Caro Chiellini, no alla Superlega

Caro Chiellini, no alla Superlega© www.imagephotoagency.it

Parlando più in qualità di vicepresidente in pectore della Juve che di capitano della Juve e della Nazionale campione d’Europa, Giorgio Chiellini si è pubblicamente schierato a favore della Superlega. Com’è noto, trattasi del campionato riservato ai soli club ricconi e indebitati del calcio europeo, nato nella notte fra il 19 e il 20 aprile scorso, abortito nel volgere di quarantotto ore, schiacciato sotto il peso della rivolta dei tifosi, a cominciare dai meravigliosi fan inglesi che hanno costretto alla ritirata Liverpool, United, City, Chelsea, Arsenal e Tottenham. Da dodici che erano, i club fondatori sono rimasti in tre: Juve, Real e Barcellona. Riecheggiando le tesi del suo presidente, Andrea Agnelli, Chiellini dixit: «Siamo a un punto di non ritorno; istituzioni, club e giocatori devono incontrarsi per riformare il calendario, creare nuove competizioni e dare slancio a questo sport che resta il più bello del mondo, ma è migliorabile. Il calcio mondiale va verso un’europeizzazione rispetto al campionato nazionale. Gli atleti del nostro livello e i tifosi vogliono vedere più partite europee, con tutto il rispetto di alcune squadre del campionato italiano che sono troppe. Dovrebbero essere diciotto, si potrebbe tornare anche a sedici, ma diciotto è il numero giusto per aumentare la competitività». Già che c’era, Chiellini ha soggiunto: «Noi romantici vorremmo l’abolizione del Var, la cancellazione del fuorigioco e il ritorno del passaggio indietro al portiere». Nutriamo una profonda stima per uno dei più forti difensori del mondo che conta 114 presenze e 8 presenze in Nazionale, è stato un pilastro dell’impresa di Wembley; vanta 544 presenze e 36 gol nella Juve, con la quale ha vinto 9 scudetti consecutivi, 5 Coppe Italia e 5 Supercoppe di Lega. Da grande, Chiellini diventerà sicuramente uno dei massimi dirigenti bianconeri. Nel frattempo, dissentiamo dalle sue tesi, a cominciare dalla Superlega che calpesta la meritocrazia sportiva, deprime la competitività, manca di rispetto ai club virtuosi, piccoli, medi o grandi che siano, hanno i conti in regola, pagano regolarmente gli stipendi e si guadagnano sul campo la partecipazione alle coppe continentali.

Siamo perfettamente d’accordo sul fatto che i tifosi vogliano vedere più partite europee, preferibilmente di Champions League: soprattutto, i fan bianconeri. Essi agognano il Trofeo dal ‘96: alla luce della splendida partenza della squadra di Allegri nell’edizione in corso, auspicano che questa sia la volta buona. Augurandosi di partecipare anche alla prossima edizione considerato che, se il campionato finisse oggi, la Juve non andrebbe in Champions League. Eppure, c’è tutto il tempo per risalire in classifica. Ancora: stupisce che un grande campione del calibro di Chiellini, copertosi di gloria sul campo, invochi un supertorneo al quale essere ammessi in virtù del censo; del palmarès, non importa se riluccicante o polveroso; per giunta, riservandosi gli organizzatori il diritto di invitare cinque altri club a loro piacimento. Nel dettaglio, il progetto nato morto prevedeva la partecipazione di venti squadre europee, delle quali quindici sempre partecipanti di diritto in quanto definite “migliori”, anche se una coppa europea non la vincono da decenni o l’hanno solo accarezzata. Le altre cinque, invece, sarebbero scaturite di volta in volta da un meccanismo di qualificazione tutto da definire. La Superlega prevedeva un massimo di 23 partite in caso di approdo alla finale, con 18 incontri garantiti rispetto alla Champions nella quale ogni squadra gioca al massimo 13 gare, di cui 6 sicure. Con un campionato a 20 squadre, sarebbe necessario individuare 22 turni infrasettimanali rispetto ai 12 attuali. Si capisce perché Chiellini abbia chiesto la riduzione del nostro massimo torneo a 18 se non addirittura a 16 partecipanti. Intanto, Infantino non ha ancora spedito nel dimenticatoio il suo progetto di Mondiale ogni due anni, mentre continua a salire il tasso d’infortuni dei calciatori, già ora costretti a giocare troppo fra club e nazionali. Figuratevi con la Superlega.

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