Vlahovic-Juve, il bianconero nel destino: ecco perché lo chiamavano l'Ibra serbo

Un rigore sbagliato lo allontana dalla Stella Rossa. Si rifà con il Partizan dove brucia tutte le tappe, come in Nazionale, e si veste già di bianconero...
Vlahovic-Juve, il bianconero nel destino: ecco perché lo chiamavano l'Ibra serbo© ANSA

Oggi compie 22 anni e ha sempre avuto il bianconero nel destino. Perché il nuovo e clamoroso acquisto della Juventus ha amato sin dalla nascita quei colori. L’intera sua famiglia è infatti tifosissima del Partizan, la squadra di Belgrado eterna rivale della Stella Rossa, i cui colori sono “crno beli” (letteralmente “nero bianchi”) a strisce verticali. Come la Vecchia Signora. E come quel Nacional di Funchal, capoluogo dell’isola atlantica di Madeira, in cui si rivelò la superstar Cristiano Ronaldo, predecessore di Dusan Vlahovic all’Allianz Stadium. Il Partizan, fondato nell’immediato dopoguerra dai partigiani jugoslavi, deve i propri colori nientemeno che alla stessa Juventus. Quelli originali erano il blu, il bianco e il rosso della bandiera dell’ex Jugoslavia. Finché nel 1954 entrò nel club, prima come segretario generale per poi diventarne presidente, il colonnello Franjo Tudjman, futuro leader della Repubblica croata. Tudjman voleva creare un club che avesse un’immagine pan-jugoslava e si opponesse alla Stella Rossa, che invece aveva un richiamo esclusivamente serbo.

Il Cukaricki

L’occasione fu una tournée in Brasile nel 1957, quando la Juve disputò un’amichevole con il Partizan. La squadra torinese era allenata proprio da un serbo, Ljubisa Brocic. E il dottor Umberto Agnelli, all’epoca presidente, fece dono agli jugoslavi di una muta di maglie bianconere. Fu la scintilla che fece scattare in Tudjman la volontà di cambiare i colori sociali. Dopo un breve periodo in cui il bianconero venne utilizzato come seconda maglia, quei colori divennero ufficiali, quelli della prima maglia con cui il Partizan oggi è conosciuto nel mondo. Prima di giocare nella squadra bianconera per cui ha tifato sin da bimbo, Vlahovic ha mosso i primi passi calcistici a 7 anni nella scuola calcio dell’Altina, piccolo club di Zemun, città in cui è nato, un popoloso sobborgo nord-occidentale di Belgrado. Dusan - nome che deriva dalla parola “dusa”, cioè anima - ha stoffa, è bravo. Il suo primo allenatore Radovan Sekulic lo fa giocare con i bambini più grandi. Sono i suoi stessi compagni a indicarlo come il capitano e lui li trascina a vincere tanti tornei. A suon di gol. E così a 10 anni viene accompagnato da papà Milos, d’origine montenegrina, all’Ofk, terza squadra della capitale serba il cui vivaio è storicamente rinomato. Vlahovic si allena con puntiglio e, dopo soli tre mesi, viene notato da un osservatore della Stella Rossa che lo invita a uno stage di alcuni giorni con i biancorossi. Offerta irrinunciabile, il livello dell’accademia della “Crvena Zvezda” è il massimo al pari del Partizan, sua squadra del cuore. Il primo provino non è brillante, ma va considerato che si trova catapultato lì di colpo, in un ambiente completamente nuovo. Il talento comunque c’è e a fine sessione lo chiamano avvisandolo di prepararsi a partire, il giorno dopo, per un torneo in Bulgaria. Lui è entusiasta, così come tutta la famiglia: da papà Milos a mamma Sladjana e alla sorella minore Andjela. I rivali della prima partita, di fatto una semifinale secca, sono i parigrado della Dinamo Zagabria, acerrimi rivali della capitale croata. Dusan si muove benone, segna un gol e si procura anche il rigore decisivo. Va lui al tiro, ma sfortunatamente sbaglia. Errore che non gli viene perdonato: appena rientrato in Serbia, lo scartano. Non si perde d’animo, in fondo ha soltanto 14 anni. E prova con il Cukaricki, quarta squadra di Belgrado. Non va bene neppure lì.

