Firenze diventa casa
È un periodo d'oro del calcio italiano. La Juventus di Charles, Sivori e Boniperti; il Milan di Schiaffino e Altafini, la Grande Inter di Helenio Herrera con Corso, Mazzola e Jair dominano il campionato, così che una grande Fiorentina non riesce a vincere il titolo nella dieci stagioni in cui Hamrin segna 150 gol (record che dura trent'anni di storia viola) e diventa un idolo della tifoseria Viola. In compenso arrivano due coppe Italia, una Coppa delle Coppe e un soprannome poetico, che gli rimarrà addosso per il resto della sua vita. Lo inventa il giornalista Beppe Pegolotti, che sulla Nazione scrive un articolo titolato: Un Uccellino che vola. A Firenze Hamrin trova gloria calcistica e quella che sarà poi la sua casa. Sono anni intensi, in cui la Viola arriva due volte seconda in campionato e il legame con i tifosi si salda fino a diventare inscindibile.
Il Milan e la rivolta
Così scoppia quasi una rivolta quando Hamrin passa al Milan nell'estate del 1967. Ha 33 anni, per quell'epoca tanti, molti non capiscono il perché Nereo Rocco lo voglia così tanto. Ma il Paròn, che lo aveva allenato a Padova, crede in lui e lo inserisce nella squadra che vince la Coppa delle Coppe (doppietta in finale di Hamrin) e la Coppa dei Campioni contro l'Ajax (Hamrin decisivo in semifinale). Il tramonto della carriera di Hamrin è dorato e ogni volta che segna un gol importante o è protagonista di una grande partita, arriva una telefonata o, più spesso, un telegramma da Torino. «Che peccato non averla tenuta qui più a lungo», firmato con una sigla G.A.