Juventus, i campioni bianconeri più amati dalla famiglia Agnelli

Edoardo, Gianni, Umberto, Andrea. Ogni Agnelli presidente della Juve ha avuto i suoi campioni preferiti, non sempre e non solo per la classe

Le vittorie, lo stile, la managerialità. Gli aspetti in cui la famiglia Agnelli ha plasmato la Juventus a propria immagine nel corso di un secolo di proprietà della società bianconera sono molteplici, ma tra tutti ce n’è uno particolare. Quasi intimo nell’essere legato alla parte più tifosa di ogni Agnelli che sia stato a capo della Juventus, un aspetto che ha a che fare con la ricerca dell’eccellenza e del successo ma anche con il piacere, la passione, il sentimento. Quell’aspetto sono i campioni della Juventus, i campioni degli Agnelli.

Acquistati per vincere, certo, ma anche per illuminare, stupire, esaltare, accendere, appassionare. I tifosi e per primi proprio loro, gli Agnelli, dal primo presidente bianconero Edoardo ai suoi figli Gianni e Umberto, l’Avvocato e il Dottore, fino al figlio di questi, Andrea. C’è sempre stato un legame speciale tra i grandi campioni che hanno vestito la maglia bianconera e la famiglia che in un secolo ha reso quella maglia ciò che è oggi. Un legame frutto spesso dell’ammirazione per il talento, ma non sempre.

Un legame a volte figlio della grinta, dell’attaccamento ai colori riscontrato in un giocatore, a volte figlio anche del fascino della ribellione. Un legame spesso nato ancora prima che il campione in questione giocasse nella Juventus e che anzi diventava motore primo del trasferimento in bianconero: acquisti a volte frutto solo ed esclusivamente della volontà di un Agnelli di vedere un calciatore particolarmente ammirato scendere in campo con la maglia bianconera.

È una galleria lunga, oltre che scintillante, quella dei campioni più amati dagli Agnelli, e meriterebbe un inserto a sé stante per raccoglierli tutti. Qui abbiamo provato, esercizio arbitriario, discutibile, ma affascinante, come sempre sono gli elenchi e le classifiche dei campioni, a citarne 15.

Ne sono rimasti fuori almeno altrettanti che avrebbero potuto essere nell’elenco, per non parlare delle posizioni della classifica: ma sarà un buono spunto per discutere tra amici e una bella scusa per ricordare le magie e le battaglie dei campioni che hanno fatto grande la Juve e le intuizioni degli uomini che li hanno voluti in bianconero.

15) Pietro Anastasi

È stato fortemente voluto dall’Avvocato, tanto da rappresentare uno dei colpi di mercato più famosi della storia della Juventus. Una Juventus a cui un Anastasi non ancora ventenne aveva segnato una tripletta con la maglia del Varese nel 1968, in un primo campionato di Serie A in cui stregò tutte le grandi. Lo aveva praticamente preso l’Inter, con cui stava giocando un’amichevole durante la quale un fotografo lo informò che il Varese lo aveva venduto alla Juve: Agnelli aveva convinto Borghi, patron del Varese e della Ignis, aggiungendo al prezzo una fornitura di motori per i frigoriferi.

 

14) Paolo Rossi

Paolo Rossi fu invece paragonato alla Gioconda di Leonardo da Giussy Farina, presidente del Vicenza che nel 1978, per risolvere a proprio favore la comproprietà dell’attaccante con la Juventus lo valutò 2 miliardi e 400 milioni, cifra che destò scandalo. Fortemente voluto dall’Avvocato, da Boniperti e Trapattoni, Rossi fu riacquistato dalla Juve nel 1981, nonostante fosse squalificato per il calcioscommesse. E allenandosi in bianconero preparò il trionfale Mondiale dell’82. «È il mio primo ricordo calcistico - ha raccontato Andrea Agnelli, che all’epoca aveva sei anni - Ricordo che andammo a Villar Perosa dove la Juve era in ritiro e mi fu chiesto accanto a chi volessi sedere a pranzo e dissi Paolo Rossi, l’eroe del Mondiale».

