Toro-Juve, i senza bomber e i senz’anima: il derby assurdo

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Toro-Juve, i senza bomber e i senz’anima: il derby assurdo

Chi ha l’anima non ha il bomber, chi ha Vlahovic non ha più l’anima. Toro-Juve sabato sarà il derby dei rimpianti o forse delle invidie, perché i bianconeri se li sognano il gioco e la determinazione dei granata, che ieri hanno agguantato il pari con volitivo agonismo. In compenso se Juric avesse avuto anche uno solo del lussuoso reparto offensivo di Allegri, invece di pareggiarla, la partita con l’Empoli, dominata sul piano del gioco e dello spirito offensivo, l’avrebbe stravinta. Bella forza, direte voi: ma Cairo mica ha i soldi di Agnelli. Vero, ma l’addio di Belotti meritava uno sforzo superiore al solo riscatto di Pellegri, come peraltro aveva esplicitamente chiesto l’allenatore, che ora paga sulla sua pelle la mancanza di una punta (solo 8 gol segnati, nonostante una mole di gioco che avrebbe potuto garantire più reti, quindi più punti). Così il popolo granata deve sopportare la solita frustrazione di chi potrebbe vivere un sogno e si deve accontentare di sopravvivere senza sognare. E la parola più dolorosa del concetto è “solita”, perché non c’è niente di meno granata che la rassegnazione all’insipido galleggiamento fra non stare male e non stare bene.

Un altro tipo di rassegnazione, invece, spaventa il popolo juventino dopo la quarta sconfitta in dodici partite, arrivata al termine dell’ennesima prestazione fragile sotto il profilo caratteriale e fiacca sotto il profilo atletico. Preoccupa (anche in società) più il primo aspetto, perché se una convinzione più forte riattivasse la testa, poi la testa potrebbe riaccendere le gambe. Perché va bene il gioco che manca, va bene una preparazione atletica che sta mostrando qualche limite, ma la Juventus non può arrendersi come si è arresa a San Siro, rinunciando perfino a combattere, dopo essersi spenta al ventesimo. La situazione è brutta e può diventare drammatica senza una vittoria domani contro il Maccabi e sabato nel derby. Eppure Allegri non rischia, la società mantiene il sangue freddo già mostrato dopo la sconfitta contro il Monza: i dirigenti pesano da una parte i rischi di un cambio (il quarto in quattro anni) e dall’altra i rischi di un eventuale fallimento sportivo senza cambio. Non è detto che quella bilancia penda dalla parte di Max per sempre, nel frattempo però gode della massima fiducia. Quella che lui dovrebbe restituire alla squadra, per spazzare via le insicurezze che offuscano lo spirito Juve. 

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