Italia, obiettivo Wembley: lì dove ha scritto la storia

Il 14 novembre 1973 un gol di Capello firma la prima vittoria in casa dell’Inghilterra. Nel 1997 ci pensa Zola e poi, nel 2021, il trionfo ai rigori nella finale dell’Europeo
Italia, obiettivo Wembley: lì dove ha scritto la storia© Ansa/Ag. Aldo Liverani

Anche se ai fini delle dinamiche di classifica una vittoria a Wembley non sposterebbe più di tanto il discorso qualificazione di un’Italia che dovrà comunque non perdere (o almeno non perdere male) il match di novembre con l’Ucraina, fare bottino pieno in quello stadio dà consapevolezze che pochi altri posti possono generare. Il fascino di Inghilterra-Italia richiama persino a trame di film (Fantozzi aveva un programma formidabile…) e sta diventando una classica, dato che per la sesta volta le due Nazionali si ritroveranno di fronte in poco più di due anni. Giocare a Wembley, poi, aumenta il fascino, fino a far entrare il racconto calcistico nella leggenda. Il 14 giugno sono stati celebrati i 50 anni della prima vittoria in assoluto contro i “Tre Leoni” (2-0 a Torino con gol di Anastasi e Capello), il 14 novembre scoccherà l’ora del mezzo secolo anche della prima, storica, vittoria in terra d’Albione. Quel giorno gli azzurri espugnarono il “vecchio Wembley” con una rete di Fabio Capello (giustiziere, se ce n’è uno, degli inglesi) e l’anniversario meriterebbe proprio un… ritocchino domani sera.

Ferrara, Costacurta e Cannavaro show

Vittoria fu, in uno dei templi del calcio mondiale, anche nel 1997 quando Zola risultò decisivo nella sfida valida per le qualificazioni al Mondiale del 1998. Il 12 giugno 1997 gli inglesi scoprirono che dentro Magic Box ci poteva essere anche qualcosa, per loro, di estremamente spiacevole. Abituati da un anno a vederlo con la maglia del Chelsea, in realtà i giornalisti di The Independent avevano aperto il giornale il giorno della partita con un titolo a caratteri cubitali che metteva sul chi va là il ct Hoddle e le stelle che in quella squadra erano Beckham, Campbell, Shearer, Ferdinand, Le Tissier, McManaman, Ince, Gary Neville. Il calcio redditizio di Cesare Maldini esaltò la fase difensiva di Ferrara, Costacurta (fu poi stranamente lui l’uomo assist per Zola con un’imbucata alta, che il tamburino sardo trasformò in oro con controllo orientato e siluro sul primo palo) e Cannavaro compatti davanti a Peruzzi, la bidimensionalità del figlio Paolo in fascia sinistra, la lotta e il governo dei mediani Albertini, Dino Baggio e Di Matteo (un altro italiano da Premier League), la potenza di Casiraghi, il controllo e la classe di Gianfranco Zola. Che visse la sua notte da Oscar del pallone così come Fabio Capello l’aveva vissuta 24 anni prima.

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La notte magica di Capello

Da Wembley a Wembley. Nel 1973 la soddisfazione fu doppia, anche per gli immigrati, sbeffeggiati nei giorni precedenti il match quando l’Italia venne definita “una squadra di camerieri”. Lavoro considerato umile dallo snobismo anglosassone e per questo riservato agli italiani, che a Londra e dintorni cercavano una vita dignitosa. Quello 0-1 nel tempio di Wembley fu solo un’amichevole, seppure di lusso, una parentesi comunque molto rosa tra la fallimentare corsa all’Europeo del 1972 (Italia eliminata dal Belgio) e quella che sarebbe stata poi la figuraccia ai Mondiali del 1974 in Germania, con l’uscita di scena per opera di una Polonia che era già qualificata, ma contro la quale gli azzurri di Valcareggi non riuscirono a ottenere nemmeno il minimo sindacale di un pareggio. Ma d’altra parte quella spedizione era iniziata con il gestaccio di Chinaglia verso il ct, reo di… averlo sostituito nel match con Haiti, vinto faticosamente dagli azzurri in rimonta. Il successo del 1997 a Wembley non bastò per una qualificazione diretta. L’Italia chiuse il girone a 18 punti, frutto di 5 vittorie e 3 pareggi ma, pur senza mai perdere, dovette passare dallo spareggio con la Russia per accedere a Francia ‘98, dato che l’Inghilterra si prese la sua rivincita su quel “sacco” a Wembley chiudendo al primo posto nel girone.

