Argentina, fate largo: tocca a Julian Alvarez

Nell’Albiceleste ha soppiantato Lautaro a suon di gol: riuscirà a coesistere con il mostro Haaland nel City di Guardiola?

Tra le cose di calcio che saremo curiosi di scoprire nel 2023 c'è anche il modo in cui Guardiola proverà a far coesistere il numero 9 più forte del mondo, Erling Braut Haaland, e il possibile numero 9 Campione del Mondo, Julian Alvarez. Sono coetanei, sono i terminali offensivi della squadra più “giochista” del pianeta e non sembrano del tutto incompatibili. Pane per gli educatissimi denti di Pep che fin qui in Premier League li ha schierati insieme da titolari solo una volta, il 31 agosto contro il Nottingham Forest in un 4-3-3 che prevedeva la presenza a sinistra anche di Phil Foden (crepi l'avarizia), ricavandone una prestazione incoraggiante: tre gol di Haaland, due gol di Alvarez, risultato finale 6-0.  

Alvarez, l'identikit

Che il Mondiale sia un evento da preparare con cura per quattro anni è solo un'illusione: il Mondiale è qui e ora, basta un sospiro a cambiare umori e gerarchie e perciò non c'è da stupirsi se, al primo accenno di crisetta di Lautaro Martinez, Scaloni abbia invertito l'ordine dei suoi punteros. “La Araña” (il ragno) si è mosso in silenzio, tenendo fede al suo soprannome, approfittando della sua aderenza tattica e tecnica al profilo del perfetto attaccante per questi anni Venti: né punta pura, né esterno, né trequartista, ma tutte queste cose insieme. Il giochino dell'identikit, assai praticato sia da noi sia nell'emisfero australe, lo associa un po' ad Agüero un po' a Crespo, ma per esempio nel gol contro la Polonia fa una giocata che è Higuain in purezza con la partecipazione dell'amico Enzo Fernandez, al culmine di un'azione tutta marcata River Plate di Gallardo. Più di molti altri, probabilmente più dello stesso Lautaro psicologicamente sempre altalenante, Julian Alvarez incarna l'argentinità migliore che si è fatta strada negli ultimi dieci giorni: baldanza, gioventù, allegria e convinzione, al servizio di Dio Messi ma senza mettere “la nostra faccia sotto i suoi piedi”, parafrasando Benigni e Troisi. In campo tutto questo si traduce in un'aggressività nei contrasti e nel pressing inusuale per le ultime Argentine timorose e complessate, dove i numeri 9 passavano la maggior parte del tempo nascosti sotto la sabbia: da questo ritrovato spirito arrivano il gol del raddoppio all'Australia e il 2-0 alla Croazia, un'azione personale che solo lo spettatore più pigro può derubricare a fortunoso concorso di rimpalli.   

L'eredità

Concentrati sulla polvere sollevata a ogni passo da Haaland e Mbappé, non ci siamo troppo accorti di Julian Alvarez che così, dopo un convincente provino con il Real Madrid che però non è riuscito a portarlo a Valdebebas per limiti di età (aveva 11 anni, due in meno del consentito), si è accasato da Mastro Pep per appena 20 milioni. Il futuro è suo, a prescindere dal risultato finale di domani a Losail, dove avrà comunque tutto il diritto di sognare ciò che non è mai stato conquistato dai numeri 9 migliori delle tre generazioni precedenti, Batistuta, Crespo, Martin Palermo, Diego Milito, Julio Cruz, Gonzalo Higuain, Carlitos Tevez, il Kun Agüero (non è un elenco casuale: sono i giocatori che si sono alternati in attacco nell’Albiceleste nella faticosissima epoca post-maradoniana). A proposito, i patiti di scaramanzie – quindi il 99% della popolazione argentina – potranno divertirsi a sovrapporre la sua intervista da bambino undicenne, ripescata sui social dopo i primi gol in Qatar, su quella celeberrima, in bianco e nero, che apre ogni documentario su Maradona: “Mi sueño es jugar un Mundial...”.  

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