 

13) Roberto Baggio

La nostalgia di una bellezza che dal campo della Juventus era svanita con l’addio al calcio di Platini (e anche la la nostalgia della vittoria, che aveva fatto lo stesso) nel 1990 spinse l’Avvocato a comprare Roberto Baggio dalla Fiorentina. Un amore tormentato e all’inizio non ricambiato da Baggio, poi appassito in Agnelli che durante il Mondiale del 1994 paragonò il suo aspetto prima della partita con il Messico (e prima che il Divin Codino entrasse in forma e trascinasse l’Italia alla finale) a quello di «un coniglio bagnato». Un amore che però in precedenza aveva spinto l’Avvocato a paragonare Baggio a Raffaello.

 

12) Giorgio Chiellini

Giorgio Chiellini nel 2004 fu uno dei primi acquisti seguiti alla morte di Umberto Agnelli e poi pilastro della Juve di Andrea e suo amico. Perfetto esempio di stile Juve anche nella grinta feroce in campo e nell’educazione assoluta fuori.

 

11) Gianluigi Buffon

Legame tra la Juventus di Umberto Agnelli, con Bettega, Giraudo e Moggi al timone, e quella di Andrea è stato Gigi Buffon, erede di Zoff capace addirittura di superare il maestro. Ha fatto in tempo a vincere meritandosi gli applausi dell’Avvocato, oltre a quelli del Dottore, ed è poi diventato un pilastro delle vittorie della Juve di Andrea, di cui è amico vero. In mezzo, quando Gianni e Umberto già non c’erano più, la scelta che lo ha reso uno dei simboli bianconeri, quella di restare in Serie B nel pieno della carriera e quando era il miglior portiere del mondo oltre che campione del mondo.

 

10) Dino Zoff

Lo stile, si è detto nell’introdurre il gioco di questa classifica, è stato senza dubbio uno degli aspetti in cui la famiglia Agnelli ha plasmato la Juventus, tanto da far nascere il concetto vero e proprio di “Stile Juventus”. E non poteva che essere anche uno degli aspetti alla base del legame particolare con alcuni campioni. Dino Zoff, per esempio, di tanti aspetti di quello “Stile Juventus" è stato emblema perfetto: sobrietà, eleganza, carisma, signorilità, determinazione. Portiere bianconero degli anni Settanta e agli inizi degli Ottanta, ha difeso l’inizio della scalata bianconera all’Europa, conquistando la Coppa Uefa del 1977, il primo trofeo internazionale bianconero. «Avevo un rapporto stretto con l’Avvocato - ha raccontato di recente a Tuttosport - Parlavamo tanto di calcio, mi chiedeva degli stranieri, voleva informarsi costantemente». Come per Del Piero con Andrea Agnelli, anche nel suo caso però ci fu un addio non indolore, anche se non da calciatore ma da allenatore, nel 1990, dopo che aveva vinto Coppa Uefa e Coppa Italia con una squadra che di più certo non poteva fare: «Zoff, vogliamo cambiare le cose, svecchiare l’ambiente», ha raccontato che gli disse l’Avvocato. Era la rivoluzione targata Montezemolo e Maifredi. Ma fu un attrito che non scalfì certo il legame.

 

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9) Carlo Parola

Carlo Parola è riuscito a vincere anche da allenatore (Scudetto del 1975), dopo averlo fatto da giocatore. Passato dalla squadra della Fiata alle giovanili della Juve, esordì in prima squadra nel 1939 e nel 1947, quando Gianni Agnelli diventò presidente, ne era il leader e il difensore centrale (centromediano, per usare l’esatto termine dell’epoca). Così come nel 1949-50 e nel 1951-52 quando la Juve conquistò i primi due Scudetti con l’Avvocato come presidente. E proprio nel primo di quei due campionati Parola venne fotografato mentre eseguiva, per respingere un lancio avversario, la più celebre delle sue rovesciate, poi divenuta il simbolo delle figurine Panini.

 

8) Paolo Montero

Paolo Montero incarnava lo spirito guerriero che gli Agnelli hanno sempre apprezzato, abbinato però anche a un piede sinistro da grande regista difensivo. Per Andrea poi è stato l’idolo dell’adolescenza, per quella grinta - ma chiamiamola pure cattiveria, nel senso sportivo del termine - che lo ha fatto adorare da milioni di tifosi.

