Bocas Junior, che storia: i campi profughi, la droga e il sogno Olimpiadi

A 13 anni il viaggio verso l’Europa: la boxe l’ha salvato e reso migliore. Il pugile camerunense punta i Giochi
Bocas Junior, che storia: i campi profughi, la droga e il sogno Olimpiadi

Disclaimer - Questo articolo contiene: boxe, Olimpiade, Camerun, Argentina, calcio, migranti, passione, Boca Juniors, Tour Eiffel. Il folle amore per il calcio, si sa, non conosce confine geografico, barriera linguistica o moderazione.

Può quindi succedere che uno battezzi suo figlio col nome della squadra del cuore: in Camerun, ad esempio, c’è un ragazzo di 24 anni che si chiama Bocas Junior. Merito del papà, stregato da Alphonse Tchami, attaccante dei Leoni Indomabili che, dal ‘95 al ‘97, giocò a La Bombonera. La storia di Bocas Junior Njike, pugile dilettante, è da film: ha viaggiato per mezza Africa, ha vissuto in un campo profughi, in Spagna era nomade e ora sogna di «andare lontano» nella boxe, di vedere Parigi, di esserci all’Olimpiade.

Da Douala al sogno europeo: ecco chi è Bocas Jr

«In Spagna, quando mi chiedono come mi chiamo, io rispondo e sempre mi dicono, sgranando gli occhi: “Come?!?”. Non capivo. M’è capitato pure con la polizia... “Cioè, il tuo nome è Bocas Junior? Sai cosa significa? È una squadra di calcio argentina!”. Ho telefonato a mio padre: mi ha raccontato di Maradona, di Tchami... Da bimbo, a Douala, facevo il saldatore. Avevo 9 anni. Ho lasciato il mio Paese a 13, nel 2011. Non c’era cibo per nutrirmi, né denaro per un’istruzione. Sono partito, col mio migliore amico. Abbiamo attraversato Nigeria, Niger e Algeria e siamo arrivati in Marocco. Sono stato lì 3 anni, ma non c’era lavoro: mi mantenevo chiedendo l’elemosina. Ho tentato il salto verso l’Europa, in barca, 2 volte. Non è andata bene: mi hanno catturato in mare. Allora ho deciso di provare a La Valla e al secondo tentativo sono entrato a Ceuta.

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Ho vissuto 6 mesi in un campo profughi: è una prigione. Poi Madrid, Oviedo e Avilés. Feci il muratore, zero documenti, assicurazione o altro. Col poco che guadagnavo mi pagavo la palestra.

Accanto ce n’era una di boxe: m’ha salvato. C’erano giorni in cui non avevo da mangiare, frequentavo amici un po’ così, fumavo le canne. La sicurezza se ne è accorta e mi hanno cacciato. Ho dormito per strada, al freddo. Dopo un mese mi hanno dato una chance e non ho più sbagliato. Sono tornato a Madrid e ho trovato lavoro nella palestra del Rayo Vallecano. Mi hanno regolarizzato, ora ho i documenti.

Bocas Jr: "L'Olimpiade? La sogno"

La boxe? Ho vinto il bronzo nei massimi al Campionato spagnolo 2021. Quest’hanno mi sono migliorato: oro, ma non mi hanno dato la cintura. L’hanno data al secondo perché io non sono, al momento, né completamente spagnolo, né completamente camerunese. Assurdo. L’Olimpiade? La sogno: la federazione del Camerun pare che non voglia portare nessun altleta nella mia categoria di peso, ma staremo a vedere. La vita m’ha insegnato a non arrendermi». Perché se sogni forte, prima o poi il sogno s’avvera. 

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Può quindi succedere che uno battezzi suo figlio col nome della squadra del cuore: in Camerun, ad esempio, c’è un ragazzo di 24 anni che si chiama Bocas Junior. Merito del papà, stregato da Alphonse Tchami, attaccante dei Leoni Indomabili che, dal ‘95 al ‘97, giocò a La Bombonera. La storia di Bocas Junior Njike, pugile dilettante, è da film: ha viaggiato per mezza Africa, ha vissuto in un campo profughi, in Spagna era nomade e ora sogna di «andare lontano» nella boxe, di vedere Parigi, di esserci all’Olimpiade.

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«In Spagna, quando mi chiedono come mi chiamo, io rispondo e sempre mi dicono, sgranando gli occhi: “Come?!?”. Non capivo. M’è capitato pure con la polizia... “Cioè, il tuo nome è Bocas Junior? Sai cosa significa? È una squadra di calcio argentina!”. Ho telefonato a mio padre: mi ha raccontato di Maradona, di Tchami... Da bimbo, a Douala, facevo il saldatore. Avevo 9 anni. Ho lasciato il mio Paese a 13, nel 2011. Non c’era cibo per nutrirmi, né denaro per un’istruzione. Sono partito, col mio migliore amico. Abbiamo attraversato Nigeria, Niger e Algeria e siamo arrivati in Marocco. Sono stato lì 3 anni, ma non c’era lavoro: mi mantenevo chiedendo l’elemosina. Ho tentato il salto verso l’Europa, in barca, 2 volte. Non è andata bene: mi hanno catturato in mare. Allora ho deciso di provare a La Valla e al secondo tentativo sono entrato a Ceuta.

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