Sweet Sinner alle Nitto ATP Finals: mai visto così radioso ed emozionato

La partita contro Tsitsipas si è rivelata una sorta di allenamento... a Djokovic, regalando più brividi e calore all’inizio e alla fine, nell’interazione con il pubblico, che non durante. Jannik ha imparato gestire la sua superiorità come i solo grandi sanno fare
Sweet Sinner alle Nitto ATP Finals: mai visto così radioso ed emozionato© LaPresse

Ok, dopo l’ottimo e proficuo allenamento odierno, contro lo sparring partner Tsitsipas, Jannik Sinner è pronto a debuttare nelle ATP Finals martedì, da vedere se contro Rune o al cospetto di sua maestà Djokovic. È una battuta, chiaro, ma fino a un certo punto. E comunque sempre meno battuta di quelle con cui fin dal primo turno di servizio ha annichilito il greco, il quale a tratti sembrava avere ancora addosso il poncho calzato durante le passerelle mediatiche dei giorni scorsi, tale e tanta era la differenza di agilità operativa tra lui e Jannik, quasi condizionato dalla propria superiorità da prendersi – una volta ottenuto il break che spezzava l’equilibrio nel punteggio (al 5° gioco nel primo set, addirittura al 1° nel secondo) qualche game di siesta con sombrero in testa nei turni di risposta, sicuro che il suo dirimpettaio non sarebbe mai riuscito a riprendersi il maltolto.

La verità è che, al netto di un risultato (6-4 6-4 in meno di un’ora e mezza) fin troppo gratificante per lo sconfitto, non c’è mai stata partita. E di questo sono sembrati consapevoli fin dall’inizio i due contendenti, attraverso il cosiddetto linguaggio del corpo; ma soprattutto lo ha dimostrato il pubblico, ben più caloroso e rumoroso all’inizio e alla fine che non durante. I veri momenti di Sinner-show si sono avuti infatti all’ingresso in campo, quando sugli spalti del Pala Alpitour parevano esserci tredicimila carota boys e non compassati torinesi misti a composti stranieri, e durante la standing ovation post game, set, match allorché sul volto del ragazzo altoatesino è comparso un sorriso radioso mai visto, corredato da parole semplici però di profonda, forse inedita emozione per tanto affetto. “Sono qui per giocare bene e vincere, certo, ma soprattutto per godermi momenti come quelli che da giorni mi state regalando”. Non erano parole di circostanza, la forza di questo amore popolare si avvertiva palpabile già prima che partisse un corale, assordante “olé olé olé aléééé, Janniiiiik Sinneeeer”.


 

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Sinner alieno per Tsitsipas

Per carità, il problema al gomito destro Tsitsipas lo ha avuto, e di sicuro non lo ha aiutato a costruirsi un piano di resistenza umana a questo Sinner per lui alieno. Ma se hai davvero male lì non fai degli ace a 215 orari, né spari certe bordate di dritto, alla resa dei conti più incisivo di un rovescio sul quale troppi, forse lui per primo, favoleggiano a sproposito. Neppure è verosimile che il piccolo acciacco – che già nel brillante allenamento della mattina non aveva lasciato tracce visibili - possa averlo condizionato più di tanto negli scambi prolungati, praticamente tutti appannaggio di Sinner, inesorabile nel prendere il sopravvento accelerazione su accelerazione, angolo su angolo e abile a ribaltare l’inerzia di punti avviati in difesa con improvvisi schiocchi di rovescio. Ora come ora, tra Stefanos e Jannik, più che due posizioni di differenza nel ranking mondiale sembrano esserci due categorie di differenza. E permane forte la convinzione che il nostro avrebbe vinto questa partita anche contro uno Tsitsi apparentemente meno dimesso.

Semmai conforta assai il fatto che Sinner non abbia mai dovuto elevare più di tanto la velocità di crociera, al di là dei picchi per chiudere i punti spartiacque: significa non solo che è in possesso di una riserva che sarà sicuramente necessaria nel prosieguo del torneo, ma che passo dopo passo ha raggiunto quello status di “gestione e controllo della partita” che soltanto i grandi maturano. Quelli che non corrono rischi inutili tanto per cercare il colpo a effetto, quelli che salvaguardano le energie psicofisiche viaggiando un 20 per cento al di sotto del loro top quando non è necessario esprimersi al massimo del potenziale, quelli che pensano all’oggi ma hanno già la capa al domani. In questo caso è rossa.

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Ok, dopo l’ottimo e proficuo allenamento odierno, contro lo sparring partner Tsitsipas, Jannik Sinner è pronto a debuttare nelle ATP Finals martedì, da vedere se contro Rune o al cospetto di sua maestà Djokovic. È una battuta, chiaro, ma fino a un certo punto. E comunque sempre meno battuta di quelle con cui fin dal primo turno di servizio ha annichilito il greco, il quale a tratti sembrava avere ancora addosso il poncho calzato durante le passerelle mediatiche dei giorni scorsi, tale e tanta era la differenza di agilità operativa tra lui e Jannik, quasi condizionato dalla propria superiorità da prendersi – una volta ottenuto il break che spezzava l’equilibrio nel punteggio (al 5° gioco nel primo set, addirittura al 1° nel secondo) qualche game di siesta con sombrero in testa nei turni di risposta, sicuro che il suo dirimpettaio non sarebbe mai riuscito a riprendersi il maltolto.

La verità è che, al netto di un risultato (6-4 6-4 in meno di un’ora e mezza) fin troppo gratificante per lo sconfitto, non c’è mai stata partita. E di questo sono sembrati consapevoli fin dall’inizio i due contendenti, attraverso il cosiddetto linguaggio del corpo; ma soprattutto lo ha dimostrato il pubblico, ben più caloroso e rumoroso all’inizio e alla fine che non durante. I veri momenti di Sinner-show si sono avuti infatti all’ingresso in campo, quando sugli spalti del Pala Alpitour parevano esserci tredicimila carota boys e non compassati torinesi misti a composti stranieri, e durante la standing ovation post game, set, match allorché sul volto del ragazzo altoatesino è comparso un sorriso radioso mai visto, corredato da parole semplici però di profonda, forse inedita emozione per tanto affetto. “Sono qui per giocare bene e vincere, certo, ma soprattutto per godermi momenti come quelli che da giorni mi state regalando”. Non erano parole di circostanza, la forza di questo amore popolare si avvertiva palpabile già prima che partisse un corale, assordante “olé olé olé aléééé, Janniiiiik Sinneeeer”.


 

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