto più che un successo a Roma contro l’Atalanta gli consentirebbe di chiudere il triennio con un trofeo. Ora devo riuscire a far entrare lo stesso concetto nella testa dei giocatori affinché giochino la gara contro Dybala e compagni come fosse un partita “senza un domani”.

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Una partita che ne vale due, anzi tre. In ordine di apparizione: tre punti per blindare la qualificazione alla prossima Champions League formula extra large; una vittoria che consentirebbe di gestire la successiva gara interna contro la Salernitana in modalità “distensione”. Per poter, di conseguenza, preparare con maggiore serenità la sfida di mercoledì 15 maggio, vale a dire la finale di Coppa Italia a Roma contro l’Atalanta che, per inciso, sarà l’avversaria dei giallorossi giusto tre giorni prima all’Olimpico. Incroci folli del calendario, peraltro, perché due delle tre squadre in commedia (giallorossi e nerazzurri) potrebbero essere ancora impegnate in Europa League qualora avessero entrambe superato le due semifi nali in cui sono impegnate rispettivamente contro Bayer Leverkusen e Marsiglia, con riflessi pesanti sulle possibilità di aumentare il carico di club italiani nel prossimo giro di Coppe Europee.

Nel calcio trofei unica memoria

Ma questo, tutto sommato, alla Juventus interessa poco: per i bianconeri tutto si concentra nella gara di domenica sera all’Olimpico contro la squadra allenata da Daniele De Rossi: vincere per archiviare un obiettivo e per potersi concentrare mente e corpo sul secondo. La qualificazione alla finale di Coppa Italia, si sa, garantisce già di per sè l’opportunità di partecipare alla final four di Supercoppa Italiana in Arabia Saudita con una concreta rendita economica in termini di contributi (almeno 1,8 milioni) e di sponsor. Intanto, però, c’è sta benedetta (o maledetta) ossessione di portare a casa un trofeo. Perché è inutile star qui a ribadire come non sia scontato vincere (basta scorrere gli almanacchi) anche se ti chiami Juventus, nonostante perniciose e incongrue abitudini di abbuffate recenti. Ribadito come la normalità “non” sia vincere (si tende a vincere: molto diverso), è comunque assodato il fatto che negli almanacchi (così come nella memoria dei tifosi) resti indelebile il nome di quelli che vincono e rarissimamente (un paio di occasioni nella storia del pallone: tutti vi citeranno l’Olanda di Cruyff ...) coloro che invece falliscono gli obiettivi topici pur giocando bene. A volte perfino benissimo.

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