Vallecas è un quartiere di Madrid, il Rayo Vallecano la sua squadra. Scritto così potrebbe sembrare banale ma banale non è, perché tra cittadini e club c’è una simbiosi quasi perfetta, con una tifoseria antifascista e antirazzista che ha sempre fatto da trait d’union tra le istanze degli abitanti e i calciatori che, quando hanno potuto, se ne sono presi cura: nel 2014 alcuni giocatori supportarono la raccolta fondi, organizzata dal gruppo ultrà Bukaneros, per aiutare Carmen Martinez, 85 anni, a pagare l’affitto prima che venisse sfrattata. Perché non è mai solo calcio e perché se questo vuole continuare a essere lo sport più popolare del mondo dovrà prima o poi uscire dalla propria bolla e toccare con mano la realtà che lo circonda. Nel 2011 la società era travolta dai debiti e dalle proteste dei tifosi, così José Maria Ruiz-Mateos cedette la proprietà del club a Raúl Martín Presa, giovane imprenditore madrileno, il quale in questi anni ha cercato di ‘uccidere’ l’anima operaia della squadra e dei suoi sostenitori, in un tira e molla continuo. L’ultima boutade è quella di costruire un nuovo stadio lontano da Vallecas.
Lo striscione di Zerocalcare
Domenica scorsa, durante la vittoriosa partita contro il Betis Siviglia (2-0) gli ultrà del Rayo Vallecano hanno esposto uno striscione disegnato dal fumettista italiano Zerocalcare, campeggiato dalla scritta «Defendamos la furiosa alegría», per protestare contro la decisione della società che non sappiamo al momento quanto definitiva. Spostare lo stadio di un club fortemente legato al quartiere, dove è cresciuto e si è affermato, è un raro caso di gentrificazione calcistica, con il rischio, calcolato o meno, di essere rigettati dagli abitanti intorno alla nuova sede, ma l’impressione è che questa scelta sia solo l’ultima battaglia della guerra che la proprietà da una parte e la tifoseria dall’altra stanno combattendo da anni, da quando la prima ha iniziato, più o meno consapevolmente, a calpestare i valori e la storia della squadra e dei suoi sostenitori. Gli ultrà hanno poi ringraziato su X Zerocalcare attribuendogli erroneamente la frase dello scrittore algerino Boualem Sansal: «La vera vittoria sta nelle battaglie perse in partenza ma combattute fino in fondo», tratta dal libro 2084. La fine del mondo.
Americà facce Tarzan
L’idea di Raúl Martín Presa era di fare del Rayo Vallecano uno dei club più importanti di Spagna e di cavalcarne poi il prestigio sportivo. Nel 2015 fondò il Rayo Vallecano Oklahoma City e per la squadra spagnola comprò l’attaccante Zhang Chengdong per calamitare gli sponsor cinesi, operazione che l’allora allenatore Francisco “Paco” Jémez Martin non prese per niente bene. Nel 2016 il club retrocesse in Segunda Division e l’anno dopo la succursale statunitense fu chiusa, mentre Raúl Martín Presa non pagava gli stipendi ai dipendenti del club, utilizzando quei fondi per coprire i debiti delle sue altre società. Nel tempo sono seguiti il tentativo d’ingaggiare l’ucraino Roman Zozulya, sostenitore di gruppi paramilitari di estrema destra in Ucraina, acquisto saltato per le proteste dei tifosi, l’ingaggio del peruviano Luis Advincula, il quale in patria aveva sostenuto la candidatura a presidente di Keiko Fujimori, e la presenza allo stadio di Santiago Abascal e Rocio Monasterio, il leader del partito neonazista e razzista Vox e la sua candidata alla comunali di Madrid, quando i tifosi seguivano le partite da casa a causa della pandemia. Tanto che durante la presentazione di Radamel Falcao i tifosi protestarono contro la dirigenza, chiedendo a Raúl Martín Presa di andarsene.
La goccia
Nell’estate del 2021 Jean-Paul N’Djoli, attaccante francese di 21 anni, iniziò ad allenarsi con il Rayo Vallecano, ma quando gli fu proposto un contratto diverso rispetto agli accordi si rifiutò di firmare, finendo fuori squadra senza stipendio. Viveva in un appartamento con pochi letti e quasi niente da mangiare. Tutto il contrario dello spirito del club e della sua gente. Questi comportamenti tossici, probabilmente anche provocatori, sono proseguiti con i ragazzi del settore giovanile che vivono fuori Madrid, alcuni allenatori hanno dovuto pagare di persona per garantirgli un’alimentazione sana, e con le ragazze della squadra femminile alla quale il presidente ha sospeso il pagamento dell’affitto degli appartamenti, togliendogli poi la palestra, il fisioterapista e il dirigente accompagnatore, considerati spese inutili. Per poi prendere come allenatore Carlos Santiso, il quale qualche anno prima aveva detto che per rafforzare lo spirito di squadra (maschile) sarebbe servito uno stupro (!) di gruppo. E a niente sono servite le proteste dei tifosi e la presa di posizione delle calciatrici. Due anni fa, a febbraio, per la partita di Coppa del Re contro il Maiorca, Presa aveva deciso di non fare entrare gli ultrà, nessuno che portasse i simboli dei Bukaneros, fino a ché, su intercessione dei giocatori, sono stati fatti passare dopo quaranta minuti dall’inizio del match. Da una parte la gente del quartiere che ama la propria squadra, con valori e principi ben definiti, dall’altra un presidente che a questa gente, questi valori e questi principi ha fatto la guerra fin da subito. Spostare lo stadio in un altro quartiere non è solo una provocazione, potrebbe essere la fine del Rayo Vallecano come lo abbiamo sempre conosciuto.