Continuare a parlare di sorpresa non ha più senso. In realtà, sarebbe stato sufficiente tutto quello che il Girona aveva fatto prima di presentarsi, domenica sera, all'Olimpico di Barcellona: 38 punti in 15 giornate, conquistati alla maniera delle grandi, ossia andando a imporre il proprio gioco e la propria filosofia in giro per i campi del campionato di Liga. I primi a non accontentarsi, però, sono stati proprio i ragazzi di Michel, arrivati nella capitale catalana con l'obiettivo di rendere più lungo e bello il proprio sogno. Per farlo, tuttavia, avrebbero dovuto battere una squadra che, nelle ultime due uscite, aveva dimostrato di aver ritrovato le sensazioni dei tempi migliori (almeno con Xavi Hernández in panchina), battendo il Porto e conquistando, così, il primo posto del proprio girone di Champions League e superando, sia nel gioco che nel risultato, l'Atlético Madrid di Diego Pablo Simeone.
Girona, il Leicester di Spagna?
Ed è per questa ragione che la brillante prestazione di capitan Aleix Garcia e compagni conferma, a maggior ragione, che l'intenzione dei biancorossi è chiara: continuare a stupire chi ancora si sorprende e dare altri argomenti tangibili a chi, invece, crede già da qualche settimana che il Girona possa davvero lottare fino alla fine per la vittoria del campionato: «Non esageriamo, la nostra battaglia è un'altra», hanno ripetuto all'unisono Michel e il presidente Delfí Geli. Allo stesso modo, quando gli hanno chiesto se si sentono il Leicester di Spagna, il ds Kike Cárcel, l'architetto di questa squadra, ha fatto sapere che «queste sono parole grosse». Eppure, il Girona ha, sulla carta, tutto quello che ci vuole per trasformare il sogno in realtà. Da una parte c’è Michel il vallecano, un tecnico che ha sempre avuto le idee chiare e non le ha mai tradite, nemmeno quando è stato esonerato perché, secondo alcuni, non aveva capito che per salvare una squadra ci vogliono concetti tattici diversi rispetto a quelli che predica lui. Alla fine, però, ha avuto ragione e, oggi, la sua è una squadra in grado di giocare bene, dominando il gioco con il pallone tra i piedi, e, allo stesso tempo, di gestire con estrema solidità anche i normali e fisiologici momenti di sofferenza in cui è l’avversario a fare la partita.