Ronaldo al Napoli, azzardo suggestivo: tra genio e autogol

Ronaldo al Napoli, azzardo suggestivo: tra genio e autogol© EPA

Allora: la tesi formulata da Antonio Cassano nei giorni scorsi ("non ce la fa più, ormai va a terra da solo, dovrebbe avere il coraggio di smettere oppure andare a giocare in Cina o in America") è forse un po’ troppo tranchant. Ma è indubbio che l’intenzione di inserire Cristiano Ronaldo nel Napoli, lasciando che a fargli spazio in campo e nel bilancio sia un craque come Osimhen, rappresenti un azzardo calcistico e ambientale non indifferente. Soprattutto adesso che la squadra magistralmente costruita da Giuntoli - e condotta con crescente consapevolezza gestionale da Spalletti - sembra davvero aver raggiunto un equilibrio tecnico e tattico tale da considerarla una credibilissima candidata allo scudetto; per alcuni, addirittura la favorita. Fino a ieri, almeno.  

Perché il fattore CR7, paradossalmente (si tratta pur sempre di quello che fino a poco tempo fa veniva quasi ovunque considerato il più forte giocatore del mondo), rimescola le carte. Nel senso che la sua versione attuale - quella che a 37 anni di colpo è parsa invecchiata e a Manchester ha creato i presupposti di un repentino divorzio dopo il clamoroso ritorno - da più parti non verrà intesa come additivo bensì come potenziale boomerang. O, quantomeno, un granello(ne) di sabbia buttato a muzzo negl’ingranaggi ora perfettamente oliati della squadra azzurra. Laddove Osimhen è il centravanti che Ronaldo non è più, e forse mai è davvero stato. Il fenomeno portoghese poi, al di là dell’effettivo ruolo che è disposto a ricoprire, è un solista; uno che in campo come fuori ha sempre dato l’impressione - vieppiù col trascorrere degli anni - di anteporre la gloria personale (leggasi: i gol segnati da lui) alle necessità del gruppo. Che, ricordiamo, non sono soltanto tecniche, ma anche caratteriali, vorremmo dire morali. E già nella Juve, dove pure era una star assoluta e si stagliava su chiunque altro, certe perplessità più o meno latenti erano emerse.  

Dopodiché: Ronaldo è Ronaldo. Segnare, sa ancora segnare. Il pallone, di piede o di testa, lo tocca ancora da dio. La suggestione di rievocare l’ingaggio di Maradona è enorme, almeno a livello mediatico; e azzeccare la scelta, creando una qualche miracolosa alchimia, diventerebbe un colpo di genio che farebbe assurgere De Laurentiis allo status di un San Gennaro più Cristiano che profano. Ma perdere Osimhen, e circoscrivere le ambizioni di Kvaratskhelia che già molti chiamano Kvaradona, rischia di rivelarsi un autogol letale. Il Napoli, oggi, è una bellissima squadra; CR7 significa date la palla a me e io tiro. Chiaro, poi dipende da quante ne vanno dentro. Ronaldo sta valutando se ascoltare l’ultimo consiglio del suo mentore/manager Mendes. A Napoli, forse, qualcuno sta ancora riflettendo se ne valga la pena.

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