Yamal, dna blaugrana
Il calcio, d’altronde, per lui è soprattutto una gioia: «È immensa quella di poter giocare. Non importa dove e come». Xavi quando l’ha fatto esordire gli ha detto: «Vai e gioca a pallone». Lui ha poi spiegato: «Un ottimo consiglio, perché è esattamente quello che mi riesce: giocare a calcio». Nella semplicità dei suoi sedici anni vissuti da sedicenne, senza darsi troppe arie, ma gustandosi il piacere del suo sogno, c’è il segreto di Yamal. Se conserverà quello spirito potrebbe arrivare lontanissimo, d’altra parte il tempo è clamorosamente dalla sua parte.
Yamal è arrivato al Barcellona nel 2014, quando Messi aveva già vinto tre Champions League, quattro Palloni d’Oro e un Golden Boy. «Il mio idolo è lui. Lo è sempre stato, continua a esserlo adesso che gioco nel Barcellona. Mi ha ispirato, mi ha appassionato. Non ho mai avuto un altro idolo». Lo ha anche conosciuto o, meglio: «Ho fatto una foto insieme a lui», sospira: «Conosciuto no. Magari un giorno». Ma quella foto è una delle cose più preziose che ha conquistato. «Sono sempre stato un tifoso culè (così si chiamano simpaticamente i tifosi del Barcellona), per me è un sogno vestire questa maglia. È la più importante e bella di tutte. Mi emozionava da bambino quando giocavo nelle giovanili, mi ha dato un brivido quando l’ho indossata nella prima squadra. Sono nato e cresciuto a Barcellona, essere qui è il massimo». Si stringe il Golden Boy sotto braccio, quasi fosse un peluche: «È un premio importante. Il primo che ricevo a livello internazionale. Mi piacerebbe vincere quello vero, l’Absolute Best. Lo conosco, ho visto chi l’ha vinto, anche Messi, e vorrei essere in quell’albo d’oro. Prima o poi ci vediamo a Torino, promesso».