Carnevali: "L’amico Allegri, il non-litigio con la Juve e la verità su Frattesi"

Da Berardi a Magnanelli, passando per Chiesa e Vlahovic: l’intervista all’ad del Sassuolo alla vigilia della sfida contro i bianconeri

TORINO - Giovanni Carnevali respira calcio, e frequenta il marketing dello sport declinato in varie realtà, dal 1985. Un percorso cominciato dai ruoli dirigenziali in Serie C che lo ha portato dal 2013, al Sassuolo dove l’allora patron Giorgio Squinzi lo individuò come colui che avrebbe dovuto avviare e stabilizzare il “progetto Sassuolo”.

Una missione che ha realizzato in maniera esemplare sia dal punto di vista sportivo (questa è l’undicesima stagione consecutiva in Serie A) sia dal punto di vista della “capitalizzazione” del club con l’acquisizione del Mapei Stadium a Reggio Emilia e la realizzazione del modernissimo centro d’allenamento “Mapei Football Center”. Una macchina il cui avviamento è stato certo possibile anche grazie ai capitali di una società solidissima, ma il cui viaggio è stato sospinto da una sapiente capacità di “player trading” vale a dire, l’attività di valorizzazione e vendita dei calciatori di cui il club emiliano è diventato specialista. Tanto da essere spesso protagonista nelle sessioni di mercato al fianco dei grandi club. Ovviamente, compravendite a parte, non sono mancati i “casi”, come quello che ha visto protagonista il “gioiello” Domenico Berardi al tramonto della sessione estiva del mercato: lui (e gli agenti) che si erano promessi alla Juventus, il Sassuolo invece contrario per la tempistica e le modalità.

Che, un poco, l’hanno indispettita, vero Carnevali? Ora ha fatto pace con la Juve?
«Ma io (sorride) non ho mai litigato con la Juve».

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Allora diciamo che c’è stata qualche incomprensione legata a quella trattativa…
«No, proprio perché non c’è mai stata una trattativa vera e propria ma solo un contatto. Perciò era impossibile litigare o non capirsi».
 
Mettiamola così: questa vicenda ha per lo meno incrinato la narrazione secondo cui il Sassuolo ha un rapporto privilegiato con la Juve.
«Una storia assurda: noi facciamo affari con tutti. Anzi, tra i top club la Juve è quella con cui operiamo meno. La verità è che noi lavoriamo con tutti i club, basta guardare le varie sessioni di mercato».
 
A proposito: come sta ora Berardi?
«Domenico sta pian piano recuperando la forma migliore. È inevitabile che abbia patito un momento iniziale di sbandamento di fronte a una situazione, come capita a tutti in questi casi, in cui c’è un grande club che ti corteggia. Poi ha anche sofferto un piccolo infortunio… Ma adesso lo vediamo bene e si comporta da quel che è: un campione in campo e fuori. E come sempre sarà il valore aggiunto per il Sassuolo. Un addio a gennaio? Non si può mai escludere nulla, ma deve arrivare una offerta molto importante, perché noi non abbiamo bisogno di vendere».

Mi consenta una provocazione: non sarebbe stato meglio cedere Berardi alla Juve e tenersi Magnanelli nello staff?
«(Fa una pausa, sorride...) Mettiamola così: Berardi ha un costo importante, Magnanelli ha un valore importante. Sono felice che un nostro ex giocatore, grazie al lavoro del club e di Dionisi, inizi subito il percorso da allenatore. E mi auguro che possa essere l’inizio di una grande carriera».

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La sua partenza, provocazioni a parte, ovviamente non c’entra con la vostra “crisetta” di inizio stagione: preoccupati?
«Sinceramente no: noi, bene o male, partiamo sempre con qualche difficoltà. È successo anche l’anno scorso. Vede, noi cambiamo sempre tanto, operiamo cessioni pesanti anche tecnicamente e ripartiamo dai giovani: inevitabilmente si soffre di più e serve più tempo per assimilare gli insegnamenti di Dionisi. Quest’anno, poi, abbiamo avuto anche un calendario complicato: serve pazienza, lo sappiamo, e siamo nel percorso adeguato».
 
Intanto si è svegliato Pinamonti, l’acquisto più oneroso (20 milioni) della vostra storia: perché un investimento del genere in controtendenza?
«Intanto perché è giovane, un ‘99, e un club che punta sugli italiani come il nostro crede nelle sue qualità. L’anno scorso ha sofferto un poco l’ambientamento, ma siamo convinti che questo sarà il suo anno e che sarà uno dei candidati per il ruolo di centravanti in Nazionale».
 
