Hamrin, l'Avvocato e Pelé: un romanzo di dribbling e gol

Agnelli lo acquistò dopo aver ricevuto una lettera da un minatore italiano emigrato in Svezia, Sivori e Charles lo mandarono via, lui si innamorò di Firenze, ma l'Avvocato non smise mai di seguirlo
Hamrin, l'Avvocato e Pelé: un romanzo di dribbling e gol

TORINO - L'Uccellino è volato un po' più alto. Lo ha sempre saputo fare benissimo, gli è riuscito anche ieri, lasciando Firenze, la sua Firenze, per l'ultima volta. La scomparsa di Kurt Hamrin, a 89 anni, ci restituisce un romanzo romantico di gol e dribbling, che ha intrecciato le emozioni e l'amore di tre tifoserie con un ospite speciale per accendere la trama.

La scrivania di Agnelli

Il piccolo Kurt, figlio di un imbianchino, nasce nei sobborghi di Stoccolma nel 1934 e, proprio mentre il mondo era nell'incubo della Guerra, lui inizia il sogno del pallone, con i pulcini dell’AIK. Ha talento, classe, tecnica e genio e si ritrova a meno di vent'anni in Nazionale e non in un periodo qualsiasi, perché gioca al fianco di Gren, Nordahl e Liedholm, la Svezia più forte di tutti i tempi. Il destino di Hamrin, tuttavia, si traveste da minatore italiano emigrato in Svezia. E sceglie la sua calligrafia per arrivare in modo quasi incredibile sulla scrivania di Giovanni Agnelli, presidente della Fiat e proprietario della Juventus. «Sono un operaio italiano, seguo spesso la squadra locale dell'AIK Solna e secondo me c'è un giocatore che dovreste prendere nella Juventus, si chiama Kurt Hamrin, è molto giovane, ma già molto forte e geniale».

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L'arrivo alla Juventus

Poco altro poteva incendiare di più la curiosità dell'Avvocato. In quegli anni seguiva la Juventus con un certo distacco, era la Juventus dei Puppanti, ovvero un gruppo di giovani interessanti, guidati da un allenatore, Sandro Puppo (appunto), che oggi sarebbe stato una via di mezzo fra De Zerbi e Palladino. I risultati non erano brillantissimi e mancava la scintilla per appassionare i tifosi, a partire dal primo, l'Avvocato. Agnelli spedisce lo stesso Puppo a vedere Hamrin. E Puppo torna deluso: «Non vale granché». Per puro spirito di contraddizione, l'Avvocato decide di vederlo lui stesso, e assiste a una sfida fra Portogallo-Svezia, al termine della quale dà immediato ordine di ingaggiare il ragazzo (che nel frattempo era diventato il capocannoniere del campionato svedese). Quindicimila dollari all'AIK e l'affare è fatto. Hamrin arriva a Torino per la stagione 1956-57, il presidente è Umberto Agnelli, il fratello dell'Avvocato, la squadra viene da una serie di stagioni deludenti e la classe di Hamrin non basta a risollevare la situazione.

Il genio di Sivori

Segna otto gol, dribbla come un pazzo, fornisce molti assist e conquista i tifosi che, con lui, si divertono (soprattutto l'Avvocato), ma si infortuna spesso e, soprattutto, la Juventus arriva nona. Umberto decide di imprimere una svolta e nell'estate del 1957 vara la campagna acquisti di quello che si è stufato e vuole tornare a vincere. Tra gli altri campioni, prende John Charles e Omar Enrique Sivori. E il destino di Hamrin questa volta si traveste da regolamento della Figc che limitava a due gli stranieri. Hamrin è forte, ma non come quei due, quindi viene ceduto al Padova (in cambio di Bruno Nicolé, che diventerà un perno della Juventus). L'Avvocato se ne duole, perché prima di spedirlo in Veneto, la Juventus va in tournée proprio in Svezia, schierando Hamrin, Boniperti, Charles, Sivori e Stivanello, roba da matti, roba da trentasette gol in cinque partite. Ma il genio inebriante di Sivori anestetizza la nostalgia di Gianni Agnelli per Hamrin che a Padova fa bene, ma viene ceduto alla Fiorentina. Dove arriva dopo aver disputato la finale del Mondiale, nella quale la Svezia deve inchinarsi solo a sua maestà Pelé.

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Firenze diventa casa

È un periodo d'oro del calcio italiano. La Juventus di Charles, Sivori e Boniperti; il Milan di Schiaffino e Altafini, la Grande Inter di Helenio Herrera con Corso, Mazzola e Jair dominano il campionato, così che una grande Fiorentina non riesce a vincere il titolo nella dieci stagioni in cui Hamrin segna 150 gol (record che dura trent'anni di storia viola) e diventa un idolo della tifoseria Viola. In compenso arrivano due coppe Italia, una Coppa delle Coppe e un soprannome poetico, che gli rimarrà addosso per il resto della sua vita. Lo inventa il giornalista Beppe Pegolotti, che sulla Nazione scrive un articolo titolato: Un Uccellino che vola. A Firenze Hamrin trova gloria calcistica e quella che sarà poi la sua casa. Sono anni intensi, in cui la Viola arriva due volte seconda in campionato e il legame con i tifosi si salda fino a diventare inscindibile.

Il Milan e la rivolta

Così scoppia quasi una rivolta quando Hamrin passa al Milan nell'estate del 1967. Ha 33 anni, per quell'epoca tanti, molti non capiscono il perché Nereo Rocco lo voglia così tanto. Ma il Paròn, che lo aveva allenato a Padova, crede in lui e lo inserisce nella squadra che vince la Coppa delle Coppe (doppietta in finale di Hamrin) e la Coppa dei Campioni contro l'Ajax (Hamrin decisivo in semifinale). Il tramonto della carriera di Hamrin è dorato e ogni volta che segna un gol importante o è protagonista di una grande partita, arriva una telefonata o, più spesso, un telegramma da Torino. «Che peccato non averla tenuta qui più a lungo», firmato con una sigla G.A.

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TORINO - L'Uccellino è volato un po' più alto. Lo ha sempre saputo fare benissimo, gli è riuscito anche ieri, lasciando Firenze, la sua Firenze, per l'ultima volta. La scomparsa di Kurt Hamrin, a 89 anni, ci restituisce un romanzo romantico di gol e dribbling, che ha intrecciato le emozioni e l'amore di tre tifoserie con un ospite speciale per accendere la trama.

La scrivania di Agnelli

Il piccolo Kurt, figlio di un imbianchino, nasce nei sobborghi di Stoccolma nel 1934 e, proprio mentre il mondo era nell'incubo della Guerra, lui inizia il sogno del pallone, con i pulcini dell’AIK. Ha talento, classe, tecnica e genio e si ritrova a meno di vent'anni in Nazionale e non in un periodo qualsiasi, perché gioca al fianco di Gren, Nordahl e Liedholm, la Svezia più forte di tutti i tempi. Il destino di Hamrin, tuttavia, si traveste da minatore italiano emigrato in Svezia. E sceglie la sua calligrafia per arrivare in modo quasi incredibile sulla scrivania di Giovanni Agnelli, presidente della Fiat e proprietario della Juventus. «Sono un operaio italiano, seguo spesso la squadra locale dell'AIK Solna e secondo me c'è un giocatore che dovreste prendere nella Juventus, si chiama Kurt Hamrin, è molto giovane, ma già molto forte e geniale».

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