Peirò, primo spagnolo del Torino: «Tifo Ventura»

Il bomber del Toro di Ferrini e Bearzot: «Fu un’esperienza fantastica. Adesso i ragazzi hanno una missione...»
MADRID - Rapinatore e asso di coppa. Il primo spagnolo a vestire la maglia del Toro arrivò dall'Atletico Madrid. Come l'ultimo, del resto. A differenza di Rubén Pérez, tornato alla base dopo sei mesi ancora difficili da interpretare, la stagione italiana di Joaquín Peiró fu lunga e gloriosa: «Quando il presidente mi comunicò l'offerta del Torino non esitai nemmeno un istante, anche perché capii che quei soldi avrebbero garantito al club una certa stabilità economica». Correva l'estate 1962, ma l'amore per il Piemonte non è più svanito: «Presi la decisione giusta, non ho dubbi. Se lo rifarei? Eccome! Mi piacerebbe proprio tornarci. Anzi, se vogliono rendermi un omaggio io ci sto», ci scherza su l'ex centravanti madrileno.

IL RAPINATORE - Quando arrivò al Comunale, Lido Vieri e Giorgio Ferrini erano i leader dello spogliatoio granata assieme al capitano Enzo Bearzot: «Un grande pedalatore», ricorda nostalgico Peiró. «Con chi mi trovavo meglio? Con tutti. A quel tempo non c'erano questo tipo di favoritismi». Due anni intensi e pieni di soddisfazioni quelli vissuti all'ombra della Mole. Soprattutto il secondo, agli ordini di Nereo Rocco che lo volle titolare nel tandem d'attacco completato dall'ariete inglese Gerry Hitchens: i 13 gol segnati tra campionato e Coppa Italia gli valsero l'interessamento dell'Inter di Angelo Moratti ed Helenio Herrera, club con il quale, il 'Rapinatore' (indimenticabile il suo gol di rapina al Liverpool che decise, di fatto, le sorti della semifinale di ritorno della Coppa dei Campioni del 1964-'65) avrebbe poi vinto tutto: «Con Sandro Mazzola parlavamo spesso di suo padre Valentino e del grande Toro. E quello che mi colpiva di più era il senso di gratitudine, e mai di pena, che il calcio italiano in generale provava verso quella squadra mitica».

CUORE GRANATA
- Grande attaccante e discreto allenatore, Peiró ha visitato spesso San Mamés e per questa ragione sa bene a cosa va incontro il Toro: «Un ambiente unico, una grande partita. In Spagna si sta parlando molto di questa sfida. Forse per la grande storia delle due società. Credo davvero che il Torino possa dire la sua, anche se non sarà facile. Hanno una grande squadra e una missione da compiere: toccherà a loro, infatti, prendere l'iniziativa». Spagnolo, madrileno, 'colchonero', ma con uno spiccato debole per il nostro Paese, il 'Rapinatore' è ottimista: «Seguo ancora il Toro e spero proprio che riesca a passare il turno e continuare l'avventura europea».

STADIO STREGATO - Intanto, ieri, Ernesto Valverde ha concesso un giorno di riposo ai propri uomini in vista della sfida di giovedì prossimo. Aduritz e compagnia torneranno in gruppo stamattina alle 10.30 nell’unica seduta che i baschi sosterranno prima della rifinitura di domani pomeriggio alle 19 quando sostituiranno l’erbetta del centro sportivo di Lezama con quella di San Mames. Un terreno di gioco stregato per le squadre made in Italy, quello della Catedral: l’Athletic Bilbao, infatti, ha vinto sette degli otto precedenti disputati contro le italiane. Solo la Juventus, nella fase a gruppi della Champions League 1998-1999, è riuscita a strappare un pareggio ai baschi sul proprio campo. Uno 0-0, tuttavia, che all’undici di Giampiero Ventura servirebbe a poco.

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