«Una mina vagante». Aldo Serena sorride. Lui era a due passi quando Schillaci è diventato Schillaci, quando il mondo ha visto i suoi gol che facevano delirare un Paese intero e perfino Bruno Pizzul scomponeva, seppure per pochi secondi, la meravigliosa sobrietà della sua rotonda intonazione, raccontando le sue gesta a decine di milioni di telespettatori. Anzi, Serena è uno di quelli che ha contribuito ai gol di Totò nel Mondiale di Italia 90. Guardatevi il primo gol all’Uruguay e la palletta gli mette di esterno, lanciandolo verso la porta che lui infilerà. Che meraviglia quella Nazionale di Azeglio Vicini, la meno italiana di tutte le nazionali, nella quale si era incastrato, quasi all’ultimo momento, quel ragazzo del Sud, che solo un anno prima giocava in B con il Messina. «Una mina vagante».
In che senso? «In campo era completamente imprevedibile. Non sapevi dove potesse andare o cosa potesse inventarsi. Era praticamente impossibile integrarlo in uno schema o un’idea di manovra offensiva, ma era straordinariamente creativo e dotato di una tecnica micidiale. Gli davi la palla a lui e qualcosa si inventava».
Non era più complicato per voi? «Beh, diciamo che lo era molto di più per gli avversari, perché se noi non riuscivamo sempre a prendere le sue mosse, gli avversari non ci capivano proprio niente. E questo ci avvantaggiava in modo incredibile, avevamo una carta completamente imprevedibile da giocare in qualsiasi momento della partita. In quel momento, dopo il suo primo gol, nel gruppo si era accorto del suo momento e un po’ si appoggiava su di lui in certi momenti».
Quando in attacco faceva coppia con lui come si comportava? «Non era uno al quale dicevi: vienimi incontro e proviamo a fare questa cosa. Lo cercavi e provavi a dargli la palla nel modo migliore possibile. E aveva un’eccellente tecnica di base: tiro da lontano, rapidità nell’area piccola, colpo di testa...».