"Golden Pedri, vi svelo come lo lanciai a soli 16 anni"

L’allenatore del Las Palmas, Pepe Mel, promosse lo spagnolo dalle giovanili alla prima squadra: "Il presidente mi chiese il perché e io risposi: 'Questo ragazzino è milionario, ma non lo sa'"
Pedri, classe 2002 (Barcellona)© LaPresse

Ogni giocatore ha un padre calcistico. Quello di Pedri si chiama Pepe Mel, l’allenatore che ha lanciato il Golden Boy 2021 neanche maggiorenne titolare nel Las Palmas, il club delle Canarie.

«Io allenavo la prima squadra, in seconda divisione, e Pedri giocava nell’Under 16. Era chiaro a tutti che quel ragazzo del vivaio avesse qualità eccezionali, ma la domanda che ci ponevamo all’interno del Las Palmas era questa: Pedri sarà capace di ripetere quello che fa nel settore giovanile anche in prima squadra?».

Dove trovò la risposta e il coraggio per promuovere in pianta stabile Pedri nel suo Las Palmas?

«Nel 2019-20 giocammo delle amichevoli a Marbella e nella partita contro il Betis capii che Pedri era pronto per bruciare le tappe. Aveva 16 anni, ma si muoveva come uno di 30. Passava il pallone, tirava e dribblava sempre al momento giusto. E poi Pedri aveva già un motore incredibile, era molto dotato a livello atletico: correva ininterrottamente per 90 minuti».

Come presero in società la sua decisione di promuovere un 16enne in prima squadra?

«Il presidente del Las Palmas era con me a Marbella in quel periodo. Un giorno mi chiese di Pedri e io risposi lui: “Presidente, Pedri è milionario ma lui non lo sa”. Infatti non patì il salto dall’Under 16 alla prima squadra, giocò subito tantissime partite e divenne titolare inamovibile. E la scorsa stagione non ha sofferto il passaggio dal Las Palmas in seconda divisione a un top club come il Barcellona. Non mi ha stupito, Pedri: allenandolo ogni giorno avevo capito che mi trovavo di fronte a un giovane top, il miglior talento in assoluto con cui ho lavorato. I blaugrana hanno avuto grande fiuto, il loro è stato un atto di fede».

Cioè?

«Io sono di Madrid e ho giocato nelle giovanili del Real. Avevo segnalato Pedri, ma dalle parti del Bernabeu lo consideravano troppo giovane. Il Barcellona, invece, lo vide giocare nelle amichevoli di Marbella, se ne innamorò e poi si è dimostrata la più convinta nel volere Pedri. Adesso sembra tutto scontato, ma non è mica semplice puntare su un ragazzo di 17-18 anni senza nemmeno una presenza in Liga. Sono stati bravi e adesso si godono un Golden Boy».

Lo sente anche un po’ suo il Golden Boy di Pedri?

«No, io non ho fatto nulla: semplicemente ho lanciato e schierato un ragazzo convinto che avrebbe rinforzato la mia squadra. E così è stato. I meriti sono tutti di Pedri».

Al di là della tecnica, qual è la miglior qualità di Pedri?

«Possiede una caratteristica che hanno soltanto i campioni: migliora e fa giocare meglio i compagni. Pedri è un 2002, ma come atteggiamenti sembra un calciatore vecchio stile: vive il calcio come un divertimento, è un giocatore da strada».

Chi le ricorda Pedri?

«Assomiglia a Iniesta. Entrambi hanno un gran feeling con gli attaccanti».

In quali aspetti deve crescere ancora Pedri?

«Deve migliorare soprattutto in zona gol. Un giocatore della sua qualità deve diventare un centrocampista da almeno 10-12 reti a stagione. Mi aspetto un salto di qualità da questo punto di vista».

Dove immagina Pedri fra dieci anni?

«Sempre al Barcellona. Visto l’addio di Messi, sono convinto che i blaugrana punteranno sul Golden Boy per molti anni. Anche perché comprarlo attraverso la clausola rescissoria da un miliardo sarà impossibile per chiunque».

Pensa che Pedri in futuro possa vincere il Pallone d’Oro come Messi?

«Dipenderà dalla sua crescita in zona gol. Segnare è l’essenza del calcio e per questo vengono premiati quasi sempre gli attaccanti».

Lewandowski non ha ricevuto il Pallone d’Oro nemmeno quest’anno, ma in compenso per il secondo anno consecutivo è stato eletto Golden Player da Tuttosport. E stavolta a eleggere il polacco miglior Over 21 d’Europa sono state leggende del calibro di Shevchenko, Eto’o, Toni, Matthaus, Veron, Van der Sar, Stoichkov, Butragueno, Nedved, Rui Costa…

«Lewandowski ha meritato il Golden Player e avrebbe dovuto vincere anche il Pallone d’Oro. È il gol fatto persona: una garanzia».

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