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7) Roberto Bettega

Il talento ha avuto un ruolo fondamentale nel far sbocciare un legame particolare tra la famiglia Agnelli e certi campioni della Juventus, ma non è stato l’unico fattore. Il carattere è stato quasi di pari importanza. Di certo entrambi si sono sposati in molti dei giocatori che hanno fatto la storia della Juventus. Come Roberto Bettega, che potremmo collocare al settimo posto di questa classifica: attaccante che ancora oggi sarebbe definito moderno, per la capacità di arretrare e partecipare al gioco, e al tempo stesso antico, per prestanza e cattiveria in area di rigore. Esempio di determinazione nel reagire a malattie e infortuni, come Boniperti, seppur in misura meno incisiva nella seconda veste, è stato stella in campo (nella Juve dell’Avvocato) e presidente (in quella che aveva il Dottore come nume tutelare) e vincente in entrambi i ruoli.

 

6) John Charles

Umberto Agnelli nel 1955 diventava il più giovane presidente della storia bianconera. E due anni dopo cominciava la ricostruzione della Juve col suo primo grande colpo, di poche settimane precedente quello di Sivori: l’acquisto di John Charles dal Leeds. Un acquisto che segna un epoca e la nascita di una delle Juventus più forti di sempre, un centravanti amatissimo per forza e lealtà.

 

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5) Raimundo Orsi

Il primo fuoriclasse della storia juventina. Avrebbe potuto anticiparlo l’ungherese Hirzer, acquistato da Edoardo Agnelli nel 1925 e idolo dell’Avvocato bambino: fece in tempo a vincere uno Scudetto e a segnare 50 gol in 43 partite, poi le restrizioni sugli stranieri lo costrinsero a tornare in Ungheria. Il regolamento vietava di schierare stranieri anche nel 1928, ma Edoardo rimase così stregato da Orsi nell’Argentina ai Giochi di Amsterdam, da acquistarlo lo stesso anche se la Juve poté schierarlo solo dal 1929. Diventò la stella dei cinque Scudetti di fila tra il 1931 e il 1935, facendo sognare l’Avvocato, e come oriundo conquistò anche il Mondiale con l’Italia nel 1934, l’anno di nascita di Umberto.

 

4) Alessandro Del Piero

Degli amori fanno parte anche gli attriti. Non ha fatto eccezione quello tra la famiglia Agnelli e Alessandro Del Piero, che mettiamo idealmente ai piedi del podio perché anche lui, come Platini, ha unito due generazioni, quella dell’Avvocato e del Dottore e quella di Andrea. E pazienza se proprio con Andrea c’è stato attrito, nel momento in cui l’allora presidente decise che la storia di Pinturicchio nella Juventus era giunta alla fine. Pinturicchio, già: pittore rinascimentale al quale Gianni Agnelli paragonò il giovane Del Piero. Paragone e stimolo, perché nato dal confronto con Roberto Baggio che l’Avvocato in precedenza aveva paragonato invece al ben più celebre Raffaello. Stimolo sicuramente raccolto da Del Piero, divenuto in quasi due decenni l’uomo dei record nella storia della Juventus, facendo esultare Gianni e Umberto e mettendo poi la firma anche sul primo Scudetto di Andrea da presidente.

 

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3) Giampiero Boniperti

Eleganza e rigore, lui uno dei primi acquisti dell’Avvocato che ne rimase subito affascinato dall’astuzia contadina: avevano convenuto che per ogni gol gli avrebbe regalato una mucca e lui ne sceglieva sempre una gravida. Ha forse acceso meno gli Agnelli di passione puramente tifosa come Sivori e Platini, ma ne ha goduto forse considerazione ancora maggiore fuori dal campo, tanto che a lui fu affidato l’incarico di ricostruire la Juventus negli anni Settanta da presidente, ruolo mantenuto fino al 1990 e poi ricoperto di nuovo dal 1991 al 1994, fino a diventare l’icona della juventinità.

 

2) Omar Sivori

Mai visto giocare da Andrea, al secondo posto mettiamo Omar Sivori, il più grande colpo di Umberto Agnelli da presidente, voluto con tale forza e passione tifosa da fargli dire «E io lo compro lo stesso!» ai dirigenti che gliene sconsigliavano l’acquisto perché troppo oneroso. Quanto all’Avvocato, il mix di talento abbagliante e di affascinante spirito ribelle dell’argentino lo stregò a tal punto da fargli coniare per lui forse la più geniale delle sue tante geniali definizioni: «Sivori è come un vizio: sai che fa male, ma non puoi farne a meno».

