Mané, campione universale

Mané, campione universale© EPA

Ha speso un milione e mezzo di euro per costruire l’ospedale e la scuola di Bambaly, dov’è nato, un ex villaggio rurale che sta diventando una cittadina di 17 mila abitanti, quindici chilometri da Sédhiou, sulle rive del fiume Casamance, a 420 chilometri da Dakar, Senegal. L’ospedale è il punto di riferimento di 34 centri della zona. Ogni anno, i migliori studenti della scuola ricevono una borsa di studio di 400 euro, grazie a lui e, sempre su sua iniziativa, ogni abitante di Bambaly riceve 70 euro al mese. A Bambaly stanno costruendo anche una nuova stazione di servizio e un nuovo ufficio postale. A Bambaly, grazie a lui è arrivata anche la rete 4G. Un giorno, forse, ribattezzeranno Bambaly con il suo nome ma, se così fosse, il primo a non volerlo sarebbe lui, Sadio Mané, 30 anni, campione d’Africa con il Senegal, neoacquisto del Bayern Monaco dopo sei stagioni nel Liverpool, 269 presenze, 120 gol, 38 assist, una Champions League, un mondiale per club, una Supercoppa Uefa, una Premier League che i Reds non vincevano da trent’anni, una Coppa d’Inghilterra, una Coppa di Lega.

Ma qui non si parla della grandezza di uno fra i più forti attaccanti del mondo, simbolo del calcio africano, prossimo sicuro protagonista del Mondiale in Qatar. Qui si parla di Mané campione universale, paradigma assoluto di che cosa significhi diventare una superstar del football senza dimenticare mai le proprie origini, senza perdere mai il sorriso, sfruttando l’enorme cassa di risonanza mediatica di cui dispone (su Instagram conta 11,5 milioni di follower; su Facebook 16 milioni e 309 mila), per aiutare la sua gente. L’ultima dimostrazione l’ha data il 16 giugno scorso, ancora a Bambaly: ha giocato una partita benefica nel fango, insieme con alcune glorie del calcio locale come El-Hadj Diouf, Papiss Cissé e Mbaye Diagne. E, prima di volare a Monaco di Baviera dal Bayern, ha donato il denaro necessario per realizzare un terreno di gioco in erba. Naturalmente, a dare la notizia non è stato lui. Ha scritto Jürgen Klopp, congedandolo dal Liverpool: “Mané se ne va con la nostra gratitudine e il nostro amore, nonchè con uno status di leggenda. E, sì, se ne va in un momento in cui è uno dei migliori calciatori al mondo. Ma non dobbiamo pensare a quello che perdiamo,: bensì a che cosa abbiamo avuto il privilegio di avere: i gol che ha segnato, i trofei che ha vinto. Egli è una leggenda e un’icona del Liverpool. Rispetto la sua decisione e sono sicuro che i nostri tifosi facciano lo stesso. Se ami il Liverpool, devi amare Sadio, questo non è negoziabile. Accettiamo questa perdita, il Bayern ci guadagna, ma a lui non auguriamo altro che avere successo”. La classe è come il coraggio: se uno non ce l’ha, non se la può dare. Klopp ce l’ha. Provate a immaginare un commiato simile nel calcio italiano dove se un giocatore va a scadenza l’anno dopo, l’anno prima viene messo in disparte o sbertucciato anche dai suoi stessi tifosi che gli danno del traditore o del mercenario. Mané era legato al Liverpool da un contratto sino al 30 giugno 2023, non ha trovato l’accordo per prolungarlo, l’ha comunicato a Natale, ha onorato la maglia sino all’ultima partita con i Reds, apponendo anche la sua firma in calce alla Fa Cup e alla Carabao Cup, la coppa di Lega.

Ai fan di Anfield ha indirizzato parole emozionate, anche se ha confidato, è stato difficile trovarle: «Voglio solo ringraziarvi di cuore, sono così felice di essere stato una piccolissima parte dell’incredibile successo avuto insieme negli ultimi sei anni. Voi ci siete sempre stati: nel bene e nel male. Non lo dimenticherò mai. Grazie ancora. Non camminerete mai soli». Su Instagram gli hanno risposto quasi in 40 mila, manifestandogli gratitudine, affetto, ammirazione. Tutto si tiene. I tifosi del Liverpool sono gli stessi che, in migliaia, hanno tributato un’accoglienza trionfale alla squadra, al ritorno dalla finale di Champions League persa contro il Real Madrid di Ancelotti. E, appena arrivato a Monaco, Mané ha subito conquistato i nuovi sostenitori. Gli è bastato scrivere “Mia San Mia”, il motto del club bavarese. In italiano si traduce letteralmente “Noi Siamo Noi”, tre parole che dicono molto di più. Rispecchiano fedelmente l’identità del Bayern e di chi lo ama. Fra i punti che spiccano nella carta costitutiva, figurano il “trattamento equo e il rispetto dell’avversario, la tolleranza, l’integrazione e il fair play”. Come se l’avesse scritto Mané.

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