Dolcetti, fra pallone e arte: la storia del moschettiere di Allegri

A Torino il mondo Juve si è radunato per il collaboratore di Max, che ha inaugurato la mostra "Senza titolo", una pregevole collezione di dipinti in parte ispirati alla carriera
Dolcetti, fra pallone e arte: la storia del moschettiere di Allegri© Credit Jessica Quadrelli

Il confine fra pallone e arte per Aldo Dolcetti è sottilissimo. Estroso nella vita, meticoloso sul campo. Creativo con matita e colori in mano, perfezionista sul campo. A Torino ha presentato la mostra "Senza titolo”, curata dal critico d’arte Luca Beatrice: una stupenda collezione di disegni di libera ispirazione. Ritratti di giocatori, come quello dedicato a Gigi Buffon. Oppure “Natura Pogba”. L’idea di natura in movimento, con il centrocampista francese sullo sfondo: una fusione di sguardi sulla vita. Un abbraccio fra le due esistenze di uno dei più fedeli collaboratori di Max Allegri, sin da bambino sinceramente appassionato alla sfera artistica. Eppure, la carriera di Dolcetti è legata a doppio filo ai campi di Serie A. In Piemonte muove i passi più importanti nel calcio: i primi nel Trino, poi la chiamata della Juventus. Era un centrocampista che amava servire gli altri, con un sinistro fatato. Ma per conquistare Giovanni Trapattoni, appena terminato il percorso nel vivaio, non fu sufficiente.

Le influenze di Lucescu, Orrico e Bolchi

Così Dolcetti fa il giro d’Italia: Novara, Messina, Lucchese, Savoia, Avellino, Cuneo, Sellero Novelle e Darfo Boario. Due, però, sono le tappe più importanti: il Pisa dei tempi della presidenza Anconetani e il Cesena. Due piazze in cui supera le 100 presenze, due città che non dimenticheranno mai la classe di Aldo. Uomo che studia tanto dai suoi allenatori più importanti: da Lucescu a Orrico, passando per “Maciste” Bolchi. Pragmatismo e sete di rivoluzione sono due venti che scatenano la sua voglia di panchina. Parte da vice di Alberto Cavasin (amico strettissimo) a Firenze, che segue anche a Brescia. Poi un’avventura da primo allenatore all’Honved, in Ungheria. All’estero impara tanto e ad un certo punto, dopo aver guidato la Primavera del Milan (società nella quale ha anche coordinato l’attività dell’intero settore giovanile), sceglie di seguire Allegri (conosciuto da vicino a Milanello) alla Juventus nel 2014. Dietro Max, ci sono lui, Landucci e Trombetta, i tre moschettieri del tecnico livornese.

Una vita accanto ad Allegri

Dolcetti da collaboratore vince cinque scudetti, si ferma con Allegri per due anni e poi torna a Torino per il secondo mandato. Sempre con lo stesso obiettivo: fornire una lettura analitica in più al mister. Dare spunti, curare i dettagli, lavorare sul singolo e sui movimenti. Dolcetti è un professionista minuzioso, una fonte d’ispirazione continua per Allegri. Ma è anche un uomo semplice, umile, che non ama i riflettori. Preferisce il retroscena alla ribalta, da sempre. Lo spazio ricreativo che si concede è quello riservato all’arte: nei suoi disegni c’è la natura, ci sono i personaggi e gli eventi che hanno contraddistinto tutto il suo percorso e poi le camere d’albergo, un omaggio a tutti i professionisti che per lavoro sono costretti a viaggiare in giro per il mondo. E che troppo spesso guardano il mondo da un oblò. Proprio come Dolcetti, che sa sicuramente farsi voler bene: alla sua mostra c’erano Cristiano Giuntoli, Federico Cherubini e Gianluca Pessotto, ma anche Marco Landucci, Francesco Magnanelli e Riccardo Scirea. Senza dimenticare Alex Sandro e Hans Nicolussi Caviglia. Naturalmente, non poteva mancare Allegri: presente e sorridente, sempre accanto all'amico Aldo.

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