Il trionfo a Euro2020

Nell’immaginario collettivo dei più giovani, ma forse anche di tutti gli italiani per l’importanza della posta in palio, la vittoria più godereccia a Wembley, nel nuovo Wembley, è quella dell’11 luglio del 2021. Prendersi l’Europeo, sul campo dei padroni di casa, che sono poi i rivali storici, non ha paragoni con le pur altre due significative vittorie. L’Italia tornò sul tetto d’Europa 53 anni dopo il titolo ottenuto in casa nel bollente 1968, anno di contestazioni, rivolte e piombo nelle piazze. Due anni fa, dopo i gol di Shaw e Bonucci, furono decisivi i calci di rigore. Quell’Italia che solo tre anni prima aveva mancato la qualificazione ai Mondiali con Ventura in panchina, affidata alle cure di Roberto Mancini diede un motivo in più a tutti gli italiani per riversarsi nelle piazze dopo oltre un anno di pandemia. La voglia di festeggiare, di buttarsi alle spalle sofferenze, lutti e umiliazioni, fece da collante e da orgoglio tricolore. Sul campo l’eroe fu Gigio Donnarumma (due rigori parati, l’ultimo a Saka, il decimo tirato), ma l’immagine - più o meno instagrammabile - che ancora oggi resta nel cuore è quell’abbraccio fraterno tra Roberto Mancini e un Gianluca Vialli già fiaccato dalla malattia. Era l’abbraccio di due grandi uomini, di due amici veri, era l’abbraccio di tutta l’Italia. Che ripartiva dopo il dramma del Covid, come solo una nazione sa ripartire quando è il calcio a dare l’abbrivio.

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Anche se ai fini delle dinamiche di classifica una vittoria a Wembley non sposterebbe più di tanto il discorso qualificazione di un’Italia che dovrà comunque non perdere (o almeno non perdere male) il match di novembre con l’Ucraina, fare bottino pieno in quello stadio dà consapevolezze che pochi altri posti possono generare. Il fascino di Inghilterra-Italia richiama persino a trame di film (Fantozzi aveva un programma formidabile…) e sta diventando una classica, dato che per la sesta volta le due Nazionali si ritroveranno di fronte in poco più di due anni. Giocare a Wembley, poi, aumenta il fascino, fino a far entrare il racconto calcistico nella leggenda. Il 14 giugno sono stati celebrati i 50 anni della prima vittoria in assoluto contro i “Tre Leoni” (2-0 a Torino con gol di Anastasi e Capello), il 14 novembre scoccherà l’ora del mezzo secolo anche della prima, storica, vittoria in terra d’Albione. Quel giorno gli azzurri espugnarono il “vecchio Wembley” con una rete di Fabio Capello (giustiziere, se ce n’è uno, degli inglesi) e l’anniversario meriterebbe proprio un… ritocchino domani sera.

Ferrara, Costacurta e Cannavaro show

Vittoria fu, in uno dei templi del calcio mondiale, anche nel 1997 quando Zola risultò decisivo nella sfida valida per le qualificazioni al Mondiale del 1998. Il 12 giugno 1997 gli inglesi scoprirono che dentro Magic Box ci poteva essere anche qualcosa, per loro, di estremamente spiacevole. Abituati da un anno a vederlo con la maglia del Chelsea, in realtà i giornalisti di The Independent avevano aperto il giornale il giorno della partita con un titolo a caratteri cubitali che metteva sul chi va là il ct Hoddle e le stelle che in quella squadra erano Beckham, Campbell, Shearer, Ferdinand, Le Tissier, McManaman, Ince, Gary Neville. Il calcio redditizio di Cesare Maldini esaltò la fase difensiva di Ferrara, Costacurta (fu poi stranamente lui l’uomo assist per Zola con un’imbucata alta, che il tamburino sardo trasformò in oro con controllo orientato e siluro sul primo palo) e Cannavaro compatti davanti a Peruzzi, la bidimensionalità del figlio Paolo in fascia sinistra, la lotta e il governo dei mediani Albertini, Dino Baggio e Di Matteo (un altro italiano da Premier League), la potenza di Casiraghi, il controllo e la classe di Gianfranco Zola. Che visse la sua notte da Oscar del pallone così come Fabio Capello l’aveva vissuta 24 anni prima.

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