Hai giocato con Simeone alla Lazio. Si capiva che sarebbe diventato un grande allenatore?
«Si capiva, si capiva. Non dico che facesse già l’allenatore, ma si intuiva che aveva le qualità del capo. D calciatore aveva una grande personalità».
Un consiglio alla Juve: più testa o più cuore?
«Il giocatore migliore è quello che ci mette al 70 per cento la testa e al 30 per cento il cuore. Quelli che ragionano sono sempre i migliori».
Nell’anno in cui la tua Juve vinse la Coppa Campioni, rimontaste al ritorno con il Real Madrid, un’altra spagnola...
«Vero, perdemmo uno a zero in casa loro e - se non sbaglio - feci anche qualche bella parata. Al ritorno ribaltammo la qualificazione. Due a zero. Anche se, all’ultimo minuto, uno tira e il pallone sfiora letteralmente il mio palo. Non sai che spavento».
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