Martinelli: "Roglic ha capito, è ora di andare via"

Intervista all'ex ciclista e dirigente sportivo sul futuro della Jumbo-Visma: "Lo sloveno aspetterà una decina di giorni poi faraà la sua mossa"
Martinelli: "Roglic ha capito, è ora di andare via"© /Agenzia Aldo Liverani Sas

Il mondo a colori, soprattutto il giallo e il nero. Con il tris sul podio conclusivo della Vuelta la Jumbo-Visma ha chiuso un 2023 irripetibile, con la vittoria di tutti e tre i Grandi Giri della stagione.

Qualcosa di mai visto. E se pure un vero e proprio direttore d’orchestra di campioni, come Giuseppe Martinelli, batte le mani significa che l’impresa è destinata a far da spartiacque nel mondo del ciclismo. Con possibili conseguenze per tutto il gruppo delle due ruote. «La loro tripletta in Spagna è stata incredibile. Diciamo che si sono trovati in questa situazione con Kuss in maglia rossa a una distanza ragguardevole senza che lo avessero calcolato. O meglio, forse avevano calcolato che Kuss si sarebbe staccato da Roglic e Vingegaard nella seconda o nella terza settimana. Tutti alla fine apparivano felici e contenti, forse qualcuno in squadra un po’ meno».

Se Giuseppe Martinelli fosse stato il ds della Jumbo-Visma cosa avrebbe fatto?
«Difficile dirlo da lontano. Qualcosa è successo quando Kuss dalla fuga è andato ad un passo dalla maglia rossa. Hanno elaborato un piano che poi è saltato. Credo neppure Roglic e Vingegaard si sarebbero aspettati di vederlo sempre insieme a loro in ogni salita, poi si sono trovati in difficoltà nell’attaccarlo».

Qual è il loro segreto?
«È nella loro superiorità, io la chiamo la regola del campione. Se hai un campione, la squadra cambia. È tutta un’altra cosa. E loro ne avevano due in squadra. Io posso citarti in tempi recenti Nibali, Fuglsang, Scarponi. Che siano capitani o gregari, in un Giro la mattina sul pullman sapevano già cosa avrebbero dovuto fare».
 
A livello di dichiarazioni e di linguaggio del corpo la sensazione è che Roglic avrebbe voluto giocarsi fino in fondo le sue carte.
«Per me Roglic può cambiare squadra. Magari fa passare una decina di giorni dalla fine della Vuelta e poi fa quello che – per me – dovrebbe fare. A 34 anni quando gli ricapita l’occasione di fare doppietta di Grandi Giri nella stessa stagione? A Vingegaard magari sì, anche se essendo il capitano designato al Tour può anche accontentarsi, tra virgolette, della Grande Boucle».

Dove potrebbe andare Roglic?
«Penso alla Lidl-Trek, che ha già fatto un mercato aggressivo e ha un budget praticamente illimitato (“Siamo interessati” ha confermato il gm Guercilena a Marca, ndr). Penso soprattutto alla Ineos dopo un anno molto difficile per loro nelle grandi corse a tappe. Hanno l’obbligo di competere con la Jumbo-Visma e per me, se Roglic si liberasse, non possono non prendere in considerazione un profilo come quello dello sloveno».
 
Della Vuelta di Evenepoel che opinione ha?
«Remco è un fenomeno. Per me è il più forte corridore del panorama mondiale. Compete su tutti i fronti, ha il “motore” migliore di tutti. Per me deve solo regolare la “centralina” mentale. Prendere 27 minuti sul Tourmalet non è questione di gamba non al top o di problema di alimentazione, è proprio un momento di tilt. E quando ti capita in una situazione del genere lo paghi caro».
 
Un ciclismo dove una squadra cannibalizza tutti i Grandi Giri è appetibile per sponsor e pubblico?
«Credo che il ciclismo non sia mai stato così appetibile come in questo momento, soprattutto all’estero. Il movimento nelle altre nazioni è in salute. E questo grazie anche a quei 6-7 campioni da Pogacar a Van der Poel, da Van Aert a Vingegaard, che tutti vogliono andare a vedere. In Italia la situazione, a livello di atleti, non è messa così male ma ci manca una grande squadra per capitalizzare quello che riusciamo a produrre a livello di talento».

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