BARCELLONA - Joana Sanz era, senza dubbio, il teste più atteso del secondo giorno del processo per stupro a Dani Alves. Ebbene, la sua deposizione ha confermato che la strategia della difesa dell’ex calciatore brasiliano è quella di provare a limitare i danni (ottenendo una condanna meno pesante dei 12 e dei 9 anni chiesti, rispettivamente, dall’accusa e dal pubblico ministero) puntando sul suo stato di ebbrezza.
Alves, Il racconto di Joana Sanz
E già, perché, secondo gli articoli 20 e 21 del Codice penale spagnolo, in questo tipo di casi, il consumo di alcol potrebbe essere considerato un’attenuante: «Quando è arrivato a casa era molto ubriaco - ha assicurato la modella spagnola -. Puzzava di alcol. È andato a sbattere contro l’armadio e subito dopo è svenuto sul letto. Non valeva parlare con lui nelle condizioni in cui si trovava. Meglio farlo il giorno dopo». Versione confermata dagli amici che erano assieme a lui e dal responsabile del privé del Sutton, la discoteca di Barcellona scenario della presunta violenza sessuale: «Ho notato subito che era ubriaco o che aveva preso qualcos’altro. Non si comportava come al solito». Oggi pomeriggio, il processo arriverà alla propria tappa conclusiva prima della sentenza prevista tra una decina di giorni. A rispondere per ultimo alle domande del pm, dell’accusa e della difesa sarà Dani Alves che proverà a dare, per la prima volta, una parvenza di coerenza dopo aver cambiato in ben quattro occasioni la propria versione dei fatti.