 

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1) Michel Platini

Come spiegato all'inizio di questa classifica, mettere in fila i campioni più amati dagli Agnelli non può essere altro che un gioco affascinante e impossibile, non fosse altro per il fatto che Edoardo e suo nipote Andrea non ne hanno visto neanche uno in comune. Partiamo da qui per assegnare la palma di più amato a Michel Platini, uno di quelli che hanno fatto sognare due generazioni: colpo di mercato e fuoriclasse prediletto di Gianni, ammirato da Umberto, idolo di un Andrea bambino. Due generazioni e tre esponenti della famiglia, ma è senza dubbio l’Avvocato l’Agnelli più legato a Platini, per il quale Le Roi, oltre a essere un campione di talento sublime, rappresentò quasi un alter ego sul campo per classe, eleganza, stile e ironia. «Nella Juve nessuno è mai stato al suo livello e se, come spero, un giorno qualcuno dovesse superarlo lo ammetteremo a malincuore», disse del francese, al quale regalò un pallone di Platino dopo che Michel, per i 70 anni, gli aveva donato uno dei suoi tre Palloni d’Oro.

 

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Le vittorie, lo stile, la managerialità. Gli aspetti in cui la famiglia Agnelli ha plasmato la Juventus a propria immagine nel corso di un secolo di proprietà della società bianconera sono molteplici, ma tra tutti ce n’è uno particolare. Quasi intimo nell’essere legato alla parte più tifosa di ogni Agnelli che sia stato a capo della Juventus, un aspetto che ha a che fare con la ricerca dell’eccellenza e del successo ma anche con il piacere, la passione, il sentimento. Quell’aspetto sono i campioni della Juventus, i campioni degli Agnelli.

Acquistati per vincere, certo, ma anche per illuminare, stupire, esaltare, accendere, appassionare. I tifosi e per primi proprio loro, gli Agnelli, dal primo presidente bianconero Edoardo ai suoi figli Gianni e Umberto, l’Avvocato e il Dottore, fino al figlio di questi, Andrea. C’è sempre stato un legame speciale tra i grandi campioni che hanno vestito la maglia bianconera e la famiglia che in un secolo ha reso quella maglia ciò che è oggi. Un legame frutto spesso dell’ammirazione per il talento, ma non sempre.

Un legame a volte figlio della grinta, dell’attaccamento ai colori riscontrato in un giocatore, a volte figlio anche del fascino della ribellione. Un legame spesso nato ancora prima che il campione in questione giocasse nella Juventus e che anzi diventava motore primo del trasferimento in bianconero: acquisti a volte frutto solo ed esclusivamente della volontà di un Agnelli di vedere un calciatore particolarmente ammirato scendere in campo con la maglia bianconera.

È una galleria lunga, oltre che scintillante, quella dei campioni più amati dagli Agnelli, e meriterebbe un inserto a sé stante per raccoglierli tutti. Qui abbiamo provato, esercizio arbitriario, discutibile, ma affascinante, come sempre sono gli elenchi e le classifiche dei campioni, a citarne 15.

Ne sono rimasti fuori almeno altrettanti che avrebbero potuto essere nell’elenco, per non parlare delle posizioni della classifica: ma sarà un buono spunto per discutere tra amici e una bella scusa per ricordare le magie e le battaglie dei campioni che hanno fatto grande la Juve e le intuizioni degli uomini che li hanno voluti in bianconero.

15) Pietro Anastasi

È stato fortemente voluto dall’Avvocato, tanto da rappresentare uno dei colpi di mercato più famosi della storia della Juventus. Una Juventus a cui un Anastasi non ancora ventenne aveva segnato una tripletta con la maglia del Varese nel 1968, in un primo campionato di Serie A in cui stregò tutte le grandi. Lo aveva praticamente preso l’Inter, con cui stava giocando un’amichevole durante la quale un fotografo lo informò che il Varese lo aveva venduto alla Juve: Agnelli aveva convinto Borghi, patron del Varese e della Ignis, aggiungendo al prezzo una fornitura di motori per i frigoriferi.

