Qualcuno (pure la Juve) ci ridia Platini

"Volevano farmi fuori, ora sono troppo vecchio per delle responsabilità". Ma il calcio ha bisogno delle sue idee e visioni

Sono serviti dieci anni. Perché ne dovevano servire dieci, o il più possibile. Nel caso Platini, infatti, il problema non è la lentezza della giustizia, ma il suo utilizzo come strumento politico. Solo qualche settimana fa, il deputato Mauro Berruto aveva denunciato davanti al Parlamento come la giustizia sportiva possa diventare una "clava" in mano al potere. E Michel Platini è stato bastonato per dieci anni con l’accusa di reati che non aveva commesso, ha dovuto difendersi in tutti i modi, dal 2015 in poi, subendo anche la squalifica per 8 anni, poi ridotti a 6, poi a 4, ma sempre sufficienti a impedirgli di diventare presidente della Fifa (o continuare a dirigere la Uefa), tenendolo fuori dalla contesa politica, appiccicandogli addosso l’infamia della corruzione.

Ieri è finito tutto, i pm svizzeri hanno rinunciato al terzo grado di giudizio, dopo aver combattuto gagliardi per dieci anni, nei quali è stata così impedita la candidatura a chi avrebbe, quasi certamente, sbaragliato qualsiasi avversario alle elezioni di Fifa o Uefa (scegliete voi). Dieci anni per stabilire che due milioni di franchi svizzeri, intascati da Platini come consulenza presso la Fifa non erano una tangente, ma un regolare pagamento per un lavoro effettivamente svolto da Platini. Due milioni di franchi svizzeri che Platini aveva regolarmente dichiarato al fisco, elemento, quest’ultimo, che forse poteva richiedere meno di dieci anni per essere pesato nel modo giusto (il corrotto che inserisce la tangente nella dichiarazione dei redditi è materiale per una trama di un film comico demenziale con sceneggiatori low cost).

Il processo kafkiano per farlo fuori dalla Fifa

È stato un processo assurdo, un meccanismo kafkiano durante il quale Platini è stato abbandonato (sì, anche da quelli che oggi si stracciano le vesti per osannare la sua vittoria legale). Difficile risalire con esattezza ai mandanti del complotto, ma è difficile pensare che tutto quello che è successo sia completamente slegato dalla lotta politica alla quale Platini prendeva parte e che, evidentemente, qualcuno ha combattuto anche oltre le regole. "So che era una storia per impedirmi di diventare presidente della Fifa", ha amaramente constatato Platini (che dopo l’assoluzione del Tribunale penale di Bellinzona dell’8 luglio 2022, aveva anche rinunciato a un risarcimento per l’intera vicenda processuale). E il fatto di essere nuovamente un uomo libero, al limite anche per tornare a inseguire i posti che gli hanno tolto, non sembra eccitare il francese, che alza le spalle: "Troppo vecchio per assumere nuove responsabilità". Comprensibile, perché l’amarezza moltiplica per tre i dieci anni passati a combattere per la propria innocenza.

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Il calcio ha bisogno di Platini

Ma il concetto di vecchio è, ovviamente, relativo, perché Platini ha appena compiuto 70 anni, che in Italia è l’età minima per aspirare alla presidenza del Coni o per farsi rieleggere alla Federcalcio. E il calcio avrebbe disperato bisogno delle idee di Michel, così come della sua visione d’insieme che valuti il business (che non ha mai ripudiato) e pesi le esigenze dei calciatori (di cui è stato un discreto paladino). Platini è stato l’ultimo a portare avanti delle vere riforme nell’ingessato mondo del pallone e conserva, tutt’oggi, l’invidiabile lucidità di pensiero che gli aveva fatto scalare la politica del calcio negli Anni 90 e nei primi duemila. Platini è un uomo di calcio, uno sportivo vero, che non venderebbe mai l’essenza pura del calcio, ma nello stesso tempo è un manager che capisce cosa la modernità chiede al calcio per consentirgli di sopravvivere in un mondo che cambia velocemente. Varrebbe davvero la pena riannodare quello che è stato reciso dieci anni fa, in modo brutale, con una giustizia usata come "clava", appunto.

