Bellingham, provaci ancora. Golden Boy solo sfiorato

Il talento classe 2003 del Borussia Dortmund, due volte secondo, potrà tentare l’assalto anche tra un anno
Bellingham, provaci ancora. Golden Boy solo sfiorato© Getty Images

Ancora secondo per pochi punti, come era successo la scorsa edizione. Nemmeno questa volta Jude Bellingham è riuscito a diventare il Golden Boy, battuto da un altro blaugrana: Gavi, dopo Pedri. Ma ci potrà riprovare l’anno prossimo. Il tempo d’altro canto è ancora dalla sua parte: spegnerà 20 candeline il prossimo 29 giugno e nel bagaglio ha già oltre 150 presenze da professionista, comprese 17 nella nazionale inglese. I coetanei che possono vantare gli stessi numeri si contano sulle dita di due mani, quelli con lo stesso talento probabilmente di una sola. Nel 2020 il Borussia Dortmund ha sborsato oltre 20 milioni per strapparlo ancora 17enne al Birmingham City, con cui era reduce da una sola stagione di Championship, lanciato in prima squadra dall’attuale tecnico del Brescia, Pep Clotet, e diventando il più giovane di sempre a esordire nella storia del club.

Bellingham, una questione di famiglia

Il calcio è nel dna di famiglia, visto che papà Mark è stato uno degli attaccanti più prolifici del calcio non professionistico inglese, le famose non-leagues, e il fratello Jobe sta percorrendo le orme di Jude. Oltremanica però la star è il più grande dei due figli del sergente della Polizia delle West Midlands. Tanti si aspettano che presto lasci la Germania per approdare in Premier League: scenario non improbabile nei prossimi anni, anche se nella Ruhr non hanno alcuna fretta - «Spero rimanga con noi ancora a lungo dopo il 2023», ha detto il ds Sebastian Kehl nelle scorse settimane - e in ogni caso la richiesta non sarà probabilmente inferiore ai 150 milioni di euro. Anche perché Jude con il Borussia ha un rapporto profondo, sente la maglia e dopo ogni gol indica il logo sul petto. Un senso di appartenenza totale ad un club che gli ha dato tantissimo: gli ha garantito fiducia incondizionata, spazio, libertà di provare la giocata, lo ha protetto quando ce n’era bisogno. Il risultato è che oggi il 19enne è il terzo nella graduatoria dei capitani, dietro a due istituzioni dello spogliatoio come Marco Reus e Mats Hummels: «L’ho deciso perché se lo merita: non è originario della zona, ma ha tutti i valori che contraddistinguono Dortmund e il Borussia - ha spiegato Edin Terzic, allenatore del Bvb, che è cresciuto frequentando il Muro Giallo e oggi lo guarda dalla panchina -. Non mi interessano l’età o il costo del cartellino, io valuto ciò che un giocatore porta al gruppo. E Jude la fascia se l’è guadagnata con il lavoro». L’ha indossata per la prima volta lo scorso 1° ottobre contro il Colonia, bissando poi quattro giorni dopo in Champions League a Siviglia: «Per me significa tantissimo, è un onore: voglio essere un esempio dentro e fuori dal campo, far sì che i miei compagni mi vedano come un modello per le mie prestazioni».

La sfida con Musiala

Prestazioni, per l’appunto. Quelle che il centrocampista non ha mai fatto mancare da quando è approdato in Bundesliga: arrivato senza un ruolo definito, si è alternato tra centrocampo a due e a tre, a volte avanzando vicino alle punte o davanti alla difesa. Una duttilità che ha avuto come conseguenza anche una crescita costante nel livello di gioco e una maturazione incredibilmente precoce, testimoniata anche dal fatto che a Birmingham il City abbia già ritirato la sua maglia numero 22. Un episodio che non gli ha messo alcuna pressione e non ha arrestato di una virgola la sua ascesa. Quest’anno ha segnato anche 4 gol consecutivi in Champions League: tra i teenager ci è riuscito solo Erling Haaland. «Non riesco mai a scavalcarlo in niente», ha spiegato sorridendo. I due si sono abbracciati prima di City-Dortmund: li lega un’amicizia profonda, oltre che il talento e una personalità debordante. Quest’ultima l’anno scorso ha portato il nativo di Stourbridge ad alcuni eccessi, come gli insulti al compagno Nico Schulz durante la sfida di Europa League con i Rangers o l’attacco all’arbitro Manuel Gräfe dopo il Klassiker dell’anno scorso, ricordando il suo coinvolgimento in uno scandalo risalente a oltre 15 anni prima in seguito ad un rigore molto dubbio assegnato al Bayern. In questa stagione ha imparato a dosarla, merito anche di qualche rimprovero della mamma che vive con lui a Dortmund, mentre papà è rimasto a Birmingham con Jobe. Si dice che comunque il Dortmund voglia riunire i due fratelli in giallonero, anche perché il ceo Aki Watzke ricorda spesso come Jude sia «un ragazzo che ama giocare al Borussia». Una gioia che trasmette ogni qualvolta scenda in campo. Quest’anno ha giocato ogni singolo minuto tra Bundesliga, Champions League e Nations League: gli è stata risparmiata solo un’ora di gioco contro l’Hannover in Dfb-Pokal. Poi è entrato in campo e ha segnato uno dei suoi 9 gol stagionali, giusto per ribadire il concetto di indispensabilità. Un rendimento, sì, da Golden Boy: l’anno prossimo potrà riprovare l’assalto al gradino più alto del podio. E la sfida a distanza con il coetaneo Jamal Musiala, già trascinatore del Bayern Monaco, infiamma ogni week-end di Bundesliga. 

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