Soldi buttati e scelte demenziali: Italia del calcio macedonia di problemi

Azzurri chiamati a vincere a Skopje per evitare fantasmi ma lo stato dello sport italiano più importante non dipendono certo dalla prima di Spalletti

No, se perdiamo questa sera non saremmo fuori dai prossimi Europei, ma ci complicheremmo molto la vita. E non solo per la classifica del girone che imporrebbe una specie di percorso netto, o quasi, per evitare gli spareggi, ma perché perdere ancora una volta con la Macedonia del Nord spalancherebbe un dibattito tutt’altro che semplice, proprio all’esordio di Luciano Spalletti.

L'attesa e le problematiche

C’è molta attesa e legittimo ottimismo intorno al nuovo ct, d’altronde negli occhi abbiamo il suo Napoli che schiaffeggia il Liverpool e l’Ajax, nel cuore la speranza di rivedere un po’ di quel gioco e quella sicurezza nella Nazionale, che negli ultimi due anni, per molte ragioni, ha diradato l’entusiasmo dei tifosi. Misurare la salute del sistema calcio con i risultati della Nazionale è un po’ come misurarsi la febbre mettendo il termometro nei capelli, quindi è inutile cercare una correlazione fra l’aver saltato gli ultimi due Mondiali e la crisi del movimento.

Può essere spericolato e fuorviante, perché una partita può andare bene o male per un tiro che finisce dieci centimetri a destra o a sinistra; mentre un piano per costruire gli stadi non è questione di fortuna, ma di volontà politica e da vent’anni, tranne pochissime eccezioni, nessuno ha messo giù un mattone. Negli stessi vent’anni sono stati incassati, solo da diritti tv, 13 miliardi di euro, per lo più sperperati in giocatori e procuratori (roba che costruivi 22 nuovi Bernabeu).

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

In una partita puoi prendere tre pali, mentre sempre negli stessi vent’anni si è parlato fino allo sfinimento dell’indispensabile riforma dei campionati e non è stato cambiato manco il format della Coppa Italia, così abbiamo troppe squadre professionistiche e un meccanismo insostenibile dalla A alla C (ma se l’obiettivo è essere rieletti, le riforme vanno raccontate, mica fatte).

Una partita può andare storta per un fuorigioco di tre centimetri, mentre alzare l’età del campionato Primavera a vent’anni è l’ennesima e demenziale scelta che impedisce uno vero sviluppo dei talenti (ma così i club rattoppano la grana prestiti), in totale controtendenza con quei sistemi che continuano a sfornare talenti. Insomma, in bocca al lupo Spalletti e forza Italia, fateci divertire, che ne abbiamo bisogno. Poi se qualcuno ha voglia, possiamo parlare dei problemi del calcio italiano che no, non dipendono dal risultato di Macedonia del Nord-Italia.

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No, se perdiamo questa sera non saremmo fuori dai prossimi Europei, ma ci complicheremmo molto la vita. E non solo per la classifica del girone che imporrebbe una specie di percorso netto, o quasi, per evitare gli spareggi, ma perché perdere ancora una volta con la Macedonia del Nord spalancherebbe un dibattito tutt’altro che semplice, proprio all’esordio di Luciano Spalletti.

L'attesa e le problematiche

C’è molta attesa e legittimo ottimismo intorno al nuovo ct, d’altronde negli occhi abbiamo il suo Napoli che schiaffeggia il Liverpool e l’Ajax, nel cuore la speranza di rivedere un po’ di quel gioco e quella sicurezza nella Nazionale, che negli ultimi due anni, per molte ragioni, ha diradato l’entusiasmo dei tifosi. Misurare la salute del sistema calcio con i risultati della Nazionale è un po’ come misurarsi la febbre mettendo il termometro nei capelli, quindi è inutile cercare una correlazione fra l’aver saltato gli ultimi due Mondiali e la crisi del movimento.

Può essere spericolato e fuorviante, perché una partita può andare bene o male per un tiro che finisce dieci centimetri a destra o a sinistra; mentre un piano per costruire gli stadi non è questione di fortuna, ma di volontà politica e da vent’anni, tranne pochissime eccezioni, nessuno ha messo giù un mattone. Negli stessi vent’anni sono stati incassati, solo da diritti tv, 13 miliardi di euro, per lo più sperperati in giocatori e procuratori (roba che costruivi 22 nuovi Bernabeu).

 

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