La Juve ci pensi

Lo hanno tolto dal calcio per dieci anni, ora qualcuno restituisca il calcio a Platini. Per il bene di chi, il calcio, lo ama e vede in Platini una possibile salvezza della sua passione. Da qualche parte in Fifa o Uefa o, semmai, in qualche club, qualcuno dovrebbe fare una riflessione seria su Platini. Anche se fosse irremovibile dal suo “buen retiro” di Cassis, il calcio ha l’obbligo morale di effettuare un tentativo. Anche la Juventus, in fondo, potrebbe farci un pensierino. In questa nuova versione molto francese, portare a bordo Le Roi potrebbe essere, tutto sommato, quasi naturale. E i tifosi, gente abituata a un certo tipo di giustizia, apprezzerebbero non poco.

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Sono serviti dieci anni. Perché ne dovevano servire dieci, o il più possibile. Nel caso Platini, infatti, il problema non è la lentezza della giustizia, ma il suo utilizzo come strumento politico. Solo qualche settimana fa, il deputato Mauro Berruto aveva denunciato davanti al Parlamento come la giustizia sportiva possa diventare una "clava" in mano al potere. E Michel Platini è stato bastonato per dieci anni con l’accusa di reati che non aveva commesso, ha dovuto difendersi in tutti i modi, dal 2015 in poi, subendo anche la squalifica per 8 anni, poi ridotti a 6, poi a 4, ma sempre sufficienti a impedirgli di diventare presidente della Fifa (o continuare a dirigere la Uefa), tenendolo fuori dalla contesa politica, appiccicandogli addosso l’infamia della corruzione.

Ieri è finito tutto, i pm svizzeri hanno rinunciato al terzo grado di giudizio, dopo aver combattuto gagliardi per dieci anni, nei quali è stata così impedita la candidatura a chi avrebbe, quasi certamente, sbaragliato qualsiasi avversario alle elezioni di Fifa o Uefa (scegliete voi). Dieci anni per stabilire che due milioni di franchi svizzeri, intascati da Platini come consulenza presso la Fifa non erano una tangente, ma un regolare pagamento per un lavoro effettivamente svolto da Platini. Due milioni di franchi svizzeri che Platini aveva regolarmente dichiarato al fisco, elemento, quest’ultimo, che forse poteva richiedere meno di dieci anni per essere pesato nel modo giusto (il corrotto che inserisce la tangente nella dichiarazione dei redditi è materiale per una trama di un film comico demenziale con sceneggiatori low cost).

Il processo kafkiano per farlo fuori dalla Fifa

È stato un processo assurdo, un meccanismo kafkiano durante il quale Platini è stato abbandonato (sì, anche da quelli che oggi si stracciano le vesti per osannare la sua vittoria legale). Difficile risalire con esattezza ai mandanti del complotto, ma è difficile pensare che tutto quello che è successo sia completamente slegato dalla lotta politica alla quale Platini prendeva parte e che, evidentemente, qualcuno ha combattuto anche oltre le regole. "So che era una storia per impedirmi di diventare presidente della Fifa", ha amaramente constatato Platini (che dopo l’assoluzione del Tribunale penale di Bellinzona dell’8 luglio 2022, aveva anche rinunciato a un risarcimento per l’intera vicenda processuale). E il fatto di essere nuovamente un uomo libero, al limite anche per tornare a inseguire i posti che gli hanno tolto, non sembra eccitare il francese, che alza le spalle: "Troppo vecchio per assumere nuove responsabilità". Comprensibile, perché l’amarezza moltiplica per tre i dieci anni passati a combattere per la propria innocenza.

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