Per decenni è passata l’idea che il calcio, lo sport più in generale, sia neutrale. Un’idea sbagliata e falsa, visto che entrambi sono stati spesso usati per lanciare messaggi politici, sia sotto le dittature che nelle moderne democrazie. Non fa eccezione quello che sta accadendo i questi giorni relativamente alla guerra tra Israele e Hamas che si è drammaticamente innestata nel conflitto araboisraeliano e in quello israelopalestinese. L’attacco di Hamas del 7 ottobre e la risposta di Israele hanno indignato e stanno indignando il mondo intero, una guerra senza esclusione di colpi dove i civili hanno pagato e stanno pagando il prezzo più alto.
Domenica 14 gennaio, all’esordio in Coppa d’Asia il capitano della Palestina, Musab al-Battat, ha dichiarato: «In queste partite la nostra presenza deve servire come monito al mondo, per raccontare quello che sta succedendo e per ricordare a tutti che anche noi abbiamo il diritto di partecipare alle competizioni sportive». Mentre il Ct della squadra palestinese, Makram Daboub, nella conferenza stampa che precedeva la sfida con l’Iran ha detto: «Non è facile concentrarsi sulla partita. I ragazzi controllano ogni minuto le notizie sui telefonini, in albergo, sul bus, anche durante gli allenamenti». Partita vinta dall’Iran 4-1.