Juventus-Torino, vittoria da goduria vera soltanto se segna Pogba...

Eccolo qui, ci risiamo e ad ogni vigilia sembra di assistere allo stesso film. L’attesa, quella degli altri, in vista del derby si scalda sempre così: fumogeni, cori, urla, sfottò, video che impazzano sui social, diffusi da luoghi simbolo per caricare e caricarsi, partono scongiuri, ballano richieste, qualcuno magari avanti con l’età stringe il santino di una vecchia gloria in mano e si mette a pregare. E stavolta sembra quasi convinto che... «dai, non ce n’è, il derby lo vinciamo noi!». Loro, quelli della sponda granata di Torino, storicamente ci tengono di più e se fi nisce male - mannaggia, accade troppo spesso - la colpa è di qualcun altro, o qualcos’altro. Magari di un tipo vestito di giallo, con il fischietto in bocca e l’auricolare in funzione, oppure degli aborriti poteri forti; qualcosa a cui attaccarsi c’è sempre. Gli altri, da anni caratterizzati come «quelli di Venaria» (sfottò che non off ende, semmai fa sorridere), vivono invece la settimana di Juve-Toro quasi in silenzio, perché sanno che lo squilibrio nei rapporti di forza è tutto sommato una verità storica, a parte rispettabilissime eccezioni.

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Il Toro nel nuovo Teatro dei Sogni bianconeri non vince mai

E non ha senso farsi troppe domande sul perché loro, gli eterni sconfitti, quelli che negli ultimi trent’anni di derby ne hanno vinti due o tre, reagiscono così. In fondo, voi come vi sentireste se vi togliessero la soddisfazione di un pareggio (un pareggio, eh...) negli ultimi secondi di una partita, a maggior ragione dopo essersi illusi di aver giocato persino meglio, o di aver tirato di più in porta rispetto agli altri? Pirlo nel 2014, Cuadrado nel ’15, accidenti a quei due. Figurarsi quando la vittoria è lì, a un passo, e insomma, il Pipita Higuain nel maggio ’17 non poteva farsi gli affaracci suoi, per una volta? E vogliamo parlare di Cristiano Ronaldo nel ’19? Niente, il Toro che atterra allo Stadium, per i suoi tifosi, è sempre vittima di un sopruso. Mai una volta che ci s’inchini davanti ai trionfatori. Di sicuro, il Toro nel nuovo Teatro dei Sogni bianconeri non vince mai, anzi spesso le prende: quattro reti alla volta, più o meno, da quando per venire a giocare a casa della Juve bisogna recarsi alla Continassa e pregare prima di entrare. Ma anche quando l’impianto si chiamava Delle Alpi, oppure in altri contesti (all’Olimpico, per dire) non è che il destino sia stato così diverso: Trezeguet, Maresca, fai questi nomi al tuo amico granata, gli brucerà ancora...

E se questa sera la storia non cambierà (perché attenzione: il rischio esiste, secondo la legge dei grandissimi numeri) assisteremo alla solita trama. «Si vince, stavolta si vince. Perché? Beh, gli hanno tolto 15 punti, per loro questa partita conta poco, molto meno che per noi, che sogniamo l’Europa»: l’ho sentito - giuro - al bar dai clienti granata, ignari di essere inevitabilmente ascoltati; l’ho risentito alla fermata del metrò, uscendo dagli uffici, persino all’ingresso della scuola frequentata dai miei figli, dove a poche ore dal fischio d’inizio della partita ti imbatti in gruppuscoli di bambini che si presentano bardati di granata e sorrisi precotti, chissà se per compiacere o meno l’orgoglio dei propri genitori. Perché spesso dietro di loro c’è il codazzo di papà col berretto della stessa tinta. «Sai, è tornato il gelo invernale, meglio coprirsi». Certo.

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Ma ci pensate se questa sera entrasse Pogba e segnasse il gol decisivo?

Finirà, se finirà come ci si aspetta, che domattina i tifosi juventini si risveglieranno felici per aver battuto un onesto avversario. Ma uno dei tanti. Darà soddisfazione farlo contro una squadra della tua stessa città, è vero, però la goduria durerà il giusto. E con gli altri, quelli piegati dal destino, a macerarsi tra il dubbio di aver fantasticato l’impossibile per l’ennesima volta e la certezza di essere stati sconfitti alla stessa maniera di sempre, seguendo le medesime logiche, per loro comunque illogiche a prescindere. Battaglia persa, inutile provare a spiegare che il risultato alla fine è quello del campo. A proposito di impossibile: ma ci pensate se questa sera, nel corso del secondo tempo di una partita irrisolta, entrasse Pogba e segnasse il gol decisivo? Anche lì, un film già visto e rivisto. Però nel caso di Paul, che non ha mai giocato da quando è tornato alla Juve, sarebbe come fosse una nuova prima volta. Ohi ohi ohi, che male farebbe...

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Eccolo qui, ci risiamo e ad ogni vigilia sembra di assistere allo stesso film. L’attesa, quella degli altri, in vista del derby si scalda sempre così: fumogeni, cori, urla, sfottò, video che impazzano sui social, diffusi da luoghi simbolo per caricare e caricarsi, partono scongiuri, ballano richieste, qualcuno magari avanti con l’età stringe il santino di una vecchia gloria in mano e si mette a pregare. E stavolta sembra quasi convinto che... «dai, non ce n’è, il derby lo vinciamo noi!». Loro, quelli della sponda granata di Torino, storicamente ci tengono di più e se fi nisce male - mannaggia, accade troppo spesso - la colpa è di qualcun altro, o qualcos’altro. Magari di un tipo vestito di giallo, con il fischietto in bocca e l’auricolare in funzione, oppure degli aborriti poteri forti; qualcosa a cui attaccarsi c’è sempre. Gli altri, da anni caratterizzati come «quelli di Venaria» (sfottò che non off ende, semmai fa sorridere), vivono invece la settimana di Juve-Toro quasi in silenzio, perché sanno che lo squilibrio nei rapporti di forza è tutto sommato una verità storica, a parte rispettabilissime eccezioni.

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