“Praet, ti aspetto”, le strategie del Toro

Dalle telefonate di Juric a quelle di Vagnati, le trattative per il belga non finiscono mai. Quel patto di agosto per gennaio. Il nuovo step? A ottobre
“Praet, ti aspetto”, le strategie del Toro© sportinfoto

TORINO - Che Ivan Juric si mettesse a chiamare Dennis Praet era nell’ordine delle cose, dati i rapporti tra i due e l’attitudine del tecnico a interpretare il ruolo senza confinamenti di sorta. D’altra parte ancora a maggio Ivan indicò il belga tra le priorità di mercato. Ma la storia racconta che anche Davide Vagnati vanta un bel dialogo con Praet, figlio non solo o non tanto della stagione vissuta assieme in granata. Perché Dennis è un ragazzo simpatico, educato, con in più una dote rara: è molto sveglio, sa stare al mondo, calibrare sempre toni e parole, ha una personalità intessuta nell’esperienza, esibisce un’intelligenza superiore alla media nel gran mondo dei calciatori: un college dove trovano spazio nella stessa aula ragazzi di scuola media e secchioni liceali, adolescenti capricciosi e giovani più maturi della loro età. A 28 anni, Praet ha una testa adulta e comportamenti in linea: non lo troverete mai a farla fuori dal secchio. Ed è praticamente impossibile trovare un allenatore o un dirigente che possa parlarne male: e ne ha avuti diversi tra l’Anderlecht, la Samp, il Leicester, il Toro e la Nazionale belga. Per Marco Giampaolo era un braccio destro in campo: pagherebbe ancor oggi per riaverlo. Per Juric era «l’unico giocatore in rosa con determinate caratteristiche, un collante capace di sposare i movimenti del centrocampo con quelli degli attaccanti, di ricoprire più ruoli e leggere sempre bene i momenti delle partite. Ha un’intelligenza tattica superiore e una classe non da tutti. E a ogni partita ci inventa due o tre occasioni. Non ho nessun altro con qualità così»: appunto. Lo adora(va) Ivan, lo stima da morire Vagnati. E anche il dt gli ha parlato più volte, in estate. Sino alle telefonate di agosto, con una speranza dapprima proiettata sulla conclusione del mercato, infine riveduta e corretta nella prospettiva della riapertura del mercato a gennaio. A fine mese Praet arrivò a un passo dal tornare: il Leicester aveva infine aperto alla cessione, Vagnati portò avanti gli assalti su una piattaforma che prevedeva un obbligo condizionato di acquisto a fine stagione, intanto il belga ci aveva messo del suo chiedendo alla dirigenza di essere ceduto. E di essere ceduto al Torino, punto. Gli inglesi avevano un paio di obiettivi aperti, nel ruolo. E uno era Jeremie Boga. Ma l’Atalanta non volle darlo via. E le alternative sfumarono. Finì lì per forza. Praet era già da tempo ai margini, nell’impiego. Per dare l’idea: appena 2 presenze in Premier, 82 minuti, poco più di due spezzoni. Brendan Rodgers, l’allenatore, ha un rapporto pacifico con Dennis: le sue sono banalissime scelte tecniche, nell’alternanza tra il 3-5-2 e il 4-3-3. Però così banali da aver portato il Leicester all’ultimo posto del campionato con un punto in 6 partite. Difatti traballa. E tra i papabili c’è Roberto De Zerbi.

La situazione Praet

Di sicuro con Praet il Torino è stato chiaro: già tra un mese valuteremo di nuovo la situazione, han detto a lui e ai suoi agenti. Sarà da vedersi cosa succederà a Leicester: il destino di Rodgers, un impiego sempre rarefatto o al contrario un’improvvisa epifania di Dennis in squadra. Un’altra variabile saranno i Mondiali a fine anno. Praet è sempre stato tra i convocati, ma certo giocar poco o nulla non aiuta. Il suo contratto scadrà già nel ‘24, immaginare un prestito semestrale è improbo. Più realistico andare a dama con una compravendita, nel caso. Se a gennaio saranno maturate condizioni favorevoli alla sua partenza, con un Leicester disposto a darlo via per non rischiare di perderlo più avanti a parametro zero, un giocatore talentuoso come Dennis potrebbe trasformarsi anche in un affarone da soli 5, 6 milioni di euro. Per questo Juric e Vagnati hanno mantenuto una porta sempre aperta, per Praet: riparliamone tra un po’, rifacciamo un punto già a ottobre, Dennis. Così hanno spiegato a lui e ai suoi rappresentanti.

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