 

14) Paolo Rossi

Paolo Rossi fu invece paragonato alla Gioconda di Leonardo da Giussy Farina, presidente del Vicenza che nel 1978, per risolvere a proprio favore la comproprietà dell’attaccante con la Juventus lo valutò 2 miliardi e 400 milioni, cifra che destò scandalo. Fortemente voluto dall’Avvocato, da Boniperti e Trapattoni, Rossi fu riacquistato dalla Juve nel 1981, nonostante fosse squalificato per il calcioscommesse. E allenandosi in bianconero preparò il trionfale Mondiale dell’82. «È il mio primo ricordo calcistico - ha raccontato Andrea Agnelli, che all’epoca aveva sei anni - Ricordo che andammo a Villar Perosa dove la Juve era in ritiro e mi fu chiesto accanto a chi volessi sedere a pranzo e dissi Paolo Rossi, l’eroe del Mondiale».

 

13) Roberto Baggio

La nostalgia di una bellezza che dal campo della Juventus era svanita con l’addio al calcio di Platini (e anche la la nostalgia della vittoria, che aveva fatto lo stesso) nel 1990 spinse l’Avvocato a comprare Roberto Baggio dalla Fiorentina. Un amore tormentato e all’inizio non ricambiato da Baggio, poi appassito in Agnelli che durante il Mondiale del 1994 paragonò il suo aspetto prima della partita con il Messico (e prima che il Divin Codino entrasse in forma e trascinasse l’Italia alla finale) a quello di «un coniglio bagnato». Un amore che però in precedenza aveva spinto l’Avvocato a paragonare Baggio a Raffaello.

 

12) Giorgio Chiellini

Giorgio Chiellini nel 2004 fu uno dei primi acquisti seguiti alla morte di Umberto Agnelli e poi pilastro della Juve di Andrea e suo amico. Perfetto esempio di stile Juve anche nella grinta feroce in campo e nell’educazione assoluta fuori.

 

11) Gianluigi Buffon

Legame tra la Juventus di Umberto Agnelli, con Bettega, Giraudo e Moggi al timone, e quella di Andrea è stato Gigi Buffon, erede di Zoff capace addirittura di superare il maestro. Ha fatto in tempo a vincere meritandosi gli applausi dell’Avvocato, oltre a quelli del Dottore, ed è poi diventato un pilastro delle vittorie della Juve di Andrea, di cui è amico vero. In mezzo, quando Gianni e Umberto già non c’erano più, la scelta che lo ha reso uno dei simboli bianconeri, quella di restare in Serie B nel pieno della carriera e quando era il miglior portiere del mondo oltre che campione del mondo.

 

10) Dino Zoff

Lo stile, si è detto nell’introdurre il gioco di questa classifica, è stato senza dubbio uno degli aspetti in cui la famiglia Agnelli ha plasmato la Juventus, tanto da far nascere il concetto vero e proprio di “Stile Juventus”. E non poteva che essere anche uno degli aspetti alla base del legame particolare con alcuni campioni. Dino Zoff, per esempio, di tanti aspetti di quello “Stile Juventus" è stato emblema perfetto: sobrietà, eleganza, carisma, signorilità, determinazione. Portiere bianconero degli anni Settanta e agli inizi degli Ottanta, ha difeso l’inizio della scalata bianconera all’Europa, conquistando la Coppa Uefa del 1977, il primo trofeo internazionale bianconero. «Avevo un rapporto stretto con l’Avvocato - ha raccontato di recente a Tuttosport - Parlavamo tanto di calcio, mi chiedeva degli stranieri, voleva informarsi costantemente». Come per Del Piero con Andrea Agnelli, anche nel suo caso però ci fu un addio non indolore, anche se non da calciatore ma da allenatore, nel 1990, dopo che aveva vinto Coppa Uefa e Coppa Italia con una squadra che di più certo non poteva fare: «Zoff, vogliamo cambiare le cose, svecchiare l’ambiente», ha raccontato che gli disse l’Avvocato. Era la rivoluzione targata Montezemolo e Maifredi. Ma fu un attrito che non scalfì certo il legame.

 

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