Segrt, chi è il garzone geniale che fa impazzire il Tagikistan

Il ct croato-tedesco ha portato l’ex repubblica sovietica ai quarti di Coppa d’Asia, là dove lo sport nazionale è il violento buzkashi (due squadre di cavalieri si contendono una carcassa di capra), grazie a lui ora i bimbi giocano a pallone
Segrt, chi è il garzone geniale che fa impazzire il Tagikistan

DOHA (Qatar) - Se la più grande delusione della Coppa d’Asia è rappresentata dall’uscita dell’Arabia Saudita del “fuggiasco” Mancini (i canali televisivi panarabi a cominciare dal potente BeIN Sports qatariota hanno mostrato centinaia di volte, con commenti durissimi, l’inaccettabile abbandono della panchina da parte del ct jesino quando mancavano ancora tre rigori da tirare), la sorpresa più clamorosa è invece rappresentata dalla qualificazione ai quarti del Tagikistan (106ª posizione nell’ultima “ranking list” Fifa) che domani sfiderà la Giordania per un posto in semifinale.

Il nuovo eroe

A Dushanbe, la capitale dell’ex Repubblica socialista sovietica divenuta indipendente nel 1991, hanno già proclamato il loro nuovo eroe. È uno straniero, come lo fu Garibaldi quando compì imprese epiche anche in diversi Stati del Sud America. Si chiama Petar Segrt (pronuncia Scegrt), è nato in Croazia (a Djurdjevac, nord-est, vicino alla frontiera con l’Ungheria), ma a 6 anni s’è trasferito in Germania dove i genitori erano emigrati per motivi di lavoro ed è così in possesso anche del passaporto tedesco. Diciamo subito che è l’anti-Mancini per antonomasia. Personaggio a tutto tondo: simpaticissimo, cordialissimo, disponibilissimo, grande affabulatore e pure istrionico come sanno esserlo molti tecnici giramondo dell’ex Jugoslavia. Nell’ultima conferenza stampa è andato a stringere la mano non solo ai giornalisti presenti, ma addirittura a tutti i cameramen delle varie televisioni...

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"Buzkashi" in calo

La vittoria agli ottavi sugli Emirati Arabi Uniti allenati dal quotato lusitano Paulo Bento (ex ct del Portogallo semifinalista a Euro 2012 con CR7) ha incredibilmente spostato gli interessi dei tifosi tagiki. Va infatti sottolineato che lo sport nazionale laggiù, nelle steppe dell’Asia Centrale, è il cosiddetto “buzkashi” ovvero una specie di “mix” fra polo, Palio di Siena e corsa delle bighe. Una competizione ancestrale. Lo scopo dello scontro fra le due squadre di cavalieri è quello di impadronirsi della carcassa di una capra (“boz”) e lanciarla oltre un segno di demarcazione o in un’area definita: sport violento giacché non esistono regole scritte ed è concesso, per esempio, colpire un avversario o il suo cavallo con il frustino, spingersi e strattonarsi reciprocamente. Ora però sono comparse orde di ragazzini armati di palloni che hanno cominciato a invadere questi enormi spazi (le misure dei campi da buzkashi vanno dai 100 fino a oltre 400 metri) sognando di emulare le imprese dei “leoni” rossobiancoverdi a Doha.

Un garzone geniale

Segrt in lingua serbo-croata significa garzone. Un cognome abbastanza diffuso nei Paesi dell’ex Jugoslavia, come potrebbe essere Smith o Schmidt (cioè fabbro) negli idiomi anglosassoni. Ma ora questo “garzone” è stato accostato dalla stampa tagika nientemeno che a uno dei più grandi geni dell’umanità: Albert Einstein, premio Nobel per la Fisica, l’uomo dal quoziente intellettivo 180. Per la sua strategia e la sua tattica vincente che stanno facendo volare una Nazionale, già fra le migliori 8 del Continente, in precedenza mai qualificatasi per una fase finale della Coppa d’Asia. Se poi ci mettete che il 57enne croato-tedesco sfoggia un look con folti capelli e baffi bianchi, ecco che il paragone con il “cervellone” nato a Ulm quasi quasi ci può pure stare...

Germania e Austria

Classe 1966, Petar Segrt ha mosso i primi passi calcistici in tre piccoli club amatoriali della Foresta Nera: Hirsau, Alzenberg Wimberg e Calw (la città dove viveva con la famiglia). Poi è passato alla carriera senior nel 1984, sempre però fra i dilettanti: Calw (durante la convalescenza per un’operazione al ginocchio già allenava, non ancora 18enne, la squadra giovanile), Plochingen, Schwaikheim, Allmersbach, Walldorf e finalmente nel 1993 il Waldhof Mannheim (all’epoca in Zweite Bundesliga, lui era riserva). Giocava in difesa. Ma un anno dopo un altro grave infortunio al ginocchio, il secondo in carriera, lo costrinse ad appendere le scarpe al chiodo. E volle subito intraprendere la carriera da tecnico. Conseguito rapidamente il patentino Uefa B al corso di Ruit, cominciò a lavorare da coach nel Calw, poi assistente a Bochum, Duisburg e Mannheim. Nel 2001 ottiene la licenza Uefa Pro e si trasferisce in Austria dove guida Leoben, Ried e Wiener Sportklub.