A Torino ritroverà Locatelli, ma mentre con voi giocava da mezzala, ora è un regista classico: cosa ne pensa?
«Tutto il bene possibile. Sono molto affezionato a Manuel sia a livello personale sia come giocatore. Ricorderò sempre il giorno del suo arrivo dal Milan: la fatica, l’investimento… Ci credevamo e avevamo ragione. Lui può ricoprire più ruoli in mezzo al campo perché ha talento, qualità e carattere. È uno dei migliori talenti del nostro calcio».

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E Spalletti gli ha consegnato le chiavi di una Nazionale a grande impronta neroverde: il segnale che il vostro lavoro funziona, oppure che i talenti italiani possono sbocciare solo in provincia e non nelle cosiddette big?
«Per prima cosa bisogna credere negli italiani con continuità e non in maniera estemporanea. Si possono ottener risultati e c’è la possibilità di farli crescere anche per un top club. Quanto alla Nazionale, per noi è una soddisfazione enorme: Acerbi, Berardi, Scamacca, Raspadori, Locatelli, Frattesi… Vuol dire che in questi 11 anni consecutivi di Serie A siamo riusciti a far crescere giocatori e uomini di qualità. Mi lasci dire che vedere Frattesi segnare due gol in azzurro a San Siro è stata un’emozione davvero grande». 
 
Il Sassuolo ha avuto Allegri in panchina...
«Alt: io l’ho conosciuto ben prima!»
 
Quando, scusi?
«Facevo il ds a Pavia, era il 1988: giocavano lui e Riky Massara. Tra noi c’è un rapporto ottimo, d’amicizia prima ancora che professionale».
 
Si aspettava che ripartisse così?
«Non avevo nessun dubbio sulla Juve: ha cambiato poco, ha recuperato giocatori che non erano al top, come Vlahovic e Chiesa, non ha impegni infrasettimanali e ha un allenatore bravissimo: per me è una candidata allo scudetto. La vera anti-Inter».
 

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Voi, intanto, avete rinforzato l’altra - l’Inter- con Frattesi: la Juve non è riuscita a prenderlo?
«Frattesi aveva l’ambizione di andare in un grande club ma non ha espresso preferenze. La Juve è stata una delle prime a interessarsi ma poi, per strategia o per altre scelte, non ha affondato il colpo. C’erano altri club, dall’Inter al Napoli che ci ha provato non poco, e il giocatore ha fatto la sua scelta».
 
Per finire allarghiamo un po’ lo sguardo al resto del calcio: in estate lei si è arrabbiato con la Figc perché non avete potuto iscrivere la seconda squadra...
«Arrabbiati… Diciamo dispiaciuti e arrabbiati in generale perché si continuano a rimandare occasioni di crescita per il nostro sistema».
 
Voi eravate pronti?
«Noi siamo pronti. In termini di strutture, organizzazione e organigramma, ma se poi ci rispondono che si può inserire solo una seconda squadra all’anno in organico, allora mi cascano le braccia. Perché vuol dire che si rimanda troppo la modernizzazione del nostro sistema ed è un peccato, perché così non si cresce. Mentre gli altri corrono...».
 
Torniamo all’attualità: domani, la Juve, con che spirito la affronterete?
«Sereno, ma non certo rassegnato. Gliel’ho spiegato: stiamo compiendo un percorso e siamo in crescita. Presto sbocceremo».

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TORINO - Giovanni Carnevali respira calcio, e frequenta il marketing dello sport declinato in varie realtà, dal 1985. Un percorso cominciato dai ruoli dirigenziali in Serie C che lo ha portato dal 2013, al Sassuolo dove l’allora patron Giorgio Squinzi lo individuò come colui che avrebbe dovuto avviare e stabilizzare il “progetto Sassuolo”.

Una missione che ha realizzato in maniera esemplare sia dal punto di vista sportivo (questa è l’undicesima stagione consecutiva in Serie A) sia dal punto di vista della “capitalizzazione” del club con l’acquisizione del Mapei Stadium a Reggio Emilia e la realizzazione del modernissimo centro d’allenamento “Mapei Football Center”. Una macchina il cui avviamento è stato certo possibile anche grazie ai capitali di una società solidissima, ma il cui viaggio è stato sospinto da una sapiente capacità di “player trading” vale a dire, l’attività di valorizzazione e vendita dei calciatori di cui il club emiliano è diventato specialista. Tanto da essere spesso protagonista nelle sessioni di mercato al fianco dei grandi club. Ovviamente, compravendite a parte, non sono mancati i “casi”, come quello che ha visto protagonista il “gioiello” Domenico Berardi al tramonto della sessione estiva del mercato: lui (e gli agenti) che si erano promessi alla Juventus, il Sassuolo invece contrario per la tempistica e le modalità.

Che, un poco, l’hanno indispettita, vero Carnevali? Ora ha fatto pace con la Juve?
«Ma io (sorride) non ho mai litigato con la Juve».

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