La Champions: un obiettivo alla portata
Una magia che in questa prima parte di stagione si è già trasformata in un sogno straordinario per tutto il grande popolo dell’Aston Villa. Quarta in classifica, a soli 2 punti dalla vetta, dopo il miglior inizio di stagione degli ultimi 25 anni scandito da 9 vittorie in 13 gare di Premier (tante quante City e Arsenal), la squadra di Emery è fra le più belle realtà da ammirare in questo momento. E, cosa ancora più importante, non sembra per nulla trovarsi lì per caso. Oggi non c’è un tifoso dei Villans che firmerebbe per un piazzamento in Europa League, convinto – e a ragione – che la propria squadra possa giocarsela fino in fondo anche per un posto nell’Europa più prestigiosa, quella della Champions League.
Emery, il Mr Wolf delle panchine
Il tutto – manco a dirlo – grazie al Mr Wolf delle panchine, il tecnico chiamato quasi sempre a mettere ordine nello scompiglio creato da altri, e a prendersi carico di quelle situazioni particolarmente problematiche nelle quali solo i più coraggiosi accettano di calarsi. Unai Emery è un signor allenatore, fra i più preparati e carismatici in circolazione. Pensare che uno come lui - capace di incidere ovunque e di vincere tantissimo (1 campionato francese con il Paris Saint-Germain e 4 Europa League con due squadre diverse, solo per citare qualcosa) - non abbia più avuto altre chance di guidare un top club dopo l’esperienza non particolarmente felice all’Arsenal, un po’ fa specie, soprattutto in un calcio come quello attuale in cui la tendenza a esaltare i giovani allenatori dopo un paio di buoni risultati è particolarmente diffusa.
La delusione Arsenal e quell'esonero mai digerito
Chi conosce la sua storia sa bene, per esempio, che la sua esperienza all’Arsenal è stata tutt’altro che un fallimento, soprattutto alla luce di quello che i Gunners stanno facendo vedere proprio in queste ultime stagioni: la spina dorsale della squadra di Arteta è, infatti, formata da gente come Martinelli, Saka o Nketiah, che proprio Emery volle lanciare in prima squadra quando erano poco più che dei ragazzini. Forse, - e lui stesso lo ha fatto intendere in più di un’occasione - il suo vero limite è quello di essere eccessivamente concentrato sul calcio: insomma, di soffermarsi quasi esclusivamente sull’aspetto sportivo, tralasciando tutta quella parte - per così dire - politica e diplomatica, che diventa fondamentale soprattutto quando ci si trova alla guida di grandi club, portatori di interessi enormi e diffusi, e spesso governati da più anime.
Con lui anche il fidato Monchi
Quando fu esonerato dall’Arsenal, fu colto di sorpresa: l’Emery allenatore, isolato col suo staff in quel mondo fatto di campo, spogliatoio e ufficio affacciato sul campo di allenamento, non si era nemmeno reso conto che la fiducia verso il suo progetto era scemata a tal punto che il club aveva deciso di cambiare strada. Al Villa, invece, è tutto più semplice: i calciatori pendono dalle sue labbra, e il club si affida a lui in tutto per tutto, consapevole di avere a disposizione un fuoriclasse assoluto delle panchine. A Birmingham ha voluto la sua gente, e il club, intelligentemente, lo ha accontentato: e così, sono arrivati i fidati Vidagany e Monchi, a cui lui ha affidato tutta la parte relativa al mercato e alle trattative.
United, la nuova possibile grande occasione
Al Villa, dunque, si sente nell’ambiente più adatto per fare bene. La speranza di ricevere un nuova chiamata di quelle che non si possono rifiutare non lo ha, però, mai abbandonato. E, da questo punto di vista, sono già forti e sempre più consistenti le voci che lo vorrebbero in cima alla lista dei desideri stilata da Jim Ratcliffe, il magnate britannico pronto ad acquisire un primo 25% del Manchester United e la gestione della parte sportiva dei Red Devils. Sarebbe, dunque, Emery il favorito per sostituire un ten Hag sempre più in bilico. Voci che, però, non lo distraggono: per ora, nella sua testa c’è solo il Villa, oltre che quell'eterna e irrefrenabile voglia di costruire l’ennesimo miracolo.