Carrera: “Derby? Servirà una Juve... alla Conte!”

"Antonio era uno da stracittadina. Io e lui, tifosi bianconeri fin da piccoli, sentivamo la partita più di tutti. Luglio 2014: quando ci disse “andiamo via”, non potevo crederci. Allegri sa togliere la squadra dalle difficoltà. Sì, in Europa si può vincere”

TORINO - Massimo Carrera ne ha vissuti una dozzina, in bianconero, tra il 1991 e il 1996. E spiega: «Il derby è una cosa indescrivibile. Non si tiene conto della classifi ca. E’ una partita a sé, strana sotto tutti i punti di vista: non conta niente quello che hai fatto prima. Dovevi cercare di stare tranquillo perché più pensavi che era importante, più rischiavi di patire le pressioni. Dipendeva da come ti svegliavi quella mattina, non c’entrava come la preparavi in settimana. Peraltro il Torino era una buona squadra, erano derby combattuti».

Quel 5-0 del dicembre 1995, però...

«Fu una gioia immensa per i tifosi. Da parte nostra sapevamo che non dovevamo fermarci. Non è questione di non avere rispetto per gli avversari. Anche vincendo 4 o 5 a zero, devi insistere».

Qual era il granata più “fastidioso” per lei?

«Penso Casagrande, quando c’era anche Scifo. E poi comunque tutta la vecchia guardia: Cravero, Benedetti, Annoni…».

Se dovesse indicare uno juventino “da derby”, ripensando alle sue stracittadine, chi sceglie?

«Penso Conte. Ma penso anche al sottoscritto! Eravamo tifosi della Juventus da sempre, oltre che giocatori, e per un tifoso il derby conta».

Un allenatore “da derby”, invece? Pescando tra i mostri sacri che ha avuto o con cui ha lavorato: Trapattoni, Lippi, Conte...

«In maniera diversa, tutti e tre. Anche se per quel che mi riguarda ho vissuto di più Conte perché ero nello staff e so come la preparava. Penso che Antonio, per come l’ho vissuto io, era quello che pretendeva di più. Ovviamente lui era solito preparare tutte le partite nei minimi dettagli, ma nel derby giocava ancor di più sulle motivazioni. Faceva dei discorsi prepartita che permettevano di alzare ulteriormente l’asticella».

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Come allenatore cos’ha carpito a Conte nei tanti anni da collaboratore?

«Tutto! Sono stato per cinque anni suo assistente. Ho imparato lì a fare comunicazione, a dare motivazioni, a stare sul campo, a parlare con i giocatori. L’ho vissuto in maniera diversa rispetto a Trapattoni e Lippi».

Ora si capisce pienamente l’importanza di quanto avete fatto dando il via alla clamorosa serie di Scudetti vinti consecutivamente.

«Vero. Prima sembrava tutto normale, vincevamo sempre... Ora s’è capito che avevamo dato il la a qualcosa di incredibile. Avevamo giocatori che si mettevano a disposizione e davano l’anima».

Ci racconta il giorno in cui Conte decise di lasciare la Juve?

(Ride) «Era luglio. Avevamo appena iniziato il pre-ritiro, eravamo ancora lì a Torino. Andavamo in centro. Ha comunicato la sua scelta a noi dello staff . E’ stato un colpo, ci ha preso di sorpresa. Non pensavamo veramente che lui facesse qualcosa del genere. Sicuramente è stato difficile andare via dalla Juventus, perché in quel momento eravamo una squadra che poteva vincere ancora. Comunque abbiamo poi fatto una bella esperienza in Nazionale: abbiamo ricreato lo stesso gruppo, la stessa famiglia ottenendo ottimi risultati. Abbiamo fatto ri-innamorare i tifosi della Nazionale».

Lei lo rivedrebbe bene in Italia?

«Io lo vedo bene ovunque. Antonio è uno dei migliori in circolazione e può fare bene da per tutto. Chiunque lo prenda, fa la miglior scelta possibile. E comunque, Italia o estero, io sono contento se lui è sereno: gli voglio bene come a un fratello».

Pensa che prima o poi potrebbe tornare alla Juve?

(Ride). «Eh, non so, dovete chiederlo a lui...».

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Se ripensa a Lippi, invece?

«E’ arrivato alla Juve e ci ha portato alla vittoria anche in Champions. Spiegava il suo calcio con tranquillità, facendoci esprimere le sue idee in campo».

Trapattoni?

«Per me è stato come un papà. Aveva giocato a grandi livelli, allenato i big. Ma si metteva a disposizione dei giocatori, si fermava a fine allenamento per crossare, ci parlava in dialetto milanese».

Un giudizio su Allegri.

«Un giudizio positivo. Sa come tirare fuori la Juve dalle sabbie mobili. Lui ci vive dentro, solo lui conosce le problematiche dello spogliatoio. Adesso Allegri è la persona giusta».

Juve favorita per il derby?

«La Juve vista a Nantes dà fiducia. Anche se il Torino può metterla in difficoltà. Fa un po’ il gioco dell’Atalata: Juric è stato assistente di Gasperini, punta sulla pressione uomo contro uomo. Ma la Juve ha le potenzialità per vincere questo derby».

E invece come vede la Juventus in Europa League?

«Ha giocatori di qualità, può puntare a fare bene e arrivare in fondo. Anche se ci sono molte altre squadre di livello. In Europa, però, vale sempre il principio per cui serve innanzitutto la fortuna di arrivare nei momenti che contano senza infortuni e con i giocatori a posto, senza espulsi. Serve la possibilità di scegliere l’11 migliore».

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TORINO - Massimo Carrera ne ha vissuti una dozzina, in bianconero, tra il 1991 e il 1996. E spiega: «Il derby è una cosa indescrivibile. Non si tiene conto della classifi ca. E’ una partita a sé, strana sotto tutti i punti di vista: non conta niente quello che hai fatto prima. Dovevi cercare di stare tranquillo perché più pensavi che era importante, più rischiavi di patire le pressioni. Dipendeva da come ti svegliavi quella mattina, non c’entrava come la preparavi in settimana. Peraltro il Torino era una buona squadra, erano derby combattuti».

Quel 5-0 del dicembre 1995, però...

«Fu una gioia immensa per i tifosi. Da parte nostra sapevamo che non dovevamo fermarci. Non è questione di non avere rispetto per gli avversari. Anche vincendo 4 o 5 a zero, devi insistere».

Qual era il granata più “fastidioso” per lei?

«Penso Casagrande, quando c’era anche Scifo. E poi comunque tutta la vecchia guardia: Cravero, Benedetti, Annoni…».

Se dovesse indicare uno juventino “da derby”, ripensando alle sue stracittadine, chi sceglie?

«Penso Conte. Ma penso anche al sottoscritto! Eravamo tifosi della Juventus da sempre, oltre che giocatori, e per un tifoso il derby conta».

Un allenatore “da derby”, invece? Pescando tra i mostri sacri che ha avuto o con cui ha lavorato: Trapattoni, Lippi, Conte...

«In maniera diversa, tutti e tre. Anche se per quel che mi riguarda ho vissuto di più Conte perché ero nello staff e so come la preparava. Penso che Antonio, per come l’ho vissuto io, era quello che pretendeva di più. Ovviamente lui era solito preparare tutte le partite nei minimi dettagli, ma nel derby giocava ancor di più sulle motivazioni. Faceva dei discorsi prepartita che permettevano di alzare ulteriormente l’asticella».

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