Una delle storture più evidenti, e fastidiose, del calcio moderno è l’aver trasformato obtorto collo i tifosi in economisti e ragionieri, a volte commercialisti, quasi analisti finanziari. […]. Fino a giungere, nel caso del Torino attuale, al paradosso di sentir ringraziare Gleison Bremer - di gran lunga il più forte della squadra di Juric - per avere prolungato di una stagione il contratto al fine di far monetizzare meglio la sua cessione alla società. Che bel gesto, che gratitudine, che attaccamento. Non lo hanno detto soltanto Cairo e Vagnati, eh? Perfino qualche cuore granata si è spinto a tanto. E invece no. È stata una mossa di reciproco interesse, bon. Perché, rinnovando fino al 2024, il difensore brasiliano ha sì rafforzato la posizione del club - che altrimenti si sarebbe ritrovato con un pezzo da novanta in odor di scadenza e quindi di svincolo a parametro zero nel ‘23 - ma nel contempo ha evitato di ritrovarsi in una situazione alla Belotti, col rischio di rimanere per forza e in un contesto ambientale non ottimale, e soprattutto si è fatto dare in cambio la garanzia di accettare la proposta di un top team, sicuro che sarebbe arrivata. […]
[...] Un autogol, sì. Sia perché una società ambiziosa un calciatore così se lo terrebbe e basta (ha appena compiuto 25 anni, non 30), sia perché il Bremer di agosto a Santa Cristina non era il Bremer di oggi. Il Bremer di oggi - dopo l’intuizione di Petrachi e i progressi tattici con Mazzarri degli anni scorsi - è il centrale più forte della Serie A, dunque uno dei più forti d’Europa, cioè del mondo: la sontuosa prestazione con il Milan ha semplicemente riassunto cifre di rendimento senza pari, che è inutile stare a riassumere qui (per dire, ha già raggiunto i 100 intercetti in questo campionato: nessuno come lui, da nessuna parte). Del resto basta guardarlo giocare, per capire.
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