La notte magica di Capello
Da Wembley a Wembley. Nel 1973 la soddisfazione fu doppia, anche per gli immigrati, sbeffeggiati nei giorni precedenti il match quando l’Italia venne definita “una squadra di camerieri”. Lavoro considerato umile dallo snobismo anglosassone e per questo riservato agli italiani, che a Londra e dintorni cercavano una vita dignitosa. Quello 0-1 nel tempio di Wembley fu solo un’amichevole, seppure di lusso, una parentesi comunque molto rosa tra la fallimentare corsa all’Europeo del 1972 (Italia eliminata dal Belgio) e quella che sarebbe stata poi la figuraccia ai Mondiali del 1974 in Germania, con l’uscita di scena per opera di una Polonia che era già qualificata, ma contro la quale gli azzurri di Valcareggi non riuscirono a ottenere nemmeno il minimo sindacale di un pareggio. Ma d’altra parte quella spedizione era iniziata con il gestaccio di Chinaglia verso il ct, reo di… averlo sostituito nel match con Haiti, vinto faticosamente dagli azzurri in rimonta. Il successo del 1997 a Wembley non bastò per una qualificazione diretta. L’Italia chiuse il girone a 18 punti, frutto di 5 vittorie e 3 pareggi ma, pur senza mai perdere, dovette passare dallo spareggio con la Russia per accedere a Francia ‘98, dato che l’Inghilterra si prese la sua rivincita su quel “sacco” a Wembley chiudendo al primo posto nel girone.
Il trionfo a Euro2020
Nell’immaginario collettivo dei più giovani, ma forse anche di tutti gli italiani per l’importanza della posta in palio, la vittoria più godereccia a Wembley, nel nuovo Wembley, è quella dell’11 luglio del 2021. Prendersi l’Europeo, sul campo dei padroni di casa, che sono poi i rivali storici, non ha paragoni con le pur altre due significative vittorie. L’Italia tornò sul tetto d’Europa 53 anni dopo il titolo ottenuto in casa nel bollente 1968, anno di contestazioni, rivolte e piombo nelle piazze. Due anni fa, dopo i gol di Shaw e Bonucci, furono decisivi i calci di rigore. Quell’Italia che solo tre anni prima aveva mancato la qualificazione ai Mondiali con Ventura in panchina, affidata alle cure di Roberto Mancini diede un motivo in più a tutti gli italiani per riversarsi nelle piazze dopo oltre un anno di pandemia. La voglia di festeggiare, di buttarsi alle spalle sofferenze, lutti e umiliazioni, fece da collante e da orgoglio tricolore. Sul campo l’eroe fu Gigio Donnarumma (due rigori parati, l’ultimo a Saka, il decimo tirato), ma l’immagine - più o meno instagrammabile - che ancora oggi resta nel cuore è quell’abbraccio fraterno tra Roberto Mancini e un Gianluca Vialli già fiaccato dalla malattia. Era l’abbraccio di due grandi uomini, di due amici veri, era l’abbraccio di tutta l’Italia. Che ripartiva dopo il dramma del Covid, come solo una nazione sa ripartire quando è il calcio a dare l’abbrivio.