Mourinho, restano solo gli arabi. Triste, solitario y final

A Madrid piantò in asso Moratti. E dopo? Soltanto esoneri. Con Martinez ct, porte chiuse fino al Mondiale per il Portogallo

Un tempo le squadre le lasciava. Sedotte e abbandonate. È accaduto al Porto e all’Inter, sempre dopo aver alzato al cielo la Champions, perché il suo smisurato ego lo portava ad avvicinarsi sempre più al sole (il Chelsea di Abramovich e il Real Madrid di Florentino Perez). Oggi José Mourinho viene cacciato, come capita ai comuni mortali se di professione fanno gli allenatori. A lui è capitato con gli ultimi cinque datori di lavoro. Peggio che a Roma gli era andata al Tottenham, quando era stato sollevato dall’incarico addirittura a due giorni dalla finale di FA Cup.

Che sia stata più o meno soffice la caduta, dopo che ha piantato in asso Massimo Moratti a Madrid, Mourinho è sempre stato licenziato. Legge del contrappasso, si chiama. Ma pure indizio di come il portoghese - che resta uno straordinario pifferaio per i tifosi - abbia ormai perso il tocco magico. Il primo Mourinho, quello dell’Inter, dopo la finale di Europa League persa a Budapest con il Siviglia se ne sarebbe andato, alimentando il mito della “Coppa rubata” per il rigore non concesso nel finale dall’arbitro Taylor (Fernando con il braccio sul cross di Spinazzola). D’altronde gli interisti li aveva conquistati con il “gesto delle manette”, con il monologo della “prostituzione intellettuale” e con un modo di comunicare rivoluzionario per l’epoca. A Roma, invece, l’effetto è risultato quello del disco rotto.

"Te volemo bene mister"

Secondo i bene informati, i Friedkin per la prima volta avevano pensato di esonerare il portoghese proprio dopo la finale di Europa League, visti i rapporti freddissimi tra le parti, ma Tiago Pinto sarebbe riuscito a mediare, come accaduto anche dopo il ko 4-1 col Genoa. Risultati e un gioco sconfortanti che però non hanno intaccato il feeling instauratosi tra Mourinho e la tifoseria giallorossa: "Te volemo bene mister", gli urlavano ieri - implorando un’ultima foto - all’uscita da Trigoria. Lui triste, solitario y final, con volto contrito e occhi lucidi. A colpire, oltre all’empatia che si era creata con i romanisti (con l’Olimpico perennemente esaurito), l’inversione a U del portoghese nelle ultime settimane: mai il vero Mourinho avrebbe “mendicato” un rinnovo di contratto dichiarandosi disposto a ripartire dal progetto giovani (ai tempi obbligò Moratti - che non era per nulla convinto dei costi dell’operazione, a prendere Quaresma, “il Trivela” e fece l’inferno per i mancati arrivi di Deco e Carvalho). Il tutto senza dimenticare come a Roma maneggiasse il terzo monte ingaggi della Serie A, non un organico da provinciale, e che gli infortuni sono più spesso colpa di chi allena i giocatori che della sfortuna, idem per i ventidue punti in classifica che dividono i giallorossi all’Inter capolista con l’eliminazione prematura dalla Coppa Italia (nel derby...) e il secondo posto in un girone di Europa League dove le avversarie erano Slavia Praga, Servette e Sheriff Tiraspol.

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Sfumato pure il Brasile

E ora? Se a Mourinho piacesse vincere facile, ci sarebbe la Saudi League, un cimitero per elefanti riccamente remunerati. Lui, a quelle latitudini resta un brand. Si fosse consumato prima il divorzio con la Roma, magari Mourinho avrebbe potuto prendere in corsa il treno che portava alla Seleção da dove era sceso Carlo Ancelotti rinnovando con il Real. Il sogno dell’uomo di Setubal, non è un segreto, è diventare commissario tecnico del Portogallo, ma pure lì, dopo l’addio di Fernando Santos, ha sbagliato strada: la federcalcio gli aveva proposto addirittura di dividersi con la Roma e, dopo lo Special no, ha ingaggiato Roberto Martinez che nelle qualificazioni europee ha vinto tutte le partite, con miglior attacco (36 gol fatti) e difesa (2 soli subiti). Avendo questi un contratto fino al 2026, se ne riparlerà dopo il Mondiale. "Arrivederci, Roma". E non solo.

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Un tempo le squadre le lasciava. Sedotte e abbandonate. È accaduto al Porto e all’Inter, sempre dopo aver alzato al cielo la Champions, perché il suo smisurato ego lo portava ad avvicinarsi sempre più al sole (il Chelsea di Abramovich e il Real Madrid di Florentino Perez). Oggi José Mourinho viene cacciato, come capita ai comuni mortali se di professione fanno gli allenatori. A lui è capitato con gli ultimi cinque datori di lavoro. Peggio che a Roma gli era andata al Tottenham, quando era stato sollevato dall’incarico addirittura a due giorni dalla finale di FA Cup.

Che sia stata più o meno soffice la caduta, dopo che ha piantato in asso Massimo Moratti a Madrid, Mourinho è sempre stato licenziato. Legge del contrappasso, si chiama. Ma pure indizio di come il portoghese - che resta uno straordinario pifferaio per i tifosi - abbia ormai perso il tocco magico. Il primo Mourinho, quello dell’Inter, dopo la finale di Europa League persa a Budapest con il Siviglia se ne sarebbe andato, alimentando il mito della “Coppa rubata” per il rigore non concesso nel finale dall’arbitro Taylor (Fernando con il braccio sul cross di Spinazzola). D’altronde gli interisti li aveva conquistati con il “gesto delle manette”, con il monologo della “prostituzione intellettuale” e con un modo di comunicare rivoluzionario per l’epoca. A Roma, invece, l’effetto è risultato quello del disco rotto.

"Te volemo bene mister"

Secondo i bene informati, i Friedkin per la prima volta avevano pensato di esonerare il portoghese proprio dopo la finale di Europa League, visti i rapporti freddissimi tra le parti, ma Tiago Pinto sarebbe riuscito a mediare, come accaduto anche dopo il ko 4-1 col Genoa. Risultati e un gioco sconfortanti che però non hanno intaccato il feeling instauratosi tra Mourinho e la tifoseria giallorossa: "Te volemo bene mister", gli urlavano ieri - implorando un’ultima foto - all’uscita da Trigoria. Lui triste, solitario y final, con volto contrito e occhi lucidi. A colpire, oltre all’empatia che si era creata con i romanisti (con l’Olimpico perennemente esaurito), l’inversione a U del portoghese nelle ultime settimane: mai il vero Mourinho avrebbe “mendicato” un rinnovo di contratto dichiarandosi disposto a ripartire dal progetto giovani (ai tempi obbligò Moratti - che non era per nulla convinto dei costi dell’operazione, a prendere Quaresma, “il Trivela” e fece l’inferno per i mancati arrivi di Deco e Carvalho). Il tutto senza dimenticare come a Roma maneggiasse il terzo monte ingaggi della Serie A, non un organico da provinciale, e che gli infortuni sono più spesso colpa di chi allena i giocatori che della sfortuna, idem per i ventidue punti in classifica che dividono i giallorossi all’Inter capolista con l’eliminazione prematura dalla Coppa Italia (nel derby...) e il secondo posto in un girone di Europa League dove le avversarie erano Slavia Praga, Servette e Sheriff Tiraspol.

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