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Georgia e Maldive

Nel 2006 si trasferisce a Tbilisi dapprima come osservatore federale della Georgia, poi ct del’Under 21 e dal 2008 responsabile della Nazionale A. Nel 2010 eccolo in Indonesia dove allena il Bali Devata e il Psm Makassar. Nel 2014 rientra in Europa accordandosi con i bosniaci della Zvijezda Gradacac. L’anno dopo lo chiama la Federcalcio dell’Afghanistan. Resta due anni quindi si trasferisce ad allenare la Nazionale delle Maldive (attualmente guidata dal leccese Checco Moriero). E dal 27 gennaio 2022 lavora in Tagikistan. Un esperienza enorme per questo “globetrotter” delle panchine.

Le bombe e Lippi

«A chi mi sono ispirato? Beh, come non restare stregati da Marcello Lippi... Un allenatore di gran classe, un signore delle panchine, super lettore delle partite. Dai successi con la Juventus al trionfo Mondiale in Germania con l’Italia. La mia esperienza più bella? Girando l’orbe terracqueo ho vissuto tantissime avventure, tutte a loro modo memorabili. Quella attuale col Tagikistan è la migliore dal punto di vista dei risultati, è fuori discussione. Però ricordo anche quando arrivai in Afghanistan e i media mi definirono “L’Uomo della Provvidenza”. A Kabul sono sopravvissuto ai bombardamenti, ma non volli andarmene perché io sono uno che s’identifica totalmente con i tifosi e il popolo locale se parliamo di squadre nazionali. La mia compagna e il mio amico Joachim Löw, all’epoca ct della Germania campione del mondo, mi telefonavano in continuazione implorandomi di tornare a casa, ma io non ci sentivo da quell’orecchio... D’altronde anche a Tbilisi avevo sfiorato le bombe e non ne ero scappato».

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Passaporto requisito

E l’esperienza più brutta? «Sempre a Kabul, non volli convocare un giocatore perché mi era stato imposto e soprattutto era stato accusato di “combine”. Il presidente federale mi fece requisire il passaporto e mi negò lo stipendio. Ero in casa, ma di fatto come in carcere. Poi me lo restituirono... Ho sempre cercato d’imparare a parlare le lingue dei Paesi in cui ho lavorato. Talora con errori, chissà anche strafalcioni. Ma intanto studiando miglioravo e non dovevo passare sempre attraverso gli interpreti. Così i giocatori possono capire meglio ciò che chiedo loro. Ho provato anche in Afghanistan, naturalmente, ma lì non gradivano certi miei errori linguistici. O sai l’idioma al 100 per 100 oppure vai d’interprete: è la loro cultura...».

Ha ingabbiato CR7

Un capolavoro tattico memorabile? «Il meglio deve sempre venire. Un sogno continuare la nostra fiaba anche domani nei quarti contro la Giordania. Ma sono molto contento dell’unità che c’è in squadra. Vogliamo vivere un’avventura simile a quella del Marocco qui in Qatar poco più di un anno fa ai Mondiali. Se però devo proprio raccontare un episodio tattico che m’inorgoglisce allora dico quando siamo riusciti a ingabbiare Cristiano Ronaldo in un’amichevole a Viseu prima di Euro 2008. Il Portogallo vinse sì 2-0, ma CR7 non riuscì a segnare e il ct Scolari lo sostituì con Nani...».

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DOHA (Qatar) - Se la più grande delusione della Coppa d’Asia è rappresentata dall’uscita dell’Arabia Saudita del “fuggiasco” Mancini (i canali televisivi panarabi a cominciare dal potente BeIN Sports qatariota hanno mostrato centinaia di volte, con commenti durissimi, l’inaccettabile abbandono della panchina da parte del ct jesino quando mancavano ancora tre rigori da tirare), la sorpresa più clamorosa è invece rappresentata dalla qualificazione ai quarti del Tagikistan (106ª posizione nell’ultima “ranking list” Fifa) che domani sfiderà la Giordania per un posto in semifinale.

Il nuovo eroe

A Dushanbe, la capitale dell’ex Repubblica socialista sovietica divenuta indipendente nel 1991, hanno già proclamato il loro nuovo eroe. È uno straniero, come lo fu Garibaldi quando compì imprese epiche anche in diversi Stati del Sud America. Si chiama Petar Segrt (pronuncia Scegrt), è nato in Croazia (a Djurdjevac, nord-est, vicino alla frontiera con l’Ungheria), ma a 6 anni s’è trasferito in Germania dove i genitori erano emigrati per motivi di lavoro ed è così in possesso anche del passaporto tedesco. Diciamo subito che è l’anti-Mancini per antonomasia. Personaggio a tutto tondo: simpaticissimo, cordialissimo, disponibilissimo, grande affabulatore e pure istrionico come sanno esserlo molti tecnici giramondo dell’ex Jugoslavia. Nell’ultima conferenza stampa è andato a stringere la mano non solo ai giornalisti presenti, ma addirittura a tutti i cameramen delle varie televisioni...

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