Martinez, l'antieroe del Racing: galera, fede e gol

Muratore e poi netturbino: ingiustamente incarcerato. L’incontro con Dio, il fútbol e l’amore dell’Académia
Martinez, l'antieroe del Racing: galera, fede e gol

Disclaimer - Questo articolo contiene tracce di: carcere, proiettili, pugnalate, religione, rivalsa, Akadémia Racing Club. Insomma: stiamo per raccontarvi una storia piena di... Maravilla. Sì, perché se in Argentina dici Maravilla Martínez la gente pensa a Sergio Gabriél, ex pugile che in carriera ha vinto titoli mondiali, ma se dici Maravilla Martínez ad Avellaneda, anzi, nella parte Académica di Avellaneda, non c’è uno che non ti guardi, con gli occhi pieni di gioia e di amore, ed esclami: «El único Maravilla es Adrián, quello che ci ha distrutto l’Independiente». Una vita da Maravilla, quella del bomber del Racing e no, non è esagerazione giornalistica. Prima di diventare idolo della Guardia Imperial, infatti, Martínez ha visto di tutto: da ragazzino, a 15 anni, iniziò a lavorare senza terminare la scuola. Fu prima muratore, quindi operaio in una fabbrica di birra, poi netturbino e, per un periodo, persino cartonero. Un incidente di moto in cui rischiò addirittura l’amputazione della mano lo costrinse, però, a lasciare l’impiego. Nel 2014 la prima svolta. Tragica: per 7 mesi fu detenuto nelle galere della República Argentina. Il motivo? Essere stato accusato, ingiustamente, d’aver guidato la vendetta dopo che suo fratello aveva ricevuto tre proiettili in pieno petto in un episodio violento mai realmente chiarito.

Dal buio del carcere alla luce del calcio

Nel buio del carcere, nel tunnel infinito in cui s’era trasformata la sua vita, l’incontro con Dio: «Cerco di non conservare i brutti ricordi. Le cose succedono sempre per una ragione: alcuni soffrono per le malattie e altri finiscono in prigione. Il problema è come ogni individuo supera le difficoltà. Sono grato al mio destino, perché se non avessi toccato il fondo, non avrei mai conosciuto la fede. In galera si giocava a pallone, certo. Ma c’era un solo campo. Le partite aiutavano a scaricare le tensioni di una vita ai limiti della bestialità, ma erano pure l’occasione migliore per regolare i conti. Si pugnalavano in campo: moltissimi avevano infilati nelle calze o nelle scarpe le “facas”, i taglierini che si costruiscono i galeotti. Ogni volta problemi, problemi gravi». Casini gravi e brutti, non c’è dubbio. E in quel tunnel scurissimo, la luce del calcio: dal Defensores Unidos all’Atlanta, fino al Racing Club, fino ai casini gioiosi come quello che Adrián Maravilla ha combinato al Libertadores de América-Ricardo Enrique Bochini nel derby contro il Diablo Rojo. Perché solo quando tocchi il fondo davvero puoi trovare la forza di risalire. Parola di Adrián Martínez, per tutti, ad Avellaneda, Maravilla.

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