Sarri, il calendario, l'arrosto e il fumo

L'opinione del Direttore sulla polemica a distanza pre derby innescata dalle dichiarazioni dell'allenatore della Lazio

Maurizio Sarri si è lamentato del calendario. Di per sé non è una notizia. Diciamo che non è neanche il cane che morde l’uomo, semmai il cane che passeggia nel parco. Sulle lagnanze del tecnico c’è ormai chi ci regola l’orologio, considerata la puntualità con la quale si presentano. Vale, tuttavia, la pena cogliere l’occasione dell’ennesima recriminazione dell’allenatore toscano per ricordare alcuni fatti. La Liga, sabato 28 ottobre, ha programmato il “Clasico” Barcellona-Real Madrid, la più importante partita del suo palinsesto, alle 16.15 dopo che i blaugrana avevano giocato il martedì e il Real il mercoledì in Champions League. E la Premier League, che Sarri conosce molto bene, ha programmato, domenica 29 ottobre, il derby fra United e City, dopo che i primi avevano giocato il giovedì e i secondi il mercoledì. Nessuno si è lamentato in Spagna e Inghilterra.

Ma noi italiani (tutti, mica solo Sarri) siamo i campioni del mondo della dietrologia, cinture nere di maniavantismo, signori indiscussi dello scaricabarile sul “sistema” che è sempre e comunque contro di noi. Resta però il fatto che quel calendario che fa tanto arrabbiare Sarri sia anche il calendario che gli paga lo stipendio. E lo paga ai suoi colleghi della Serie A e ai calciatori. E gli allenatori hanno un loro rappresentante nel Consiglio Federale. Viene eletto all’interno della loro associazione e chiunque di loro può candidarsi, Sarri compreso, vincere le elezioni e andare a battere i pugni in Figc per riformare i calendari (cosa buona e giusta, peraltro). Eppure tutti parlano, nessuno agisce. E i pugni, semmai, vengono battuti sui tavoli dove si discutono gli ingaggi o gli acquisti del calciomercato.

È un argomento sempre molto dibattuto quello dei calendari e del numero eccessivo di partite che aumentano gli infortuni e lo stress dei giocatori. Ma allenatori e giocatori si fanno sentire solo quando hanno un microfono davanti, quasi mai nelle circostanze nelle quali c’è l’opportunità di modificare le cose. È vero, la democrazia garantisce a tutti la libertà di esprimere sempre il proprio pensiero. Ma, in teoria, la democrazia consente anche di partecipare al cambiamento. Ovvio, è più faticoso perché si tratta di passare all’arrosto dal fumo. E non parliamo di quello delle sigarette.

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