Gigi Riva è morto, a 79 anni e il calcio è diventato più povero, meno lucente, meno romantico. La notizia è arrivata come una folgore nel cuore, quando sembrava che il suo malore fosse ormai sotto controllo: una piccola operazione al cuore e poi via, di nuovo a camminare per le strade di Cagliari, circondato da quell’amore, che la gente di Sardegna, scolpita nella riconoscenza e nell’orgoglio, non gli hai mai fatto mancare. Fin da quando, nel 1963. arrivò giovane attaccante promettente, da Leggiuno, piccolo paese di quella Lombardia della nebbia e del lavoro. Cagliari sembrò a quel ragazzo, vista dall’aereo, un’isola della prigionia, un luogo della disperazione. Ma gli bastò toccare quella terra generosa per capire che lì avrebbe messo radici. Sarebbe diventata la seconda casa per lui, presto orfano dei genitori, cresciuto dalle amorevoli cure della sorella Fausta: in quel mare, tra quei monti, nell’inseguirsi delle nuvole e della nostalgia, avrebbe trovato la sua Itaca. L’isola da dove non andare più via. Riva è stato il breriano “Rombo di Tuono”, il “Bomber” del romanzo, dentro il calcio, “Azzurro tenebra” di Giovanni Arpino, un mito vivente.
Riva, Cagliari e la Sardegna
Grazie a lui, il nostro football ha conosciuto l’impresa omerica dello scudetto del Cagliari, conquistato nel 1970, realizzando un’utopia, un qualcosa che sembrava soltanto appartenere alla sfera del sogno, dell’impossibile. Il suo sinistro possedeva la potenza della rabbia e del riscatto, i banditi sardi latitanti andavano a vederlo allo stadio pur rischiando la cattura da parte delle forze dell’ordine, per i pastori e per i contadini era diventato «Giggirriva», il simbolo della rinascita, di un destino. Grazia Deledda, di Nuoro, fu la prima, e per ora unica donna italiana, nel 1926, a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, Gigi ha raggiunto un traguardo sportivo che, da quel 1970, appartiene al caleidoscopico universo delle imprese calcistiche e poetiche. Juve e Inter hanno offerto la Luna e di più per acquistarlo: ma lui ha sempre detto di no, perché quel popolo, diventato Il suo popolo, mai avrebbe meritato un tradimento da parte sua. Rimase colpito quando, andando in un paesino della Barbagia, vide nella casa di una anziana signora, sopra un comodino, la fotografia dei defunti, dei santi e accanto la sua. Per quella donna «Riva era un uomo buono».