Guerra Serie A-Figc: Lotito guida la rivolta delle medio-piccole

La Lega isola Juve, Inter, Milan e Roma sulla proposta del campionato a 18 squadre. Si impongono le altre 16, che hanno votato un documento rivolto al Governo

MILANO - La Serie A vota un documento per chiedere maggiore autonomia dalla Figc, forte del suo peso economico sul resto del calcio italiano, «mantenuto» dalla massima divisione per usare un’espressione molto in voga tra i fautori di questa pretesa emulazione della Premier League. Ma lo fa senza l’appoggio di quattro dei cinque club con il fatturato più alto: Juventus, Inter, Milan e Roma. In pratica, per seguire la stessa logica, senza chi mantiene la Serie A avendo questo quartetto quasi il 50% del fatturato (1,6 miliardi su 3,5 miliardi complessivi) e il 75% dei tifosi abbonati alle pay tv, la principale fonte di ricavi. Una situazione paradossale nel momento in cui si gettano sul tavolo le carte con una certa arroganza in faccia alle altre componenti del calcio italiano, Figc compresa.

Juve, Inter e Milan e il voto di lunedì

È la situazione che esce dal voto dell’assemblea di Lega di lunedì, che si annunciava infuocata dopo le polemiche degli ultimi giorni. Prima la dichiarazione del presidente della Lega, Lorenzo Casini, che aveva blindato il mantenimento a 20 squadre del campionato, nonostante la richiesta di Juventus, Inter e Milan di passare a 18. Poi la visita di questi tre club al presidente federale Gabriele Gravina per ribadire la necessità di tagliare il numero di partecipanti per ragioni legate ai calendari internazionali sempre più intasati. Oltre alla volontà di precisare di non sentirsi rappresentati sul punto da Casini

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Lotito e il diritto d'intesa

Questo blitz ha scatenato la reazione delle medio-piccole guidate da Claudio Lotito. I toni ieri sono stati pacati: l’assemblea è durata appena due ore. Il tempo di votare rapidamente il documento. Juventus, Inter e Milan con l’aggiunta della Roma hanno bocciato il mantenimento delle 20 squadre. Per tenere aperta la porta a questa diminuzione hanno votato contro la richiesta degli altri 16 club di conservare il ‘diritto di intesa’: il potere di veto concesso a ogni componente sulle modifiche all’ordinamento federale che la riguardano.

È l’ostacolo che Gravina vuole rimuovere nell’assemblea federale straordinaria dell’11 marzo per facilitare le riforme. Lotito e alleati, invece, lo vogliono difendere per mantenere lo status quo dei format, affidando ogni volontà di cambiamento alla richiesta di autonomia dalla Figc, compresa la gestione degli arbitri: è risuonato spesso il termine «autodeterminazione» (insieme a una generica diffida a Gravina dal rimuovere il potere di veto).

Lega-Figc, veleni e minacce

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Cairo e Zangrillo esultano

È l’ennesima tappa di questi 15 anni nei quali la Serie A pretende sempre di fare da sé, a partire dalla scissione dalla Serie B nel 2010, senza che poi si vedano miglioramenti effettivi nella rapidità delle decisioni necessarie per competere con le altre Leghe. Sulla stessa linea il rifiuto del 2021 alle proposte dei fondi finanziari internazionali, poi accolte da Liga, Ligue 1 e Bundesliga. Juventus, Inter, Milan e Roma si sono astenute sul documento finale perché condividono alcune idee. Esulta Urbano Cairo: «Il timing dell’incontro di Juventus, Inter e Milan con Gravina è stato totalmente sbagliato. In un’associazione con venti squadre è giusto che ci sia un rispetto reciproco. Quella che hanno voluto fare è sembrata una Superleghina. E Marotta deve rappresentare tutti, non solo sé stesso», dice il presidente del Torino parlando del ruolo dell’a.d. interista che è anche consigliere federale.

Ma altri presidenti di medio-piccole invitano a riflettere sul peso degli oppositori: «La democrazia prevede che ci possano essere posizioni contrastanti. Se poi queste posizioni si identificano in posizioni di leadership in termini di risultato sportivo, capite meglio di me che c’è dietro qualcos’altro», dice il numero uno del Genoa, Alberto Zangrillo. Secondo le grandi, la nuova Champions e il Mondiale per club sono incompatibili con le 20 squadre. Senza dimenticare la Supercoppa italiana in final-four in Arabia Saudita. In Lega si sarebbe iniziato a parlare di una possibile collocazione della seconda edizione a dicembre (il prossimo campionato potrebbe partire il 18 agosto). Oggi a Roma ci sarà un’altra riunione di tutte le componenti federali con qualche elemento di chiarezza in più sulla possibilità di confermare o annullare l’assemblea straordinaria dell’11 marzo. Sarà importante sul prosieguo del cammino. Le quattro grandi non pensano di avere subito una sconfitta definitiva: per loro è stata solo la prima tappa di una corsa ancora lunga.

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MILANO - La Serie A vota un documento per chiedere maggiore autonomia dalla Figc, forte del suo peso economico sul resto del calcio italiano, «mantenuto» dalla massima divisione per usare un’espressione molto in voga tra i fautori di questa pretesa emulazione della Premier League. Ma lo fa senza l’appoggio di quattro dei cinque club con il fatturato più alto: Juventus, Inter, Milan e Roma. In pratica, per seguire la stessa logica, senza chi mantiene la Serie A avendo questo quartetto quasi il 50% del fatturato (1,6 miliardi su 3,5 miliardi complessivi) e il 75% dei tifosi abbonati alle pay tv, la principale fonte di ricavi. Una situazione paradossale nel momento in cui si gettano sul tavolo le carte con una certa arroganza in faccia alle altre componenti del calcio italiano, Figc compresa.

Juve, Inter e Milan e il voto di lunedì

È la situazione che esce dal voto dell’assemblea di Lega di lunedì, che si annunciava infuocata dopo le polemiche degli ultimi giorni. Prima la dichiarazione del presidente della Lega, Lorenzo Casini, che aveva blindato il mantenimento a 20 squadre del campionato, nonostante la richiesta di Juventus, Inter e Milan di passare a 18. Poi la visita di questi tre club al presidente federale Gabriele Gravina per ribadire la necessità di tagliare il numero di partecipanti per ragioni legate ai calendari internazionali sempre più intasati. Oltre alla volontà di precisare di non sentirsi rappresentati sul punto da Casini

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