Intervista a Nargiso: “Sinner e Alcaraz sono alla pari”

L’ex campione ora commenta per Supertennis tv lo Slam in chiaro

Campione, poi specializzatosi in doppio. Protagonista di semifinali e finale di Coppa Davis . Allenatore e commentatore tv del suo amato tennis, Diego Nargiso è a New York per Supertennis Tv e ci presenta gli Us Open, primo Slam in chiaro dopo oltre un trentennio.

Nargiso, partiamo dagli Us Open in chiaro su Supertennis.
«Un’opportunità unica ed emozionante. Da 35 anni non c’era uno Slam in chiaro. Il tennis entrerà nelle case di tutti, non più attraverso il lavoro eccezionale delle pay tv, che hanno dato continuità. Il regalo del presidente Fit Binaghi, farà innamorare ancor più la nazione del nostro sport e avrà ricaduta anche sui praticanti».
 
Tutti aspettano, nel mondo e non solo in Italia il quarto Alcaraz-Sinner. Jannik dice che la pressione è positiva e fa parte di lui. Ma non ha avuto un buon sorteggio.
«Io dico che meglio incontrare prima i più forti. E poi Sinner si è guadagnato la possibilità di non incontrare uno di classifica migliore prima dei quarti. Ovvio, di peggio c’era forse solo Djokovic. Alcaraz ora è lo spauracchio di tutti, sembra abbia una soluzione a qualsiasi, però arriva da una buona estate, non eccezionale. Ha mancato il confronto con Sinner a Cinncinnati. Se arrivano entrambi ai quarti, sarà una partita 50-50. Jannik vale tutti i big. Va per vincere».

Jannik continua a lavorare su un servizio perfettibile.
«Se ne parla perché sta cambiando tanto le gambe, è visibilissimo. Poi a 22 anni è un giocatore in continua evoluzione. Io vedo già benefici. Ora è più vario, riesce ad avere più velocità. Non è ancora efficace come dovrebbe, non subirebbe altrimenti così tanti break. Non è ancora continuo. Però credo che Cahill, ex gran servitore, stia andando verso la giusta direzione: trovare molta più varietà, piuttosto che potenza. Il gioco a rete? Ha bisogno di tempo, non è così naturale per lui, ha bisogno di tempo. Deve continuare a crederci, a lavorare e soprattutto ha bisogno di provare e sbagliare. La rete è una bestia strana, sembra facile colpire, ma ti muovi verso la palla che arriva veloce».

Previsioni per Musetti, Berrettini?
«Mi aspetto sempre cose molto buone perché i ragazzi hanno dimostrato nel tempo di essere i oramai pronti a vincere ogni volta che vanno in campo. Lorenzo Musetti è più vicino ai 10, è un 2002 e sarà sicuramente top ten. Deve solo trovare continuità e serenità. Quando sei nei 20 sei già un campione, ma non deve farsi prendere dall’ansia da prestazione, dalla voglia di arrivare dove tutti lo aspettiamo e pur e lui se l’aspetta. Quest’ansia lo fa rallentare un po’. Poi a me piace tanto Sonego: ogni volta che c’è da lottare lui emerge, è difficilissimo da battere .Il suo atteggiamento è d’esempio per i giovani. E Matteo Berrettini deve solo ritrovare se stesso e la sua condizione atletica. Può riesplodere in qualsiasi momento e se ritrova il miglior tennis, diventa ingiocabile. Contro rivali non top 20, Matteo non perde se gioca bene. Non guardi il tabellone. Eppoi quando si arriva ai quarti, dipende dalle situazioni, dal momento».

Si aspettava così presto Arnaldi?
«Matteo è il rappresentante dei tanti ragazzi vicinissimi ai top 100, che sanno giocare davvero bene. Per citarne alcuni: Gigante, Darderi, Nardi, Cobolli, ne abbiamo un sacco che giocano bene, Matteo fin da piccolo era difficilissimo da battere ha grande fiducia in se stesso, è molto consapevole e maturo, regala poco, sa offendere e difendere. In più sta sviluppando con il coach petrone, mio ex allievo, tutto il gioco per fare male, servizio, rete, dritto».
 
Se nel maschile i favoriti sono evidenti, il tabellone femminile, con Swiatek in crisi, è aperto.
«C’è Gauff in grande crescita che comincia a vincere, c’è Jabeur, se sta bene. Vondrousova e Rybakina sono molto forti, poi la solita Sabalenka, Ma è molto aperto e del resto Swiatek sembrava un macchina, doveva calare, non un colpo definitivo. Io spero in un grande torneo delle italiane, Paolini mi piace molto, Giorgi può ave un lampo all’improvviso, Cocciaretto ha grande continuità, Trevisan si esalta negli slam».

Lei ha scelto di insegnare, anziché allenare.
«Ho deciso in gennaio di occuparmi molto dello sviluppo della mia Academy sul lago di Como, per essere centrale rispetto a Milano e all’Europa. Alla fine ci saranno 5 campi, con palestra, club house, camere per i ragazzi. Ho scelto di non allenare un solo giocatore, anche se me lo hanno chiesto per ultimi Ferrari e Arnaboldi. Mi stimola di più la formazione, mi sono scoperto più educatore. Per circa 60 ragazzi, da tutto il mondo».
 
Che ne pensa delle tante parole tra le giovani stelle e i coach in partita? Ce ne accorgiamo di più solo per microfoni e riprese?
«Ci sono due scuole di pensiero. Dipende dal giocatore. Partiamo dal presupposto che il lavoro dell’allenatore deve rendere indipendente il ragazzo. C’è chi lo è molto e chi ha bisogno di rafforzare le certezze. Il rapporto con l’allenatore è quotidiano, diventa viscerale, quasi un cordone ombelicale. Uno sguardo, una parola, un suggerimento tranquillizzano. Oggi le riprese e i microfoni esaltano i momenti. Ma questo rapporto c’è da metà Anni 80, dall’arrivo dei coach. E ogni giocatore in futuro ne avrà di più, specializzati su difesa, attacco, servizio».

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