Yamal, il Barcellona e il giorno dopo a scuola: "I prof più severi di Xavi"

Lo spagnolo ha vinto il premio “The Youngest” come più giovane finalista ma promette: "Un giorno vengo a Torino per l’Absolute Best"

Sul viale della Masia che porta al convitto, Lamine Yamal, sole in faccia e il premio The Youngest sotto il braccio, sospira: «No, non la sento la pressione. Forse proprio perché ho sedici anni. Non riesco a non considerarlo un gioco, anche quando si svolge in un grande stadio». Yamal ha già esordito e segnato nella Liga e nella Nazionale spagnola, oltre ad avere una manciata di presenze in Champions League. Tutto prima di compiere diciassette anni e, ovviamente, distruggendo molti record di precocità. Ha il viso da ragazzino e uno sguardo che non dice bugie sulla sua età, ma ha la sicurezza di chi è perfettamente conscio di quello che sta facendo e di quello che sta succedendo intorno a lui.

Lamine Yamal: "Il Barcellona è casa mia"

«Sono in uno dei due o tre club più grandi al mondo, ma questa è anche la mia seconda casa... anzi, la prima casa perché sono qui alla Masia da quando avevo sette anni e da qualche stagione dormo qui, al convitto. Mi sono sempre allenato su questi campi», dice indicando oltre le recinzioni dove bambini tra gli otto e i dieci anni stanno giocando le partite del sabato. Il suo portentoso cammino, che dai Pulcini (qui le chiamano Cebolitas, cipolline) lo ha portato a esordire in prima squadra, fatto a piedi è un tragitto non più lungo di trecento metri. Quelli che dividono i campetti dei ragazzini dal Tito Villanova, il piccolo stadio dove si allena la prima squadra e dove sabato ha sostenuto un allenamento durissimo in vista della partita contro l’Atletico Madrid.

Yamal, tra convitto e scuola 

Quando arriviamo davanti al convitto, Yamal sorride: «Questa è praticamente la mia casa». Perché qualche volta dorme a casa dei genitori, ma spesso rimane con i compagni delle giovanili, anzi con i coetanei delle giovanili, perché i compagni ormai sono quelli della prima squadra. Ma lo strano sbalzo temporale che porta a esordire nella Liga a sedici anni, rende tutto più curioso: tipo che il mattino dopo aver giocato alla domenica, la partita clou della giornata della Liga, Lamine va regolarmente a scuola. «Mi piace andarci. Anche se i professori sono più severi di Xavi», sorride. «Mi piacciono fisica e chimica. E con i compagni mi trovo bene. Certo, spesso mi chiedono della partita, ma alla fine parliamo anche di cose normali, da ragazzi». D’altra parte a sedici anni, di solito, si sogna di diventare un giorno dei calciatori e giocare in Champions League. Yamal lo sta facendo, con una precocità che ha sbaragliato i record e lasciato a bocca aperta milioni di appassionati. Lamine non si fa troppe domande e ai ragazzi dice: «Credeteci. Sognate e credeteci. Il segreto è anche quello. Bisogna allenarsi, divertirsi sempre, lavorare molto. Ma soprattutto avere un sogno e provare a realizzarlo con tutte le proprie forze».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Yamal, dna blaugrana

Il calcio, d’altronde, per lui è soprattutto una gioia: «È immensa quella di poter giocare. Non importa dove e come». Xavi quando l’ha fatto esordire gli ha detto: «Vai e gioca a pallone». Lui ha poi spiegato: «Un ottimo consiglio, perché è esattamente quello che mi riesce: giocare a calcio». Nella semplicità dei suoi sedici anni vissuti da sedicenne, senza darsi troppe arie, ma gustandosi il piacere del suo sogno, c’è il segreto di Yamal. Se conserverà quello spirito potrebbe arrivare lontanissimo, d’altra parte il tempo è clamorosamente dalla sua parte.

