"Camavinga, forgiato dal fuoco del sacrificio"

Nessuno conosce il centrocampista del Real Madrid, terzo classificato al Golden Boy, come Mathieu Le Scornet: "Così è sempre stato davanti agli altri"
"Camavinga, forgiato dal fuoco del sacrificio"© Getty Images

Arrivato terzo per una manciata di voti in meno rispetto a Bellingham e al vincente Gavi dopo un'emozionante volata, Eduardo Camavinga è stato uno dei candidati più solidi del Golden Boy 2022. Nato in Angola ma cresciuto in Francia, dove la famiglia emigrò quando aveva due anni, il classe 2002 è stato decisivo l'anno scorso nella vittoria della Champions League da parte del Real Madrid di Carlo Ancelotti, che lo ha utilizzato spesso a partita in corso per cambiare la dinamica di un risultato negativo. Sebbene lontano fisicamente da lui da ormai un anno e mezzo, Mathieu Le Scornet conosce come nessuno il talento transalpino, con il quale è ritratto nell'immagine del suo profilo Whatsapp mentre alza la Coppa di Francia vinta nel 2019. Ex secondo allenatore del Rennes, e attualmente assistente di Jules Stephan a Strasburgo, il 39enne bretone vanta dieci anni nella squadra principale della sua regione. Tanti i giovani da lui scoperti nei paraggi, ma il centrocampista attualmente in forza ai Blancos è senza dubbio il più talentuoso in assoluto.

Si dice che a 10 anni Eduardo fosse già un calciatore maturo...

«Era l'unico della sua età a giocare con ragazzi più grandi di un anno a Fougères, il paesino in cui viveva. In quel periodo è una differenza importante, che fa capire il livello potenziale. E lui era al limite a livello d'età, era il più giovane ma nonostante tutto non sfigurava».

Cosa notò di lui in particolare?

«Non dominò il gioco, in realtà. Eppure il fatto che fosse più piccolo e che sapesse posizionarsi bene mi fece notare che aveva qualcosa in più».

Arrivato al Rennes a 12 anni, si inserì subito.

«Il fatto di venire da una famiglia d'immigrati che aveva vissuto dei brutti momenti lo rendeva già più forte e solido degli altri. Si tratta di un ragazzo molto altruista e umile, in campo e fuori. Qualcuno dalla grande forza di volontà e dallo spiccato senso di sacrificio. Basta pensare a tutti i km che faceva ogni giorno per venire ad allenarsi».

Da Fougeres a Rennes sono 50 km.

«E la sua famiglia non aveva i mezzi per portarlo alla nostra scuola. Fu fondamentale l'aiuto del padre di un suo compagno di squadra, che viveva a Fougeres e lo accompagnava all'andata e al ritorno».

Crede che l'incendio della casa della sua famiglia durante la sua infanzia gli abbia permesso di sviluppare un carattere ancora più determinato?

«Senza dubbio si trattò di un tragico episodio che ha mobilizzato tutto il paesino dove viveva. Penso che quando provi qualcosa del genere poi sei costretto a venirne fuori con carattere. Ed è questo che lui ha fatto, riuscendo ad arrivare in cima partendo dal basso e salendo ogni scalino».

La prima volta che ha capito che poteva arrivare davvero lontano?

«Credo sia stato proprio quando aveva 12 anni: giocava a calcio a otto nella sezione under 13 del Rennes. Un giorno lo schierai per la prima volta da difensore centrale lasciandolo spesso solo dietro. Mi guardò con uno sguardo languido, contestando quella decisione, ma poi in campo diede prova delle sue qualità. L'avevo fatto proprio per capire dove potesse arrivare. E in quell'occasione non incassammo neanche un gol».

La sua miglior qualità?

«Un piede sinistro grazie al quale è capace di andar via nei duelli uno contro uno. All'inizio era più un giocatore difensivo, ma poi col tempo è migliorato molto nella formazione da box to box. E adesso sta facendo progressi anche con i tiri da fuori».

Il 18 agosto 2019 il Rennes ospitava il Psg e un allora sconosciuto Camavinga salì alla ribalta sfoderando una prestazione maiuscola culminata da un assist...

«Quando giochi contro il Psg hai tutti i riflettori puntati contro. E quel giorno Eduardo si trovò a giocare in mezzo al campo affrontando centrocampisti come Verratti e Draxler, finendo col fare un figurone. Ma aveva semplicemente dimostrato di cosa fosse capace dopo aver effettuato tutta la preparazione con la prima squadra. A neanche 17 anni compiuti...».

Cosa ha pensato quando è andato al Real Madrid?

«Che il Real non è una squadra che fa acquisti qualsiasi, e questo dice tutto. Ma anche che passare dal Rennes al Real è qualcosa di straordinario e unico. Lì gioca ogni giorno con i migliori calciatori, è un ambiente ideale per crescere e stiamo parlando di un classe 2002 che ha ancora ampi margini di miglioramento. La concorrenza, certo, è ardua, ma lui è lì per crescere».

La candidatura al Golden Boy, dove era tra i favoriti, ne conferma l'ottimo stato di forma.

«Parliamo di un ragazzo che deve ancora compiere vent'anni e sta prendendo sempre più spazio al Real Madrid. Io predico sempre di avere pazienza con i giovani, ma con lui non ne ho avuto bisogno».

Che ha pensato quando lo ha visto alzare la Champions?

«Che quando aveva 14 anni, in una finale di categoria ormai vinta, mi chiese di uscire a cinque minuti dalla fine. Era stremato. Io, però, lo lasciai in campo fino al fischio finale. E magicamente non era più stanco al momento di alzare la coppa...».

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