Gigio è diventato subito grande, con quel “Dollarumma” e la contestazione in Under 21...
«Brutto episodio: ci si giocava un Europeo e i pochi tifosi andati lì in Polonia fecero quel gesto. Gianluigi l’ha subita, nonostante Di Biagio fece di tutto per tenerlo in una bolla. Ma il discorso che voglio fare è un altro e molti, visti i fischi che Donnarumma ha preso anche a San Siro in Italia-Ucraina, non vogliono ancora capirlo. Noi siamo entrati al Milan con Berlusconi e Galliani, con cui aveva firmato il primo contratto. Poi è arrivato Yonghong-Li che a Mino non è mai piaciuto. Lui è sempre stato attento alla situazione societaria che circondava i suoi assistiti per tutelarli: Pavel Nedved, per esempio, lo portò dalla Lazio alla Juve quando capì che Cragnotti avrebbe avuto dei problemi. Allo stesso modo, Mino aveva moltissimi dubbi sul Milan cinese e mi sembra che il tempo gli abbia dato ragione. Noi però abbiamo comunque rinnovato il contratto nonostante i 4-5 più grandi club al mondo volessero Donnarumma in modo davvero insistente offrendogli, tra l’altro, tantissimi soldi in più. E sa perché? Perché Gianluigi non ha voluto lasciare la squadra che lo aveva cresciuto. Però ha chiesto che il Milan avesse ambizione. Purtroppo i risultati scarseggiavano, c’erano casini e siamo arrivati alla fine della storia».
Racconti.
«Dopo l’arrivo del fondo Elliott l’input era quello di sistemare le casse societarie, ma, nonostante tutto, abbiamo avuto tanti appuntamenti per parlare del rinnovo. E l’unica cosa che Mino ha sempre messo in chiaro è stata questa: “Il ragazzo a zero non ve lo porteremo mai via, ma vorrebbe che il Milan centrasse la qualificazione in Champions”. Noi siamo andati più volte a Casa Milan e loro sono venuti una volta a Montecarlo e i rapporti erano tranquilli. Almeno fino a quello che è successo a Genova...».