Grande tra le piccole: l'Udinese è un modello

Una città che non mette pressione e una proprietà attenta
Grande tra le piccole: l'Udinese è un modello© ANSA

TORINO - A vent’anni Massimo Mauro lascia Catanzaro - dove è nato, è cresciuto, ha cominciato a tirare calci a un pallone - e va a Udine, suo esatto opposto. E... «E trovo il posto migliore per crescere - racconta uno dei volti storici di Sky -, in maniera non rapida e veloce come pretendono oggi. Ero un ragazzo del sud, prima di essere fagocitato dal grande calcio dovevo dimostrare per un paio di anni di essere adeguato a certi livelli. Udine era il posto perfetto: gente bellissima, una squadra in un momento di grande crescita, il boom economico». La squadra innanzitutto: «Grandi come Causio e Surjak, Virdis - altra personalità bellissima - e, quando si è fatto male, l’ha sostituito per sei mesi Pulici: come calciatore magari era agli sgoccioli, ma era uno spettacolo dal punto di vista umano. Poi il gruppo degli italiani, giovani: io, Gerolin, Miano, Tesser. Mi ricordo Cesare Cattaneo, uno stopper rude dal grande cuore».

Udinese, trent'anni con i Pozzo

E i soldi hanno portato giocatori impensabili per Udine come Edinho e, soprattutto, Zico: «Io non sono stato uno “studioso” del calcio, ma rubavo qualcosa a tutti, sempre attento ai rapporti umani. Figurarsi avere al proprio fianco dei mostri così. Zico è stata un’operazione finanziaria un po’ ai limiti di quel grande dirigente che era Franco Dal Cin, un direttore generale che aveva idee all’avanguardia per quegli anni. In panchina c’era poi Enzo Ferrari, un altro un passo più avanti di tutti: per schemi e gestione psicologica del gruppo. Se poi si pensa che l’allenatore della Primavera era Galeone, si può capire cosa fosse il calcio a Udine in quegli anni».

Il Friuli tra i pali

Con i Pozzo è arrivata l’internazionalizzazione. Proprietari dell’Udinese e del Watford, un passaggio in Liga con il Granada: «Una scelta che ho sempre ammirato molto, si sono aperti al libero mercato. I Pozzo sono stati straordinari nell’inventarsi un modello vincente nella gestione delle società. Sono tra i pochi in attivo nel calcio e, soprattutto, ottengono risultati sportivi. L’unico appunto è che oggi, che sono un po’ più anziano, non riconosco più i giocatori dell’Udinese: dopo che ha smesso Di Natale diventa difficile legare un nome a un volto... Ma non è colpa loro se i calciatori ruotano in una maniera così veloce. Oggi è tutto diverso». Soprattutto vanno quasi esclusivamente sugli stranieri: «Chi viene da fuori costa molto meno rispetto a un giovane italiano. Bisognerebbe calmierare il mercato interno, è la realtà che ti obbliga ad andare all’estero. Ma, ripeto, è una città dove si può lavorare con serenità, senza tensione. Ti puoi esprimere. Udine è un foglio bianco da riempire». E questa strada dove può condurre in campionato? «Vicino alle grandi, se le cose ti girano bene, oppure stare il più in alto possibile nella parte destra della classifica. Oggi è diventato difficile stare al passo con le sei, sette big».

Sky Sport

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