Contratto a 15 anni

A quel punto, un po’ a sorpresa, si fa vivo l’amato Partizan. Notizia splendida anche perché la sede degli allenamenti dei bianconeri è vicina a casa sua. Prima di sostenere l’importante provino, ancor più emozionante per lui visto il tifo, dice ai genitori e alla sorella: «Darò il meglio di me stesso, però tranquilli. Non mi sogno nemmeno di trascurare la scuola. So che studiare è importante. Non si può puntare tutto sullo sport senza avere un pezzo di carta in mano. Nella vita non si sa mai». La mamma, operatrice sanitaria, lo iscrive infatti a una scuola superiore (privata) propedeutica alla medicina. Il “trial” col Partizan va più che bene, il ragazzo mostra doti fuori dal comune: ha un sinistro micidiale, un passo superiore ai compagni abbinato ad altezza e forza fisica con la tecnica che si va sempre più affinando. A 15 anni firma già il suo primo contratto professionistico. E sbaglia di nuovo un rigore in un derby contro la Stella Rossa. Ma poi si riscatta firmando uno strepitoso poker. Il calcio al primo posto, ovvio, ma Vlahovic non abbandona del tutto l’altro suo hobby, ovvero le arti marziali. La sua specialità preferita è il kung-fu dove eccelle nella posizione denominata “horse stance”, quella del “cavaliere”. Il perché è presto spiegato: questo esercizio è formidabile per costruire flessibilità e forza sugli adduttori ma anche su glutei e ischiocrurali. Migliora la mobilità, l’allungamento, la divaricata. Tutte cose che gli tornano utilissime nel calcio. All’inizio del 2016, su invito dell’allenatore Ivan Tomic (ex centrocampista della Roma), Vlahovic si è trasferisce nella prima squadra del Partizan. Debutto in Super League serba il 21 febbraio nel derby contro l’Ofk. Diviene il più giovane esordiente nella storia del club bianconero. Sei giorni dopo diventa anche il più giovane a essere schierato nel cosiddetto “derby eterno”, quello sentitissimo con la Stella Rossa. Tomic lo manda in campo a 20’ dalla fine al posto dell’ivoriano Ismael Fofana. Il record del più giovane a disputare il derby, fino ad allora, era detenuto dal rivale Luka Jovic, ex Stella Rossa oggi riserva al Real Madrid. Il 2 aprile Dusan centra l’ennesimo record di precocità firmando il suo primo gol con la maglia del Partizan in una partita contro il Radnik Surdulica valida per la Coppa serba. Infine, il 20 aprile, entra per la quarta volta nella storia del club come il più giovane calciatore a partire titolare: con lo Spartak Subotica (3-0 il finale) nelle semifinali di Coppa. L’11 maggio conquista il suo primo titolo con la prima squadra: vince la finale della Coppa di Serbia segnando la rete del definitivo 2-0 allo scadere contro lo Javor Ivanjica. La stagione successiva fa il suo debutto in campo internazionale (Europa League, secondo turno preliminare) il 21 luglio 2016 contro i polacchi dello Zaglebie Lubin. Al termine dell’annata conquista la “doppia corona”, campionato e Coppa nazionale, agli ordini del nuovo tecnico Marko Nikolic, che aveva preso il posto di Tomic. I media gli assegnano il soprannome di “Srpski Ibrahimovic”, l’Ibra serbo. L’asso svedese d’origine croato-bosniaca, fra l’altro, è sempre stato il suo idolo: «Un paragone che mi onora e mi lusinga, ma anche una grande responsabilità», afferma Vlahovic. Oltre al ruolo e alle comuni radici ex jugoslave, anche fisicamente ha caratteristiche alla Zlatan: è alto 190 centimetri per 84 chili contro l’1 e 95 per gli attuali 100 chilogrammi (a 40 anni, però) dell’attaccante milanista.

Il blitz di Corvino

Siamo ormai giunti all’inizio dell’estate 2017. Le sirene straniere suonano sempre più intensamente. Borussia Dortmund e Arsenal scattano in prima fila, seguite a ruota dall’Anderlecht campione belga, il cui allenatore René Weiler ha avuto un’allettante relazione sul serbo e spinge per averlo. La proposta è buona, 2 milioni di euro, ma a quel punto scende in campo lo scaltro ds viola Pantaleo Corvino, grande scopritore di talenti. S’imbarca per Belgrado e va a parlare direttamente con la famiglia Vlahovic. L’esperto dirigente salentino convince tutti, Partizan compreso, che quella della Fiorentina è la scelta migliore per il 17enne Dusan. E così il classe 2000 si trasferisce alla corte di Pioli e del presidente Cognigni (troverà in squadra anche Federico Chiesa) per 1 milione e 950 mila euro, 50 mila in meno rispetto all’offerta dei belgi. Essendo ancora minorenne Duca (si pronuncia “Duzza”, vezzeggiativo di Dusan) può firmare solo un contratto preliminare di cinque anni, che diventa ufficiale il 28 gennaio 2018 al compimento del 18° anno. E una volta in Italia comincia a guardare tanti video di Van Basten e Batistuta, altri centravanti dai quali vuol trarre ispirazione. Anche in Nazionale ha sempre bruciato le tappe. A 16 anni è già convocato nell’Under 19, a 19 nell’Under 21 mentre il debutto nella massima rappresentativa è datato 11 ottobre 2020, ventenne, a Belgrado contro l’Ungheria in Nations League. Il successivo 18 novembre, alla prima da titolare, realizza il primo gol nella gara vinta 5-0 contro la Russia. Da allora ha collezionato 14 presenze firmando 7 reti. DV9 sarà fra i protagonisti ai Mondiali in Qatar grazie al clamoroso successo serbo di Lisbona contro il Portogallo, che costringe i lusitani ai playoff. La rete decisiva viene realizzata all’ultimo secondo dal suo compagno di reparto Aleksandar Mitrovic, 27 anni, capocannoniere del Fulham. La stampa serba ha definito i due bomber del nuovo ct Dragan Stojkovic come i gemelli del gol paragonandoli nientemeno che ai leggendari Aleksandar Tirnanic e Blagoje Marjanovic, gli attaccanti che guidarono la Jugoslavia al 4° posto nella prima Coppa Rimet della storia disputatasi in Uruguay nel 1930 e vinta dai padroni di casa. Quel piazzamento di quasi cent’anni fa resta tuttora il migliore del calcio serbo ai Mondiali. Uno dei giudizi più lusinghieri sul 22enne co-capocannonniere della Serie A lo ha dato, proprio in occasione di Portogallo-Serbia, il vice-capitano laziale Sergej Milinkovic-Savic, suo connazionale: «Non ho alcun dubbio che il futuro è tutto per Vlahovic. Prestissimo diventerà un campione assoluto, a livello planetario. Sentiremo sempre più parlare di lui. A parte la sua conclamata bravura, ha una forza mentale e un’energia nervosa sensazionali. Ha motivazioni fortissime. Non è mai soddisfatto, è un perfezionista assoluto, vuole sempre migliorarsi, lavora come un matto sia in partita sia negli allenamenti». Non vi sembra l’identikit di... Cristiano Ronaldo?

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