Mancini, le dimissioni e l'offerta dall'Arabia: 60 milioni in 3 anni!

Addio triste con una mail: l’ex ct si è dimesso così. I malumori e la Nazionale araba. Rabbia in Figc dopo l’accordo sulla supervisione: tutti i dettagli
Mancini, le dimissioni e l'offerta dall'Arabia: 60 milioni in 3 anni!© Getty Images

TORINO - No: le dimissioni di Roberto Mancini, comunicate alla Figc nella tarda serata di sabato tramite posta certificata, non sono state un fulmine a ciel sereno ma il punto finale di malesseri e incomprensioni che hanno pian piano assunto le dimensioni di una valanga non più sostenibile.

Non per Mancini che ormai si sentiva a disagio nel ruolo di ct e a cui non è bastato, per ritrovare l’antico entusiasmo, il nuovo progetto a cui l’ha messo a capo Gabriele Gravina non più in là del 4 agosto: coordinatore delle tre Nazionali più importanti (la maggiore e le due Under, 21 e 20, immediatamente a ridosso) in un arco temporale dilatato fino al Mondiale del 2028 e non più solo del ‘24.

Mancini, la rivoluzione e la spinta dell'Arabia Saudita

Una rivoluzione che, contestualmente, ha però anche portato alla rottura del “cerchio magico” di Mancini con l’uscita dallo staff di Evani e di Lombardo, passato all’Under 20. E già quella sera il ct si lamentò con alcuni amici del fatto che gli avessero «tolto troppi uomini», “suoi” uomini, ovviamente. Il tarlo, evidentemente, ha continuato a lavorare. Tanto è vero che le voci sul suo malessere erano giunte allo stesso Gravina che lo ha contattato per capire e ha sì ricevuto la conferma del disagio, ma non l’intenzione di mollare tutto come invece ha poi deciso di fare pochi giorni dopo. Complice l’immancabile spinta dell’Arabia Saudita che gli ha offerto un triennale da 20 milioni a stagione per guidare la panchina della Nazionale.

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Italia, l'idea di Gravina dopo la Macedonia

In Federazione sono attoniti e discretamente incavolati per tempi e modi, ma tutti si erano già resi conto di come l’atteggiamento e l’entusiasmo del ct non fossero più gli stessi dopo la cesura, sportivamente drammatica, post Macedonia. Ed è lì, a ben vedere, che Gravina ha commesso l’errore che alla lunga ha condotto a questo epilogo: ha insistito per convincerlo a restare sulla panchina azzurra e lo ha difeso anche a costo di appesantire l’immagine della propria presidenza. Il numero uno federale, del resto, aveva in mente l’eccezionale lavoro che ha condotto alla vittoria dell’Europeo e sperava che il ct ripartisse con rinnovato spirito.

Mancini, una scelta spiazzante che ha messo in crisi Gravina

Qualcosa, però, si era definitivamente incrinato e lo stesso Mancini non opponeva più draconiani rifiuti a chi lo contattava per allenare i club (è stato, per esempio, nella lista del Psg) e anche l’atteggiamento in panchina tradiva spesso insofferenza. L’inserimento, a giugno, del pedagogista Giuliano Bergamaschi nello staff h a rappresentato un tentativo di supportare il ct nella gestione delle dinamiche del gruppo, ma le indiscrezioni raccontano invece di insofferenze e perplessità sempre maggiori per quello che veniva vissuto come una sorta di accerchiamento. Che Mancini ha deciso di rompere con una scelta spiazzante delle sue e che, di fatto ha messo in crisi Gravina non solo sul piano tecnico (tra l’altro deve individuare anche il ct della Nazionale femminile) ma soprattutto su quello politico proprio perché si è speso moltissimo per difendere il ct anche ultimamente.

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Mancini, le parole di Abodi

Non è un caso che, poco dopo la notizia delle dimissioni, il ministro dello Sport, Andrea Abodi ha commentato la vicenda con una domanda che porta con sé un atto d’accusa: «Ho saputo dai media. Sono dispiaciuto e perplesso, è una decisione che arriva a sorpresa a Ferragosto: tutto molto strano. Mi viene da pensare: le nomine dello staff tecnico azzurro annunciate recentemente erano state concordate con lui o no?».

Italia, la spiegazione di Mancini

A rispondere, almeno parzialmente, ci ha pensato lo stesso Mancini: «Le dimissioni sono state una mia scelta personale. Ringrazio il presidente Gravina per la fiducia, insieme a tutti i membri della Figc. Saluto e ringrazio tutti i miei giocatori e tifosi che mi hanno accompagnato in questi 5 anni. Porterò sempre nel cuore la straordinaria vittoria dell’Europeo. È stato un onore». Ma non bastava più e davvero non può essere solo una questione di soldi perché lui, Mancini, rinunciò a ben 13 milioni di euro dallo Zenit per poter guidare la Nazionale. Erano solo 5 anni fa e allora, evidentemente, ne va leva la pena. Ora non più.

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TORINO - No: le dimissioni di Roberto Mancini, comunicate alla Figc nella tarda serata di sabato tramite posta certificata, non sono state un fulmine a ciel sereno ma il punto finale di malesseri e incomprensioni che hanno pian piano assunto le dimensioni di una valanga non più sostenibile.

Non per Mancini che ormai si sentiva a disagio nel ruolo di ct e a cui non è bastato, per ritrovare l’antico entusiasmo, il nuovo progetto a cui l’ha messo a capo Gabriele Gravina non più in là del 4 agosto: coordinatore delle tre Nazionali più importanti (la maggiore e le due Under, 21 e 20, immediatamente a ridosso) in un arco temporale dilatato fino al Mondiale del 2028 e non più solo del ‘24.

Mancini, la rivoluzione e la spinta dell'Arabia Saudita

Una rivoluzione che, contestualmente, ha però anche portato alla rottura del “cerchio magico” di Mancini con l’uscita dallo staff di Evani e di Lombardo, passato all’Under 20. E già quella sera il ct si lamentò con alcuni amici del fatto che gli avessero «tolto troppi uomini», “suoi” uomini, ovviamente. Il tarlo, evidentemente, ha continuato a lavorare. Tanto è vero che le voci sul suo malessere erano giunte allo stesso Gravina che lo ha contattato per capire e ha sì ricevuto la conferma del disagio, ma non l’intenzione di mollare tutto come invece ha poi deciso di fare pochi giorni dopo. Complice l’immancabile spinta dell’Arabia Saudita che gli ha offerto un triennale da 20 milioni a stagione per guidare la panchina della Nazionale.

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