Yamal è arrivato al Barcellona nel 2014, quando Messi aveva già vinto tre Champions League, quattro Palloni d’Oro e un Golden Boy. «Il mio idolo è lui. Lo è sempre stato, continua a esserlo adesso che gioco nel Barcellona. Mi ha ispirato, mi ha appassionato. Non ho mai avuto un altro idolo». Lo ha anche conosciuto o, meglio: «Ho fatto una foto insieme a lui», sospira: «Conosciuto no. Magari un giorno». Ma quella foto è una delle cose più preziose che ha conquistato. «Sono sempre stato un tifoso culè (così si chiamano simpaticamente i tifosi del Barcellona), per me è un sogno vestire questa maglia. È la più importante e bella di tutte. Mi emozionava da bambino quando giocavo nelle giovanili, mi ha dato un brivido quando l’ho indossata nella prima squadra. Sono nato e cresciuto a Barcellona, essere qui è il massimo». Si stringe il Golden Boy sotto braccio, quasi fosse un peluche: «È un premio importante. Il primo che ricevo a livello internazionale. Mi piacerebbe vincere quello vero, l’Absolute Best. Lo conosco, ho visto chi l’ha vinto, anche Messi, e vorrei essere in quell’albo d’oro. Prima o poi ci vediamo a Torino, promesso».

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Sul viale della Masia che porta al convitto, Lamine Yamal, sole in faccia e il premio The Youngest sotto il braccio, sospira: «No, non la sento la pressione. Forse proprio perché ho sedici anni. Non riesco a non considerarlo un gioco, anche quando si svolge in un grande stadio». Yamal ha già esordito e segnato nella Liga e nella Nazionale spagnola, oltre ad avere una manciata di presenze in Champions League. Tutto prima di compiere diciassette anni e, ovviamente, distruggendo molti record di precocità. Ha il viso da ragazzino e uno sguardo che non dice bugie sulla sua età, ma ha la sicurezza di chi è perfettamente conscio di quello che sta facendo e di quello che sta succedendo intorno a lui.

Lamine Yamal: "Il Barcellona è casa mia"

«Sono in uno dei due o tre club più grandi al mondo, ma questa è anche la mia seconda casa... anzi, la prima casa perché sono qui alla Masia da quando avevo sette anni e da qualche stagione dormo qui, al convitto. Mi sono sempre allenato su questi campi», dice indicando oltre le recinzioni dove bambini tra gli otto e i dieci anni stanno giocando le partite del sabato. Il suo portentoso cammino, che dai Pulcini (qui le chiamano Cebolitas, cipolline) lo ha portato a esordire in prima squadra, fatto a piedi è un tragitto non più lungo di trecento metri. Quelli che dividono i campetti dei ragazzini dal Tito Villanova, il piccolo stadio dove si allena la prima squadra e dove sabato ha sostenuto un allenamento durissimo in vista della partita contro l’Atletico Madrid.

Yamal, tra convitto e scuola 

Quando arriviamo davanti al convitto, Yamal sorride: «Questa è praticamente la mia casa». Perché qualche volta dorme a casa dei genitori, ma spesso rimane con i compagni delle giovanili, anzi con i coetanei delle giovanili, perché i compagni ormai sono quelli della prima squadra. Ma lo strano sbalzo temporale che porta a esordire nella Liga a sedici anni, rende tutto più curioso: tipo che il mattino dopo aver giocato alla domenica, la partita clou della giornata della Liga, Lamine va regolarmente a scuola. «Mi piace andarci. Anche se i professori sono più severi di Xavi», sorride. «Mi piacciono fisica e chimica. E con i compagni mi trovo bene. Certo, spesso mi chiedono della partita, ma alla fine parliamo anche di cose normali, da ragazzi». D’altra parte a sedici anni, di solito, si sogna di diventare un giorno dei calciatori e giocare in Champions League. Yamal lo sta facendo, con una precocità che ha sbaragliato i record e lasciato a bocca aperta milioni di appassionati. Lamine non si fa troppe domande e ai ragazzi dice: «Credeteci. Sognate e credeteci. Il segreto è anche quello. Bisogna allenarsi, divertirsi sempre, lavorare molto. Ma soprattutto avere un sogno e provare a realizzarlo con tutte le proprie forze».

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